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La Grande Storia dei Cavalieri Templari

Creati per difendere la Terrasanta a seguito della Prima Crociata i Cavalieri Templari destano ancora molto interesse: scopriamo insieme chi erano e come vivevano i Cavalieri del Tempio

La Grande Leggenda dei Cavalieri della Tavola Rotonda

I personaggi e i fatti più importanti del ciclo arturiano e della Tavola Rotonda

Le Leggende Medioevali

Personaggi, luoghi e fatti che hanno contribuito a conferire al Medioevo un alone di mistero che lo rende ancora più affascinante ed amato. Dal Ponte del Diavolo ai Cavalieri della Tavola Rotonda passando per Durlindana, la leggendaria spada di Orlando e i misteriosi draghi...

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lunedì 27 novembre 2017

NATALE E CAPODANNO DAL SAPORE MEDIEVALE

Non sai dove passare le prossime feste di Natale e Capodanno? La Primavera Viaggi, in collaborazione con l'Associazione Medieval Italy, propone pacchetti incentrati sulla rivalutazione di castelli, feste e tradizioni medievali. Un'occasione unica per non perdere sapori e atmosfere del medioevo toscano.  I pacchetti proposti prevedono solitamente una o due notti. Un modo unico e indimenticabile per delle feste natalizie...fuori dagli schemi!

CAPODANNO MEDIEVALE DI FIRENZE

Spedale del bigallo, int., cucine 01.JPG
Foto tratta da Wikipedia, Autore Sailko

Goditi un suggestivo banchetto presso l’Antico Spedale del Bigallo, medievale e grandioso edificio lungo l’antico e ripido tratto della via Aretina, fondato nel 1214 alle porte dell’autentica Firenze medievale. Immagina di essere in una corte fiorentina del XIV secolo e di sedere tra i commensali di una nobile famiglia che, con un lauto banchetto allietato dai giochi dei giullari, intramezzi musicali e danze, saluta il nuovo anno augurando propizia fortuna.

Assapora antiche pietanze rigorosamente tratte dalla tradizione eno-gastronomica medievale: ben 6 servizi costituiti da cibi e vini speziati, presentati nel rispetto delle usanze e della tradizione, delizieranno il palato dei commensali. Divertiti con un intrattenimento giullaresco professionale concepito per adulti e bambini, che unisce l’arte del cantastorie e del buffone a quella della giocoleria, per culminare in un emozionante spettacolo di fuoco dopo la Mezzanotte!
Unisciti alle danze antiche dei Nobili Signori e delle Gentildonne, ascoltando le soavi note di un liuto suonato dal vivo per provare l’emozione irripetibile di una reale festa medievale.
Solo cena € 135 a persona
Cena + 1 notte in hotel 4 stelle € 210 a persona

UNO SGUARDO A CASTEL PIETRAIO

Foto tratta dal sito ufficiale della Residenza d'Epoca
Il fascino di un autentico castello di origine medievale e il gusto del buon vino toscano: a due passi da Siena e Monteriggioni, potrete sperimentare il perfetto connubio tra storia, natura e tradizione.

Castel Pietraio è una suggestiva residenza d’epoca risalente al XIII secolo immersa nel cuore della Toscana più autentica: tra le dolci colline senesi, essa è un piccolo borgo medievale dotato di vigne e di una cantina storica che producono vini tra i più apprezzati del territorio. In questa cornice di perfetta armonia tra tradizione e charme, potrete rivivere il fascino del passato immergendovi nella magica atmosfera del Castello: dormirete in camere collocate nella parte antica del borgo, visiterete il maniero ripercorrendone la storia e gusterete gli ottimi vini della sua cantina…Un’esperienza da non perdere per tutti coloro che desiderano ritrovare il gusto dell’atmosfera medievale senza rinunciare al comfort e al piacere di un soggiorno di lusso.

L’esperienza include:
  • Pernottamento per 2 persone in camera matrimoniale B&B
  • Visita al Castello (solo esterno) con descrizione storica
  • Degustazione in cantina di tre vini
  • Visita alle cantine e possibilità di acquisto prodotti.
  • 109 € a persona

lunedì 2 maggio 2016

ABBADIA SAN SALVATORE: IL MEDIOEVO TORNA A RISPLENDERE


Ad Abbadia San Salvatore (Siena) il medioevo torna a risplendere grazie ai suoi cittadini che per tre giorni smettono gli abiti contemporanei e tornano a vestire quelli dei loro avi dando vita a una delle più imponenti rievocazioni storiche italiane. Nel secondo fine settimana di luglio la città del Monte Amiata riscopre le sue origini di “Castrum” medievale e mette in scena una festa in costume, unica nel suo genere, che offre un singolare spaccato della vita di quel tempo.

Nel cuore del caratteristico borgo, rivivono i terzieri, mentre le piazze e le strade si trasformano in un palcoscenico naturale capace di accogliere taverne, botteghe di arti e mestieri e mercatini. Per le vie si muovono musicanti e danzatori, cantori e giocolieri mentre nel vicino accampamento militare si susseguono sfide e duelli. Qui per tre giorni e tre notti si prepara l’Offerta dei Censi recuperando una “pratica” spesso descritta nella ricca documentazione del secolo XIII, relativa ad Abbadia San Salvatore.

Le carte parlano infatti dei “censi in natura” (ovvero prodotti locali) che venivano offerti al Monastero di San Salvatore dagli abitanti a sancire lo stretto rapporto tra la comunità del borgo e l’imponente struttura monastica, ancora oggi una delle meraviglie che Abbadia offre al visitatore. Ed è proprio in memoria di questo antico legame che nasce una grande festa in costume, momento in cui la comunità badenga riscopre la sua antichissima storia con una celebrazione collettiva.



La rievocazione medievale prenderà il via venerdì 8 luglio quando i figuranti in costume sfileranno dal cuore del paese al monastero per richiedere la concessione da parte dell'abate dello svolgimento del mercato sabbatico. Quindi, inizieranno i "Giochi dei Terzieri" con la gara di tiro con l'arco. I giochi proseguiranno anche sabato 9 luglio, una giornata caratterizzata da spettacoli, mercati e antichi mestieri perduti nella memoria.

La festa raggiungerà poi il suo momento cruciale domenica 10 luglio quando i figuranti daranno vita all’Offerta dei Censi. Già dalla mattina, un corteo di fabbri, falegnami, tessitrici, lanaioli, abitanti del villaggio, guidato dal podestà, dai priori, dal camerlengo e dai membri dei terzieri, percorrerà un tratto della Via Francigena in onore della sua riscoperta e dell’inaugurazione della variante ufficiale del percorso che attraversa Abbadia San Salvatore. 

Nel pomeriggio, il corteo si snoderà per le vie del centro storico fino a raggiungere l’Abbazia, dove verrà accolto dai rappresentanti ecclesiastici. Qui si svolgerà la “Gara delle portantine” che concluderà i Giochi dei Terzieri e decreterà il terziere vincitore. La festa poi proseguirà con banchetti e musica fino a tarda notte.

Come ogni anno, la festa medievale avrà un gustoso prologo: da lunedì 4 a giovedì 7 luglio ogni sera dopo cena ci saranno le prove dei gruppi delle ballerine, dei musici, dei cavalieri, degli arcieri e gli ultimi allenamenti dei partecipanti ai giochi dei terzieri.

Per maggiori informazioni: tel/fax: 0577778324/0577775221

giovedì 8 gennaio 2015

PIENZA

Pienza è un suggestivo comune in provincia di Siena e sicuramente è il centro più importante e famoso della val d'Orcia. Il suo centro Storico è stato dichiarato Patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO nel 1996. Fino all'anno 1462, la città era conosciuta come Corsignano e divenne importante quando Papa Pio II, al secolo Enea Silvio Piccolomini, nel recarsi a Mantova attraversò la piccola città dove nacque trovandola nel degrado più totale. Decise, pertanto, di affidare a Bernardo Rossellino la ricostruzione con l'obiettivo di portare una modesta e abbandonata cittadina a vero e proprio cento culturale quattrocentesco. 


Siamo nel 1459, Enea Silvio Piccolomini era stato da poco eletto papa con il nome di Pio II e. affezionato alle sue origini, volle dare nuova vita a Corsignano secondo lo stile classicista che nel quattrocento era di moda. Il progetto iniziale partì proprio dalla piazza centrale, l'attuale piazza Pio II, che doveva avere una cattedrale, un palazzo papale, la sede del Vescovo e del Comune. L'intervento, in realtà, fu esteso anche a tutto il borgo le cui strutture più importanti furono sistemate per farne sede per i cardinali mettendo le case popolari nei pressi delle mura cittadine. La piazza ha una forma trapezoidale con al centro il duomo, a destra il Palazzo Piccolomini, a sinistra quello Vescovile e in fondo il Palazzo Pretorio. La pavimentazione è in travertino e in cotto. 

Il Duomo è uno dei monumenti fondamentali del Rinascimento Italiano con una facciata tripartita in travertino. L'interno è in stile gotico, divise in tre navale con un'abside divisa in tre cappelle.

Elenco delle Architetture Religiose

Duomo di Pienza
Chiesa di San Francesco
Monastero di Sant'Anna in Camprena
Chiesa di San Bernardino a Castelluccio di Pienza
Pieve dei Santi Leonardo e Cristoforo a Monticchiello
Pieve di Santa Maria dello Spino a Monticchiello
Cappella di San Regolo (Palazzo Massaini)
Chiesa della Misericordia
Chiesa di San Giovanni
Chiesa di Santa Caterina
Pieve dei Santi Vito e Modesto a Corsignano
Romitorio
Abbazia di San Pietro in Campo
Pieve di Santa Maria a Cosona
Cappella del castello di Cosona
Chiesa di San Niccolò a Spedaletto
Cappella del Borghetto
Cappella di Palazzone

Elenco delle Architetture Civili

Palazzo Piccolomini
Palazzo Comunale
Palazzo Borgia, sede del Museo Diocesano
Conservatorio di San Carlo
Palazzo Gonzaga Simonelli
Palazzo Pincelli
Villa Benocci
Villa Fregoli
Villa del Borghetto
Palazzo Massaini

Come arrivare a Pienza

Da Firenze: A1 - Uscita Valdichiana - Direzione Torrita di Siena - Pienza (Circa 20 km.)
Da Roma: A1 - Uscita Chiusi Chianciano Terme - Direzione Chianciano - Montepulciano - Pienza (circa 27 km.).
Da Siena: SS. 2 Cassia fino a San Quirico d'Orcia - SS 146 direzione Pienza (Km. 50).
IN TRENO: La stazione più vicina è CHIUSI-CHIANCIANO TERME, sulla linea Roma-Firenze. Dalla stazione in TAXI sono circa 30 km.
IN AUTOBUS di linea Da Siena - TRA.IN - Da Chiusi - L.F.I







Photogallery di Pienza!


lunedì 15 settembre 2014

CHIESA DI SAN LORENZO DI SARTEANO (SIENA)


La chiesa di San Lorenzo di Sarteano risale al XIII secolo. I lavori di restauro ed ampliamento terminarono nel XVI secolo per essere elevata a Collegiata nel 1638. Ha una pianta a croce latina e una facciata in stile rinascimentale ed è impreziosita da alcuni dipinti di scuola senese del XVIII secolo: "Il Battesimo di Gesù" e "L'Ingresso di Gesù a Gerusalemme".

Immagine tratta da Wikipedia, Autore LigaDue

martedì 15 ottobre 2013

PIEVE DI SAN GIOVANNI BATTISTA A ROSIA

La pieve di San Giovanni Battista è un edificio sacro che si trova in località Rosia, nel comune di Sovicille, in provincia di Siena, arcidiocesi di Siena-Colle di Val d'Elsa-Montalcino. Documentata già dell'XI secolo, ha subito una ampia ristrutturazione nel corso del XIV secolo. Fu uno dei centri religiosi più importanti nella vita medievale senese. L'elemento più arcaico è il campanile, fatta eccezione per i merli di coronamento: in quattro ordini sovrapposti si alternano monofore, bifore, trifore, quadrifore in un paramento di pietre, scandite da arcatelle pensili. L'edificio presenta un'elegante facciata in bozze di calcare, con portale preceduto da tre gradini, sormontato da un arco a tutto sesto e tre monofore. Ha un impianto rettangolare a tre navate. All'interno, il fonte battesimale trecentesco a forma di parallelepipedo, che raffigura nella parte frontale il Battesimo di Cristo fra cinque angeli. Da notare anche la quattrocentesca Madonna in trono col Bambino e i santi Sebastiano e Antonio abate, di Guidoccio Cozzarelli. 

Fonte: Wikipedia

PIEVE DI SAN GIOVANNI BATTISTA A MOLLI

La pieve di San Giovanni Battista a Molli è un edificio sacro che si trova in località Molli, nella Montagnola senese, all'interno del territorio comunale di Sovicille, in provincia di Siena, arcidiocesi di Siena-Colle di Val d'Elsa-Montalcino. Da alcune sorgenti poste nelle sue vicinanze nasce il fiume Elsa. Ricordata dall'XI secolo, conserva ben poco della struttura originaria. La parte superiore dell'edificio fu ricostruita nel Settecento, dopo che un fulmine l'aveva seriamente danneggiata, ed ha subito ulteriori recenti rifacimenti. Un frammento autentico si può ancora rintracciare nel basamento del campanile a grosse bozze di pietra. Unitamente alla pieve di San Giovanni Battista a Pernina ed alla pieve di San Giusto a Balli la pieve di Molli era nelle disponibilità del Vescovo di Volterra per volere (l’atto risale al 1078) della contessa Matilde. A Sua volta la Pieve aveva giurisdizione sulla chiesa di Crecciano, su quella di Santa Lucia a Patenna, su San Bartolomeo de' Coni e su quella di Santa Maria a Radi. Nel 1592 fu poi assegnata alla nuova diocesi di Colle Val d'Elsa, ora Arcidiocesi di Siena-Colle di Val d'Elsa-Montalcino. La pieve, a causa del progressivo spopolamento della zona e dei danneggiamenti a seguito di alcuni crolli, è rimasta inutilizzata fin dal 1960 e, quindi, definitivamente sconsacrata nel 1970, a vantaggio della Chiesa di Tegoia. www.pievedimolli.it. 

Fonte: Wikipedia

mercoledì 4 settembre 2013

ROCCA DI MONTESTAFFOLI

La Rocca di Montestaffoli (pronuncia Montestàffoli) è una rocca che domina il paese di San Gimignano. Il poggio di Montestaffoli era, nell'alto medioevo, sede di una rocca posseduta dal vescovo di Volterra, che aveva giurisdizione politica sull'insediamento. Qui era stato istituito un mercato che godeva di una fiorente economia, grazie agli scambi con le città vicine (San Gimignano era infatti all'incrocio tra la via Francigena, sull'asse nord-sud, e la via che congiungeva Pisa con Siena. La zona di Montestaffoli venne lambita dalle due cerchie murarie, finché nel 1353 i fiorentini, ai quali i sangimignanesi avevano offerto la loro città in cambio di protezione dopo l'epidemia e la carestia del 1348, costruirono l'attuale rocca. Andata in rovina durante gli anni del Granducato di Toscana, venne restaurata solo nel Novecento, ed oggi, sebbene restino solo le mura e siano persi tutti gli ambienti, è un luogo panoramico dove si godono notevoli viste di San Gimignano e della campagna circostante. Da alcuni anni viene usata come luogo per rappresentazioni e concerti nella stagione estiva, e recentemente vi sono anche state installate alcune opere d'arte contemporanea.

Fonte: Wikipedia

Immagine tratta da Wikipedia, Autore: Sailko

lunedì 29 luglio 2013

LA SPADA NELLA ROCCIA: MAGO MERLINO IN ITALIA. VIAGGIO TRA FANTASIA E REALTA'

La Toscana non ci "tradisce mai". L'appassionato di storia trova, in questa terra, davvero di tutto....dal Medioevo al Rinascimento, passando per luoghi particolari e poco conosciuti. Se nominiamo la città di Chiusdino, probabilmente non ci sovviene nulla: ma proviamo a spostare il raggio delle nostre ricerche a pochi chilometri da questa piccola città. Nei pressi di Siena vi sono dei posti magici e misteriosi che ci fanno tornare bimbi quando leggevamo di cavalieri, di armi, di draghi o quando, come nel caso della mia generazione di trentenni, ci si appassionava ai meravigliosi personaggi disneyani Semola, Merlino e Anacleto. E allora, saliamo su questa macchina del tempo e saremo catapultati ai tempi di Re Artù e dei Cavalieri della Tavola Rotonda arrivando a sfiorare, forse, il tanto ambito Santo Graal. Come ogni storia che si rispetti c'è sempre un personaggio chiave, in questo caso parliamo di un certo Galgano Guidotti. Egli nacque da una famiglia nobile nel 1148 a Montesiepi nei pressi di Siena e ha sempre condotto una vita molto licenziosa, dedita ai piaceri mondani e poco alla preghiera, fino a quando non decise di "spogliarsi" dei panni di uomo libertino per improntare la sua vita su una vera e propria ascesi e nel 1180 conficcò la sua spada in una roccia con l'intenzione di usarla come croce dinanzi cui pregare. Galgano non scelse un luogo qualsiasi, bensì il colle dove ebbe le sue prime esperienze mistiche e dove il suo cavallo si inginocchiava ogni qual volta vedeva la figura dell'Arcangelo Gabriele sempre sullo stesso masso, masso che ora è custodito nella casa di Galgano a Chiusdino a pochi chilometri dal luogo dove ora la nostra macchina del tempo virtuale ci ha portato. Galgano morì il giorno 3 dicembre dell'Anno del Signore 1181 e già nel 1185 Papa Lucio III lo proclamò santo stabilendo un vero e proprio "record" in fatto di processi di canonizzazione. Negli anni successivi fu costruito un eremo e una chiesa tonda, famosa come Rotonda di Montesiepi e nel 1128 iniziò la costruzione della splendida e suggestiva Abazia di San Galgano (particolarmente affascinante al tramonto) e consacrata nel 1288. L'Abbazia è stata molto importante non solo per la bellezza in sé dell'opera ma anche perchè era un punto di riferimento irrinunciabile per viandanti, pellegrini e commercianti. Ma nell'anno 1348 l'abazia iniziò a perdere importanza ed "abbandonarsi" fino al 1926 quando partirono i lavori per il restauro.



La cappella di Montesiepi è una piccola chiesa situata a pochi metri dall'abazia di San Galgano e al centro della cappella che corrisponde al centro di un labirino sacro (simile a quello della cattedrale centrale di Chartres) troviamo la Spada nella Roccia. Alcuni studiosi vedono punti di contatto tra Galgano e Artù sia perchè i fatti risalgono al XII secolo e anche perchè uno dei famosi Cavalieri della Tavola Rotonda si chiamava Galvano la cui assonanza è molto evidente. La spada è stata oggetto di studi approfonditi. Dagli esami fatti, essa corrisponderebbe al XII secolo dato che il metallo usato era purissimo e non era mischiato con altre leghe o acciaio di epoca successiva. Nell'eremo sono presenti anche le braccia di uno dei tre monaci che nel 1181 tentarono di impadronirsi della spada. Cosa accadde? I tre monaci entrarono di soppiatto in chiesa e tentarono di estrarre la spada dalla roccia; Galgano fu avvertito del fatto durante un sogno, si recò in fretta e in furia in chiesa e colse i tre monaci in flagrante: uno fu colpito dal fulmine, l'altro annegò in un fiume, il terzo fu letteralmente sbranato da un lupo che ne amputò anche le braccia. L'esame al Carbonio 14 ha rivelato che gli arti sono collocabili al secolo XII. Montesiepi era un luogo sacro ai celti e lo stesso eremo, che come abbiamo visto ha una forma circolare con cerchi concentrici il cui centro corrisponde con la spada che ora è posta sotto una teca di vetro, potrebbe racchiudere un enigma secolare, qualcuno addirittura ritiene che in questa zona vi sia il Santo Graal. 



Seguendo questo itinerario immaginario dal sapore medievale "cavalleresco", arriviamo ad Arcidosso vicino a Grosseto ricca di simboli templari. Sul monte Amiata troviamo una grotta particolare, una spelonca per la precisione, la quale si dice sia stata la "casa" del leggendario Mago merlino! Avete capito bene...il simpatico uomo barbuto che ricordiamo con sulla spalla il cinico Anacleto il "gufo altamente istruito". Avvicinandosi all'ingresso della grotta vi è una lapide che recita:
"Questa è l’antica memorabile grotta che edificò Merlino il savio mago, qui il Peri musa naturale indotta spiegò il suo genio portentoso e vago”. 
Sembra che sotto la grotta siano probabilmente presenti oggetti metallici. 

Una leggenda molto antica della zona narra di un drago: il Drago di Santa Fiora...si dice che i frati del convento della Selva si erano accordi della presenza di un drago che non solo mangiava il bestiame ma anche uomini. I frati dopo aver chiesto invano l'aiuto al Conte Guido degli Aldobrandeschi chiesero aiuto proprio a Merlino che chiamò il cavaliere Giorgio che uccise il drago. Si dice che la mascella che ora è conservata nel convento della selva corrisponda proprio a quella del drago. In realtà potrebbe essere la mascella di un coccodrillo.

L'EREMO DI MONTESIEPI

La cappella di San Galgano a Montesiepi è un edificio sacro che si trova in località Montesiepi a Chiusdino, in provincia di Siena. Vi è conservata la spada che, secondo la tradizione, Galgano Guidotti avrebbe infisso nella roccia in segno di rinuncia alla vita mondana. Fu costruita sul luogo dove il nobile cavaliere Galgano Guidotti si ritirò e visse da eremita fino alla morte, nel 1181. Il primitivo edificio era già completato nel 1185. Nel XIV secolo la cappella venne ingrandita tramite la realizzazione dell'atrio e della cappella laterali. Nello stesso periodo venne aggiunta anche la parte superiore esterna del tamburo e il campanile a vela formato da due monofore sovrapposte. Nel XVII secolo sopra al tetto venne realizzata la lanterna cieca e alla fine del XVIII secolo venne costruita sulla destra della cappella la casa canonica e gli edifici ad uso agricolo.
Nel 1924 venne restaurata e nel 1974 il restauro si estese agli edifici attigui. L'estero possiede una singolare forma cilindrica. L'esterno della cappella presenta, nella parte inferiore, un paramento murario realizzato con bozze di travertino disposte a filaretto e nella parte superiore un paramento murario bicromo a fasce bianche (travertino) e rosse (mattoni), motivo che si ritrova anche nelle cornici delle monofore. La facciata del pronao è dominata da un'apertura con arco a tutto sesto nel quale viene ripetuto il motivo della bicromia; al disopra è collocato uno stemma mediceo e al culmine della facciata si trova un cornicione decorato con sculture antropomorfe (3 teste umane), zoomorfe (una testa bovina) e fitomorfi (una foglia), sculture riferibili al primo nucleo dell'edificio. Nell'impianto si inserisce anche una piccola abside semicircolare. L'interno è molto suggestivo e presenta un basamento circolare in pietra e la copertura è stata realizzata mediante una volta emisferica ad anelli concentrici in bicromia (cotto e travertino). Questo tipo di realizzazione è riferibile all'ambito del romanico pisano-lucchese che qui mostra una delle prime  manifestazioni in terra senese. La copertura ricorda quella delle tombe etrusche a tholos. La parete circolare è aperta da quattro monofore asimmetriche a doppia strombatura. Dalla parte opposta all'ingresso si apre il volume semicircolare dell'abside. Al centro si trova il celebre masso nel quale è inserita la spada di San Galgano.Sulla parte sinistra, rispetto all'ingresso, si trova una cappella dalla pianta rettangolare coperta con una volta a crociera; tale cappella è stata realizzata all'inizio del Trecento e affrescata tra il 1334 e il 1336 da Ambrogio Lorenzetti. Gli affreschi si presentano molto deteriorati, anche se nel 1967 sono stati prima staccati per restaurarli e poi ricollocati nella loro sede insieme alle rispettive sinopie venute in luce durante i lavori.
Alla parete di fondo si trova raffigurata la Maestà. In tale raffigurazione si vede in basso Eva sulle cui spalle si trova una pelle di capra (a simboleggiare la lussuria) mentre con una mano sorregge un fico (simbolo del peccato) e con l'altra mostra un cartiglio dove viene spigata la morale della scena. La Madonna nella prima raffigurazione aveva nella mano sinistra uno scettro e sulla destra, invece del bambino, un globo (simbolo di potere generalmente riferito ad uomini). Grazie ai restauri si è potuto appurare che questa primitiva e audace versione venne cancellata dal Lorenzetti e sostituita dall'attuale, molto più tradizionale. Sulla stessa parete, in basso, si trova un affresco raffigurazione l'Annunciazione con al centro la finestra (vera) della cappella usata dal Lorenzetti quale elemento della raffigurazione. Nella parete sinistra, in alto affresco con Galgano circondato da Santi e Angeli offre un modello della roccia dov'è infissa la spada e nella parte inferiore Veduta di città con figure alate. Nella parete di destra, in altro sinopia di Santi e Angeli (l'affresco è andato parzialmente perduto) e nella volta tondi con raffiguranti dei Profeti.  

Fonte: Wikipedia

Immagine tratta da Wikipedia, Autore: Vignaccia76

L'ABBAZIA DI SAN GALGANO

L'abbazia di San Galgano è un'abbazia cistercense, sita ad una trentina di chilometri da Siena, nel comune di Chiusdino. Il sito è costituito dall'eremo (detto "Rotonda di Montesiepi") e dalla grande abbazia, ora completamente in rovina e ridotta alle sole mura, meta di flusso turistico. La mancanza del tetto - che evidenzia l'articolazione della struttura architettonica - accomuna in questo l'abbazia a quelle di Melrose e di Kelso in Scozia, di Tintern in Galles, di Cashel in Irlanda e di Eldena in Germania e il Convento do Carmo a Lisbona. Di san Galgano, titolare del luogo che si festeggia il 3 dicembre, si sa che morì nel 1181 e che, convertitosi dopo una giovinezza disordinata, si ritirò a vita eremitica per darsi alla penitenza, con la stessa intensità con cui si era prima dato alla dissolutezza. Il momento culminante della conversione, avvenne nel giorno di Natale del 1180, quando Galgano, giunto sul colle di Montesiepi, infisse nel terreno la sua spada, allo scopo di trasformare l'arma in una croce; in effetti nella Rotonda c'è un masso dalle cui fessure spuntano un'elsa e un segmento di una spada corrosa dagli anni e dalla ruggine, ora protetto da una teca di plexiglas. L'evidente eco del mito arturiano non ha mancato di sollevare curiosità e, ovviamente, qualche ipotesi ardita su possibili relazioni fra la mitologia della Tavola Rotonda e la storia del santo chiusdinese. Per volontà del vescovo di Volterra Ugo Saladini nel luogo della morte di San Galgano fu edificata una cappella terminata intorno al 1185. Il vescovo a lui succeduto, Ildebrando Pannocchieschi, promosse invece la costruzione di un vero e proprio monastero. Negli ultimi anni della sua vita Galgano era entrato in contatto con i Cistercensi e furono proprio loro ad essere chiamati a fondar la prima comunità di monaci che risulta già attiva nel 1201; a quel tempo la chiesa di Montesiepi risultava come una filiazione dell'abbazia di Casamari. Sotto l'impulso di questo primitivo nucleo monastico, ai quali si erano uniti molti nobili senesi e alcuni monaci provenienti direttamente dall'abbazia di Clairvaux nel 1218 si iniziarono i lavori di costruzione dell'abbazia nella sottostante piana della Merse. Il progettista sembra sia stato donnus Johannes che l'anno precedente aveva portato a termine i lavori nell'abbazia di Casamari. I lavori andarono avanti speditamente, tanto che già nel 1227 sono testimoniate una chiesa superiore (Montesiepi) e una inferiore. Nel 1228 una delle infermerie era stata completata e l'anno successivo terminarono i lavori di costruzione della cella abbaziale. A dare l'impulso ai lavori fu soprattutto l'enorme patrimonio fondiario che i monaci erano risusciti ad accumulare, grazie a donazioni e lasciti e anche grazie a numerose concessioni ecclesiastiche che permise loro di entrare in possesso dei beni delle abbazie benedettine dei dintorni, tanto che alla metà del XIII secolo l'abbazia di San Galgano era la più potente fondazione cistercense in Toscana. Essa fu inoltre protetta e generosamente beneficiata dagli imperatori Enrico VI, Ottone IV e dallo stesso Federico II, che confermarono sempre i privilegi concessi aggiungendone via via degli altri, ivi compreso il diritto di monetazione. Il papa Innocenzo III esentò l'abbazia dalla decima.
Nel 1262 i lavori erano quasi completati e nel 1288 venne consacrata. La grande ricchezza dell'abbazia portò i suoi monaci ad assumere una notevole importanza economica e culturale tanto da spingere la Repubblica di Siena a stringere stretti legami con la comunità. Già nel 1257 il monaco Ugo era stato nominato camerlengo di Biccherna, cioè responsabile dell'erario della Repubblica. Il monaco Ugo fu solo il primo di tutta una serie di monaci di San Galgano che occuparono quella carica. Ma i rapporti non furono solo economici. La Repubblica dette infatti ai monaci il compito di studiare un acquedotto che dalla valle della Merse dovesse portare l'acqua a Siena e inoltre i monaci furono tra i primi operai della cattedrale senese; tra gli operai va segnalato frate Melano che nel 1266 stipulò il contratto con Nicola Pisano per la realizzazione del celebre pulpito della cattedrale. Anche nel territorio circostante i monaci fecero degli interventi: dettero inizio ai lavori di prosciugamento e bonifica delle paludi circostanti e regimentarono il corso della Merse per sfruttarne l'energia idraulica; il monastero infatti possedeva un mulino, una gualchiera per la lavorazione dei panni e una ferriera. Nel XIV secolo la situazione iniziò a peggiorare: prima la carestia del 1328 poi la peste del 1348, che vide i monaci duramente colpiti dal morbo, portò all'arresto dello sviluppo del cenobio. Nella seconda metà del secolo l'abbazia, come tutto il contado senese, venne più volte saccheggiata dalla compagnie di ventura, tra le quali per ben due volte da quelle di Giovanni Acuto, che scorrazzavano per il territorio. Tali vicende portarono ad una profonda crisi nella comunità monastica, tanto che alla fine del secolo essa si era ridotta a sole otto persone. La crisi continuò anche nel XV secolo. Nel 1474 i monaci fecero edificare a Siena il cosiddetto Palazzo di San Galgano e vi si trasferirono, abbandonando il monastero. Il patrimonio fondiario rimaneva tuttavia intatto e tale da scatenare una contesa tra la Repubblica di Siena ed il Papato. Nel giugno del 1506 papa Giulio II scagliò l'interdetto contro Siena perché aveva contrapposto il cardinale di Recanati al candidato papale Francesco da Narni per l'assegnazione dei benefici abbaziali. In questo contrasto politico, la Repubblica di Siena, guidata da Pandolfo Petrucci, resistette ordinando ai sacerdoti la celebrazione regolare di tutte le funzioni liturgiche.
Nel 1503 l'abbazia venne affidata ad un abate commendatario, una scelta che accelerò la decadenza e la rovina di tutto il complesso. Il governo degli abati commendatari si rivelò scellerato, tanto che uno di loro, alla metà del secolo, fece rimuovere per poi vendere la copertura in piombo del tetto della chiesa: a quel punto le strutture deperirono rapidamente. Risulta da una relazione fatta nel 1576 che abitasse presso il monastero un solo monaco, che neanche portava l'abito di frate, che le vetriate dei finestroni era tutte distrutte, che le volte delle navate erano crollate in molti punti e che, presso il cimitero, rimanevano solo parte delle rovine delle infermerie, demolite all'inizio del Cinquecento. Nel 1577 furono avviati dei lavori di restauro, ma furono interventi inutili che non riuscirono minimamente ad arrestate il progressivo degrado. Nella relazione fatta nel 1662 si legge che "La chiesa non può essere tenuta in peggior grado di quello che si trova e vi piove da tutte le parti". Nella prima metà del Settecento il complesso risultava ormai crollato in più parti e quelle ancora in piedi lo erano ancora per poco. Infatti nel 1781 crollò quanto rimaneva delle volte e nel 1786, dopo che un fulmine lo aveva colpito, crollò anche il campanile; si salvò la campana maggiore, opera del Trecento, ma per poco, infatti pochi anni dopo venne fusa e venduta come bronzo. Negli anni seguenti l'abbazia venne trasformata addirittura in una fonderia, fino a che nel 1789 la chiesa fu definitivamente sconsacrata e abbandonata. I locali del monastero invece diventarono la sede di una fattoria e vennero parzialmente restaurati già nei primi decenni del XIX secolo. Verso la fine dell'Ottocento l'interesse verso il monumento riprese. Si iniziò ad ipotizzare il restauro, si fece un rilievo delle strutture architettoniche e tutto l'edificio fu al centro di un corposo studio storico al quale si accompagnò una campagna fotografica eseguita dai Fratelli Alinari di Firenze. Nel 1926 si iniziò il restauro eseguito con metodo conservativo, senza realizzare ricostruzioni arbitrarie o integrazioni: si decise semplicemente di consolidare quanto rimaneva del monastero. L'ipotesi che trova attualmente maggiori riscontri è che l'esecuzione della chiesa sia iniziata a partire dall'abside. Questa è la parte che maggiormente rispetta i canoni cistercensi: in special modo nella zona del coro e del braccio meridionale del transetto caratterizzati dall'uso di travertino e dalle aperture minori. Nel braccio settentrionale e nelle ultime campate della chiesa le aperture sono più grandi. Per quanto riguarda l'attribuzione, si pensa che la parte orientale sia stata realizzata da donnus Johannes mentre la parte occidentale da frate Ugolino di Maffeo, documentato nel 1275. La chiesa rispetta perfettamente i canoni della abbazie cistercensi; tali canoni erano stabiliti dalla regola di San Bernardo e prevedevano nome precise per quanto riguarda la localizzazione, lo sviluppo planimetrico e lo schema distributivo degli edifici. La abbazie dovevano sorgere lungo le più importanti vie di comunicazione (in questo caso la via Maremmana) per render più agevoli le comunicazioni con la casa madre; inoltre in genere erano poste vicino a fiumi (qui la Merse) per poterne sfruttare la forza idraulica; e infine in luoghi boscosi o paludosi per poterli bonificare e poi sfruttarne il terreno per coltivazioni. Dal punto di vista architettonico gli edifici dovevano essere caratterizzati di una notevole sobrietà formale. La chiesa è perfettamente orientata, cioè ha l'abside volta ad est, ed ha una facciata a doppio spiovente che dall'esterno fa capire la divisione spaziale interna, in questo caso a tre navate. Nella parte inferiore della facciata vi sono quattro semicolonne addossate a lesene che avevano il compito di sostenere un portico, peraltro mai realizzato; l'ingresso all'aula liturgica è affidato a tre portali con arco a tutto sesto ed estradosso a sesto acuto, oggi chiusi da inferriate. Il portale maggiore è decorato con un fregio in cui sono scolpite delle figure fitomorfe a foglie di acanto. Nella parte superiore della facciata, forse rimasta incompiuta, sono collocate due finestre a sesto acuto; la parte terminale è stata reintegrata all'inizio del XX secolo con laterizi. Le fiancate laterali permettono una completa lettura delle caratteristiche salienti dell'edificio. Nella parte inferiore, per tutta l'altezza delle navate laterali, vi sono aperture realizzare con monofore strombate con arco a tutto sesto mentre nella parte superiore, corrispondenti alle pareti della navata centrale, sono presenti delle grandi bifore, tranne che nelle due ultime campate vicino al transetto, dove le bifore sono sostituite da monofore ad arco a tutto sesto sovrastate da un oculo; tutte le colonnette di divisione delle bifore sono andate perdute, ad eccezione di una finestra posta sul fianco destro. Nel fianco sinistro, caratterizzato dall'assoluta omogeneità e accuratezza costruttiva del paramento murario, risulta notevole il prospetto del transetto, che mostra elementi architettonici di grande rilievo come la trifora, il contrafforte di sinistra aperto da piccole feritoie e al cui interno è posta una piccola scala a chiocciola e il portale che immetteva nel cimitero. Il cimitero era posto lungo questa fiancata e il suo limite era costituito dalla cappella del XIII secolo costruita in mattoni che è ancora presente. Massima opera architettonica è l'abside, la prima parte della chiesa che vedeva chi arrivava dalla via Maremmana. Si presenta racchiusa tra due contrafforti e mostra due ordini di aperture di tre monofore ad arco a sesto acuto; in alto è conclusa da un grande oculo sopra il quale ve ne è uno più piccolo; entrambe le cornici di questi oculi sono riccamente decorate. Lo stesso motivo della monofora sovrastata da un oculo si ritrova nel prospetto laterale del transetto; due di questi oculi, uno visibile dalla parte posteriore e uno dalla fiancata destra, mostrano ancora la decorazione originale. Nella parte sinistra dell'abside si trovano una porta e una monofora. Questo è quanto rimane del campanile crollato nel 1786, Va detto che nelle abbazie cistercensi la presenza della torre campanaria era un fatto assolutamente eccezionale. Sulla fiancata destra si sviluppava il chiostro, attorno al quale ruotava tutta la vita dell'abbazia. Il chiostro risultava completamente distrutto già nel XVIII secolo, ma durante i restauri degli anni venti si decise di ricostruirne, con i materiali originari, almeno una piccola parte, composta da arcate con colonne binate che permettono di intuire la notevole bellezza originaria. Nella fiancata destra si possono ancora notare le mensole su cui si appoggiava la struttura portante del portico. L'interno della chiesa si presenta privo della copertura e del pavimento, sostituito da terra battuta che in primavera si trasforma in un manto erboso.
La chiesa ha una pianta a croce latina di 69 metri di lunghezza per 21 di larghezza ed è conclusa con un ampio transetto. Lo spazio interno è diviso longitudinalmente in tre navate di 16 campate di pilastri cruciformi. Il transetto è suddiviso in tre navate, con quella orientale trasformata in quattro cappelle rettangolari poste due a due laterali a quella maggiore, la quale presenta una semplice abside rettangolare. Sia le cappelle che le campate minori del transetto mostrano ancora l'originaria copertura con volte a crociera poggianti su costoloni. In queste cappelle venivano effettuate delle funzioni liturgiche: a testimonianza di ciò nelle pareti sono visibili due nicchie, la minore usata per custodire le ampolle e la maggiore come lavabo quella più grande. Nella parete di fondo del transetto sinistro vi sono due porte: una dà accesso alla scala a chiocciola che conduceva nel sottotetto e l'altra al cimitero. Nella parete di fondo del transetto destro si trova la porta che dava accesso alla sagrestia e una apertura posta in alto sulla destra grazie alla quale i monaci, usando una scala in legno, potevano accedere direttamente alla chiesa dal dormitorio per svolgere le funzioni notturne e mattutine. Il campanile si trovava in corrispondenza della prima cappella del transetto di destra. Il transetto e le prime due campate del braccio longitudinale erano la zona riservata ai monaci; all'altezza della seconda campata di destra nel 1288 venne costruito un altare eliminando la base della semicolonna mentre la parte superiore venne ornata con una calotta decorata a figure fitoformi. Notevoli nella navate centrale sono gli archi a sesto acuto a doppia ghiera, le semicolonne da cui partivano le volte che coprivano le navate, la doppia cornice sopra le arcate e le decorazioni floreali sui capitelli. Tra i capitelli il più interessante è quello del primo pilastro di sinistra decorato con una figura antropomorfa, che potrebbe anche raffigurare l'ultimo architetto della chiesa, Ugolino di Maffeo. Sulla parete di destra all'altezza dell'ultima campata vi è un portale che originariamente dava accesso al chiostro e che attualmente costituisce l'ingresso principale alla chiesa. Del chiostro è visibile solo il lato orientale, allineato con il transetto sud: già nel XVIII secolo era completamente distrutto e gli attuali resti risalgono agli anni venti, quando fu deciso di ricostruire alcune arcate con colonne binate utilizzando i materiali originari. La sacrestia è posta al piano terreno ed è il primo ambiente che si trova venendo da sinistra. La sacrestia è coperta con due grandi volte a crociera e in questa sala sono ancora visibili tracce di affreschi dell'originaria decorazione pittorica. Attraverso una porta con arco a sesto acuto si accede all'archivio, il cui l'interno è coperto con volta a crociera. Alla sala capitolare Vi si accede da un portale con arco a sesto acuto. La sala capitolare era uno degli ambienti più importanti dell'abbazia in quanto vi si riuniva il capitolo dei monaci per deliberare gli atti che riguardavano il governo della comunità. Si tratta di un ambiente molto vasto, diviso in sei campate da colonne abbastanza basse che sorreggono altrettante volte a crociera. Traeva l'illuminazione da due grandi bifore con colonne binate aperte sul chiostro e da tre piccole monofore con arco a tutto sesto poste sulla parete di fondo.  Dalla sala capitolare si accede ad un ambiente che è stato identificato come il parlatorio. All'estremità meridionale del piano terreno si trovava lo scriptorium, dove i monaci copiavano i manoscritti. È un ambiente molto vasto, diviso in due navate da cinque pilastri cruciformi che sorreggono delle volte a crociera con decorazioni a girali. Al piano superiore si trovava il dormitorio dei monaci, suddiviso in celle, e una cappella. Il resto del complesso oggi è scomparso. Nel lato opposto alla chiesa probabilmente si trovavano il refettorio, le cucine, il focolare, i vari annessi e le latrine. Il quarto lato del chiostro era occupato dalla dispensa, dai magazzini e dai locali destinati ai conversi, che la regola imponeva fossero distinti da quelli dei monaci. Dietro il cimitero e l'abside della chiesa si trovavano le infermerie dei laici, che erano separate soprattutto per motivi igienici.

Fonte: Wikipedia

Immagine tratta da Wikipedia Autore Vignaccia76

martedì 7 maggio 2013

ABBAZIA E CHIESA DELLA SANTISSIMA TRINITA' DI SPINETA

L'abbazia e chiesa della Santissima Trinità di Spineta si trova nel comune di Sarteano, edificata in località "Spineto" sul versante sud-occidentale del Monte Cetona. Fondata nel 1085 da Willa, vedova del conte Pepone Manenti di Sarteano nel 1112 l' Abbazia fu affidata ai monaci Vallombrosani di Coltibuono. Successivamente il conte Manente, discendente di Willa, nelle vicinanze della fondazione ottenne a livello il terreno di Poggio Moiane «per edificarvi torri e case»; nel XIV secolo il centro fortificato di Poggio delle Moiane divenne libero comune. Durante il Medioevo l'Abbazia di Spineto fu importante centro religioso per i fedeli residenti nella Val d'Orcia e nella confinante Val di Chiana. Nelle sue strutture ospitalizie l'Abbazia accolse i viandanti che dalla vicina Via Francigena transitavano in direzione di Roma per recarsi in pellegrinaggio presso la tomba di san Pietro. Sul fiire del XV secolo iniziò il periodo della sua decadenza. L'Abbazia fu oggetto di numerose commende e nel 1627 passò ai Cistercensi che vi rimasero fino al 1784, anno della sua soppressione deliberata dal Granduca Leopoldo II. La fondazione già separata dal potere ecclesiastico fu amministrata dallo Spedale degli Innocenti che trasformò la sua struttura originaria in fattoria agricola. Nel 1831 iniziarono successivi passaggi a soggetti privati. Negli anni recenti le strutture edilizie del complesso abbaziale hanno subito un accurato restauro ed oggi vengono utilizzate per importanti incontri culturali e cerimonie religiose. La chiesa romanica ha il tipico impianto vallombrosano: una navata con tetto in vista, ampio transetto con bracci coperti da volte a crociera e tre absidi inserite nella parete terminale sovrastate da eleganti lunette. All'incrocio tra navata e transetto è inserita una cupoletta, protetta esternamente da un tiburio quadrilatero. Il campanile a vela in mattoni, più recente, sovrasta la campata romanica. La facciata, con un portale settecentesco, è rivestita in filaretto di calcare chiaro. Unici elementi decorativi sono una figura di quadrupede scolpita entro una lunetta del transetto e due animali a debole rilievo, scolpiti nella facciata. All'interno, la tela con la Madonna del Buonconsiglio.

Fonte: Wikipedia

sabato 26 gennaio 2013

LE TORRI DI SAN GIMIGNANO

Torri degli Ardinghelli

La due torri degli Ardinghelli sono tra le quattordici torri medievali di San Gimignano e si trovano in piazza della Cisterna, all'angolo con piazza del Duomo. Gli Ardinghelli erano la più importante famiglia ghibellina di San Gimignano, in lotta contro i guelfi Salvucci. Essi si erano arricchito con il commercio e la finanza ed avevano relazioni commerciali con la Lombardia e con l'Oriente. Le loro due torri risalgono al periodo d'oro dell'edilizia di San Gimignano, il XIII secolo, e in particolare alla fine del secolo. Nonostante un espresso divieto del 1255, anticamente queste due torri erano più alte dei 54 metri della Torre Rognosa, la torre del palazzo comunale, in risposta all'altezza, pure "fuori legge", delle poco lontane torri gemelle dei Salvucci. Per questo furono più tardi scapitozzate ed oggi si erigono per un'altezza di circa la metà del fabbricato originale.
Le due torri, sebbene entrambe a base quadrilatera, si presentano piuttosto diverse: quella di destra è più stretta e possiede un aspetto più severamente medievale: coperta da bozze regolari a vista, vi si aprono poche strette monofore e una feritoia. La torre di sinistra ha invece una superficie più ampia, con finestre ad arco molto ampie che sembrano suggerire un impiego anche strutturale degli archi per scaricare il peso della muratura. Queste aperture sono oggi ridimensionate dai tamponamenti in laterizio, ma ancora ben visibili. Vi si trovano buche pontaie ad altezze regolari, mentre il portale al pian terreno è architravato.

Torre dei Becci

La Torre dei Becci è una delle quattordici torri superstiti di San Gimignano. Si trova a ridosso dell'antico Arco dei Becci e domina sia via San Giovanni che piazza della Cisterna. La torre risale al Duecento, così come l'attiguo palazzo al quale si accede da via degli Innocenti. La torre ha un aspetto molto semplice: a base quadrata è costruita da bozze regolari a vista che nella parte più alta diventano filaretto; rare aperture a feritoia si aprono sui lati principali. I Becci furono una famiglia di mercanti che ricoprì importanti cariche pubbliche nel periodo d'oro del Comune di san Gimignano.

Torre Chigi

La Torre Chigi è una delle quattordici torri storiche di San Gimignano e si trova in piazza del Duomo. La torre, sebbene non molto alta, è una delle più belle della città. Fu costruita nel 1280 e appartenne agli Useppi, I primi tre piani sono coperti da pietra a vista, tagliata in bozze ben squadrate, sui quali si aprono delle luci con archi ribassati. Al primo piano è presente un tipico portale al quale si accedeva con scale, retaggio dei tempi delle lotte intestine delle città medievali, quando per dormire sicuri si preferiva costruire l'accesso al primo piano ritirando le scale durante la notte. Al secondo piano la finestra è una stretta feritoia con un arco allungato poggiante su mensole. La parte superiore è invece coperta da laterizio con due monofore uguali sui primi due piani, mentre l'ultimo non ha aperture. Si ciascun piano si allineano all'altezza del calpestio delle ordinate file di quattro buche pontaie ciascuna, provviste di mensole, che fanno pensare a ballatoi lignei che un tempo dovevano aumentare la superficie disponile. La torre è affiancata da palazzi medievali: di particolare pregio quello alla sinistra pregio per la presenza di bifore di graziosa fattura.

Torre dei Cugnanesi

La Torre dei Cugnanesi è una delle quattordici torri superstiti di San Gimignano. Si trova tra via San Giovanni e via del Quercecchio, a ridosso dell'Arco dei Becci, del quale . Assieme al massiccio palazzo dei Cugnanesi era parte dell'apparato difensivo dell'Arco dei Becci. La torre risale al XIII secolo ed è una delle più alte della città. Il palazzo è dello stesso periodo ed è riconoscibile per la serie di beccatelli esterni che sostengono il ballatoio aggettante al livello superiore. Sul retro, dalla strada che sale verso la rocca di Montestaffoli, si vede il massiccio angolo del palazzo che assomiglia ad un bastione, ed in effetti era parte della prima cinta muraria della città

Torre del Diavolo

La Torre dei Diavolo è una delle quattordici torri medievali di San Gimignano; si trova sul lato settentrionale di piazza della Cisterna ed faceva parte dell'attiguo palazzo dei Cortesi. Il nome deriverebbe, secondo la leggenda, dalla prodigiosa sopraelevazione che il proprietario avrebbe un giorno constatato con sorpresa di ritorno da un viaggio: l'opera sarebbe stata ritenuta un artificio del Demonio. L'alta torre è caratterizzata da un portale di doppia altezza, che suggerisce un antico passaggio pedonale: infatti ai suoi piedi si apriva il cosiddetto vicolo dell'Oro, dove si trovavano le botteghe dei battiloro, coloro che riducevano il metallo prezioso in fogli sottilissime martellando sui fiorini (l'oro così lavorato era soprattutto usato per le tavole dipinte a fondo oro). Il piano superiore, profilato da una fila di buche pontaie con mensole, che fa supporre l'esistenza di un antico ballatoio ligneo, è illuminato da una stretta feritoia ed anche ai livelli successivi si aprono strette finestrelle, una per piano, tipiche dell'epoca medievale quando le esigenze difensive prevalevano sul confort e la luce degli ambienti. L'ultimo piano, circondato da mensole sporgenti, doveva contenere una piattaforma attorno ad un'altana in laterizio ancora esistente. L'aspetto un po' sinistro dei sostegni deve aver contribuito alla reazione della leggenda. L'attiguo palazzo Cortesi ha solo due piani, sui ciascuno dei quali si apre una monofora. A differenza della torre, in candida pietra calcarea, è realizzato in una pietra leggermente più scura e di color giallognolo.

Torre Grossa

La Torre Grossa è la torre più alta di San Gimignano (da cui il nome) e si trova in piazza del Duomo, accanto al palazzo nuovo del Podestà. Fu iniziata esattamente il 21 agosto del 1300, quattro mesi dopo che la città avevava ospitato Dante Alighieri, e venne terminata nel 1311. È alta 54 metri ed l'unica sulla quale sia consentito l'accesso al pubblico. La torre poggia su un passaggio voltato ed ha, come tutte le altre torri sangimignanesi, base quadrata. Il parmento a vista è in pietra, tagliata in bozze ben regolari. Sulla sommità, dalla quale si gode una stupenda vista sulla cittadina e sulla campagna circostante, è presente una cella campanaria, circondata da un camminamento protetto da parapetto poggiante su archetti pensili. la copertura della cella è piramidale e ricorda quella della vicina torre Rognosa. La torre è visitabile con lo stesso biglietto del Museo Civico.

Torre di palazzo Pellari

La torre di palazzo Pellari è una delle quattordici torri principali di San Gimignano e si trova in piazza Pecori, ma è visibile anche dal centro di piazza della Cisterna. Non si conosce l'esatta data di fabbricazione della torre, ma un documento la colloca come anteriore al 1237. La torre ha una forma a parallelepipedo semplice con una copertura piramidale; non dispone di finestre sulla piazza ed è coperta dal filaretto a vista. Il palazzo Pellari si distingue per il paramento in laterizio con una decorazione marcapiano. Al pian terreno presenta invece come rivestimento la pietra, tagliata in bozze ben squadrate, sul quale si aprono due portali con archi ribassati.

Torre Rognosa

La Torre Rognosa, detta anche torre dell'Orologio o torre del Podestà, è una delle più alte e meglio conservate di San Gimignano. Si eleva in piazza del Duomo dal palazzo vecchio del Podestà. Eretta verso il 1200, appartenne alla famiglia Gregori e agli Oti. È alta quasi 52 metri ed è la seconda torre più alta della cittadina, dopo la Torre Grossa (54 m). Il nome di Rognosa deriva dal fatto che, dopo il trasloco del podestà, fece da carcere, per questo era visitata da chi aveva "rogne". La torre è a base pressoché quadrata ed è costruita in pietra con bozze abbastanza regolari. Poco sopra i merli del vecchio palazzo del Podestà si trova una stretta apertura architravata che porta a un terrazzino coperto da tettoia. La torre ha solo una finestrella su piazza della Cisterna ed all'ultimo piano dispone di un'altana che funzionava da cella campanaria laica (per richiamare la cittadinanza in caso, per esempio, di pericolo e per altre ragioni non legate alla vita religiosa). In seguito divenne la campana che segnava le ore con i suoi rintocchi. Con quattro archi poggianti su solidi pilatri, la cella è coperta da una piccola piramide con tegoli rossi. Secondo uno statuto del 1255 era vietato a chiunque, privato cittadino, di innalzare torri più alte della Rognosa. La disposizione venne però ignorata dalla potente famiglia guelfa dei Salvucci, che a pochi passi da qui fece costruire due torri gemelle presto bissate da quelle della famiglia rivale degli Ardinghelli. Entrambe le coppie di torri furono poi scapitozzate ed oggi sono più basse della Rognosa.

Torre dei Salvucci

Le Torri dei Salvucci sono due torri gemelle di San Gimignano situate in piazza del Duomo. Appartenute alla più importante famiglia guelfa della città, i Salvucci appunto, furono costruite dall'aspetto imponente, in maniera da simboleggiare la supremazia familiare sulla città. Oggi sono di altezza inferiore al passato perché all'epoca della loro costruzione esse superavano in altezza i 51 metri della torre Rognosa, nonostante un espresso divieto ad oltrepassare tale altezza del 1255. I Salvucci si erano arricchiti con la mercatura e l'usura, ed erano acerrimi nemici degli Ardinghelli, famiglia ghibellina, che aveva fatto costruire due torri gemelle a imitazione di quelle dei Salvucci all'altra estremità della piazza. Le torri sono entrambe a base quadrata e con pochissime aperture. solo qualche finestrella rettangolare. Al pian terreno presentano degli strettissimi portalini, sormontati da architrave o da arco a sesto acuto.

Campanile della Collegiata

La torre campanaria è l'elemento più antico dell'interno complesso. Nasce infatti come elemento isolato, una della numerose torri familiari di San Gimignano, e prima dell'inizio del XIII secolo venne trasformato in campanile. Il cambio di uso comportò anche l'apertura di ampie monofore in cui vennero collocate le campane.

Torre Campatelli

Anticamente appartenuto alla famiglia Coppi, l’edificio rappresenta un chiaro esempio della nuova tipologia sviluppatasi nel corso del XII-XIII secolo a San Gimignano, comunemente detta “casatorre” e consistente in un unico corpo di fabbrica, prevalentemente in pietra e mattoni, nel quale le diverse destinazioni d’uso venivano ripartite secondo una disposizione verticale. Mentre il piano terreno veniva quindi adibito ad uso commerciale, i livelli superiori erano destinati ad abitazione e la sommità manteneva infine la tradizionale funzione di difesa e osservazione. L’originaria destinazione abitativa di Torre Campatelli è confermata anche dalle alte finestre a sesto acuto che, partendo dal piano terreno, si elevano fino ai piani superiori. Tali aperture, poco consone a una struttura difensiva, permettevano invece un’ampia illuminazione ed aerazione degli ambienti più frequentati nella giornata. I corpi di fabbrica che affiancano la torre principale testimoniano il cambiamento tipologico del palazzo sangimignanese. La torre di destra, meno larga, è caratterizzata da un solo arco con una finestra per piano; il palazzo sulla sinistra, invece, perde il carattere di “casatorre” e presenta larghe aperture al piano terreno.  L’intero complesso, formato da torre e palazzo, subì un rifacimento della facciata nel corso del XVI secolo, in linea con i correnti schemi rinascimentali e allo scopo di fornire coerenza e unità stilistiche agli edifici. L’intervento fu commissionato dalla famiglia Coppi, che, a ricordo della propria presenza nel borgo, fece scolpire sulla facciata l’emblema della casata (una coppa), ancora visibile ai giorni nostri. La Torre offre quindi all’osservatore una rara testimonianza sia della tecnica costruttiva, sia degli elementi architettonici, sia, delle originarie proporzioni di questa antica tipologia di edifici.
Va ricordato infine che, mentre i maggiori centri toscani a partire dalla metà del XIII secolo cominciarono a esprimere alcuni caratteri architettonici peculiari, San Gimignano si caratterizzò per un’architettura eclettica, formata da stili ed elementi diversi provenienti dai comuni con cui il borgo della Valdelsa venne in contatto. Torre Campatelli, in particolare, presenta alcuni caratteri tipici del linguaggio architettonico pisano, a testimonianza degli scambi commerciali che i sangimignanesi ebbero con il vicino centro cittadino. (tratto da www.fondoambiente.it)

Casa Torre Pesciolini

Torre Pettini

Torre Ficherelli

Fonte: Wikipedia





venerdì 28 dicembre 2012

SAN GIMIGNANO, MODERNA CITTA' MEDIEVALE

Torri di San Gimignano
Opera di Matteo De Maria
(www.matteodemaria.it) (CC)D
San Gimignano è uno splendido comune della provincia di Siena. Il centro cittadino, situato a 324 metri sul livello del mare, su un colle della valle dell’Elsa in posizione alta e dominante, è una testimonianza eccezionale della civiltà del Medioevo, poiché raggruppa in una piccola area tutte le strutture tipiche della vita urbana: piazze e strade, case e palazzi, pozzi e fontane. San Gimignano è stato un punto di inoltro della Via Francigena per i pellegrini in viaggio da e per Roma. Il paese, sviluppatosi attorno a un insediamento etrusco, prese il nome dal santo, vescovo di Modena, che avrebbe salvato il borgo dalle orde barbariche. Sede di mercato sotto la giurisdizione del vescovo di Volterra alla fine del sec. IX, nel 1199 fu libero comune. Le lotte intestine fra grandi famiglie guelfe e ghibelline indebolirono il potere civile; la crisi economica, le carestie e la peste del 1348 portarono il centro alla definitiva sottomissione a Firenze nel 1354. Sotto il dominio della repubblica prima, dei Medici poi, decadde perdendo ogni rilevanza politica. La città di San Gimignano, ancora cinta dalle mura duecentesche, conserva quasi intatta la struttura urbanistica e architettonica medievale, con 14 delle originarie 72 torri. Il centro monumentale della città è la piazza del Duomo. Circondata da case-torri duecentesche, dai palazzi Salvucci e Chigi, fu completata dalla torre Grossa (sec. XIV) e dal Palazzo del Popolo (del sec. XIII e oggi sede dei musei civici, che conservano notevoli opere di Coppo di Marcovaldo, Filippino Lippi, Pinturicchio e artisti toscani dei sec. XIV e XV). Sulla piazza si affaccia la Collegiata (duomo), della metà del sec. XII e ampliata nel 1460 da Giuliano da Maiano. L'interno a tre navate conserva statue di Iacopo della Quercia, notevoli opere pittoriche e la cappella di Santa Fina, capolavoro rinascimentale di Giuliano e Benedetto da Maiano affrescata dalle storie della santa del Ghirlandaio. Di fronte alla collegiata sorge il Palazzo del Podestà, con loggia affrescata dal Sodoma, sovrastato dalla possente torre detta “la Rognosa”. Alla fine del Duecento risale la Chiesa romanico-gotica di Sant'Agostino, ricca di opere quattrocentesche. Il passaggio dal romanico al gotico si legge anche nei palazzi Tinacci, della Cancelleria e Pesciolini e in altri che fiancheggiano la via principale di San Matteo e i vicoli secondari. Dalla rocca trecentesca di Montestaffoli, smantellata nel 1558 da Cosimo I, si ha una veduta panoramica eccezionale sul paese e sulla campagna circostante. Nei dintorni si segnala la romanica pieve di Cellole (sec. XIII). Nel 1990 il centro storico di San Gimignano è stato dichiarato patrimonio dell'umanità dall'Unesco. Secondo il rapporto della Commissione delle Nazioni Unite «il centro storico di San Gimignano contiene una serie di capolavori del XIV e XV secolo dell’arte italiana, nel loro contesto architettonico originario, tra cui: nella Cattedrale, l’affresco del Giudizio Finale (Universale), Paradiso e Inferno di Taddeo di Bartolo (1393), il Martirio di San Sebastiano di Benozzo Gozzoli (1465),  e soprattutto i magnifici affreschi di Domenico Ghirlandaio, Il ciclo di Santa Fina (1475) e l’annunciazione di San Giovanni Battista (1482). Altre opere  della stessa straordinaria bellezza comprendono gli enormi affreschi di Benozzo Gozzoli che raffigurano San Sebastiano (1464) e Sant’Agostino (1465). San Gimignano - inoltre - porta un’eccezionale testimonianza della civiltà medioevale, in quanto raggruppa in una piccola area tutte le strutture tipiche della vita urbana: piazze e strade, case e palazzi, pozzi e fontane. Gli affreschi di Memmo di Filipuccio che il Comune commissionò nel 1303 per decorare le camere del Podestà nel Palazzo del Popolo, sono tra i documenti maggiormente adottati per illustrare la vita quotidiana, con molti dettagli domestici, dell’inizio del XIV secolo». Sempre secondo l’Unesco, «mentre il paesaggio urbano di Firenze, dominato dalle sue torri dei suoi palazzi pubblici (Palazzo del Podestà e Palazzo della Signoria) mostra che le sue istituzioni pubbliche prevalsero sulla sua personale potenza (l’altezza delle torri-abitazioni delle famiglie fu periodicamente ridotta dopo il 1250), a San Gimignano, il cui incastellamento risale al 998, le 14 torri orgogliosamente erette al di sopra dei suoi palazzi conservano l’aspetto di una città feudale toscana controllata da fazioni rivali sempre pronte al conflitto. Questo illustra un momento significativo della storia che non si trova in egual misura in città del calibro di Firenze, Siena o Bologna, nonostante la qualità dei loro monumenti. Il borgo ha conservato il suo aspetto feudale. Le sue mura e case fortificate formano un panorama indimenticabile, nel cuore del paesaggio etrusco. In città risiedono anche il Museo Archeologico e la Galleria d’arte moderna e contemporanea “R. De Grada” ospitati nell’ex Conservatorio di Santa Chiara insieme alla Spezieria di Santa Fina che raccoglie il materiale proveniente dalla Spezieria dello Spedale di Santa Fina, che riproduce l’antica farmacia, in particolare, vasi in ceramica (dalla seconda metà del Quattrocento al Seicento provenienti dalle manifatture di Montelupo Fiorentino) e contenitori in vetro (dal Seicento all'Ottocento) con preparati medicamentosi, oltre a suppellettili e arredi. La cittadina toscana diede i natali al poeta trecentesco Folgore da San Gimignano, pseudonimo del  Cavaliere e uomo di corte, Giacomo di Michele. Franco Zeffirelli vi girò i film “Romeo e Giulietta” (1968) e “Fratello sole, sorella luna” (1972). 

Fonte: ecoseven.it

martedì 4 settembre 2012

FORTEZZA MEDICEA DI VOLTERRA

La Fortezza di Poggio Imperiale è un'architettura militare situata a Poggibonsi. La fortezza venne costruita su progetto di Giuliano da Sangallo tra il 1488 e il 1511 e costituisce la realizzazione più importante tra quelle previste da Lorenzo il Magnifico per il rafforzamento delle difese territoriali, a seguito di episodi bellici che avevano visto, nel 1478 tutta la zona sud del dominio fiorentino saccheggiata dalle truppe aragonesi che aveva evidenziato l'inutilità delle strutture militare fin lì realizzate. Nel progetto di Poggibonsi Giuliano da Sangallo ed il fratello Antonio, che si occupò dei lavori dal 1496, applicarono le più avanzate innovazioni nel campo della "fortificazione alla moderna", che proprio tra il XV e XVI secolo stava rivoluzionando l'architettura militare a seguito dell'introduzione della armi da fuoco. In particolare l'architettura della fortezza, che assume un ruolo importante nella storia dell'architettura militare, è caratterizzata dal fronte bastionato (tratti di mura da cui sporgono massicci torrioni), dall'assenza del camminamento di ronda in aggetto su beccatelli, e dalla forma poligonale dei bastioni. Quest'ultimo punto rappresenta per i Sangallo un'importante evoluzione, abbandonando le forme circolari dei bastioni utilizzate dalla bottega di Francione a cui hanno fatto riferimento negli anni della loro formazione professionale. La Fortezza Medicea di Volterra è stata costruita sul punto più elevato del colle dove sorge la città. Dall'esterno si presenta con un aspetto veramente maestoso ed imponente. Si compone di due corpi uniti tra loro. La Rocca Vecchia fatta edificare dal duca d'Atene Gualtieri VI di Brienne governatore di Firenze nel 1342 e modificata da Lorenzo il Magnifico e la Rocca Nuova costruita dallo stesso Lorenzo il Magnifico nel 1475. Le due rocche sono unite da una cortina muraria. Oggi la struttura è usata come prigione di stato di massima sicurezza, non accessibile e non visitabile, se non in particolarissimi giorni, non ricorrenti, ed in piccole porzioni.

Fonte: Wikipedia
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FORTEZZA DI POGGIO IMPERIALE

Muro della Fortezza di Poggibonsi (Autore  Vignaccia76)
La Fortezza di Poggio Imperiale è un'architettura militare situata a Poggibonsi. La fortezza venne costruita su progetto di Giuliano da Sangallo tra il 1488 e il 1511 e costituisce la realizzazione più importante tra quelle previste da Lorenzo il Magnifico per il rafforzamento delle difese territoriali, a seguito di episodi bellici che avevano visto, nel 1478 tutta la zona sud del dominio fiorentino saccheggiata dalle truppe aragonesi che aveva evidenziato l'inutilità delle strutture militare fin lì realizzate. Nel progetto di Poggibonsi Giuliano da Sangallo ed il fratello Antonio, che si occupò dei lavori dal 1496, applicarono le più avanzate innovazioni nel campo della "fortificazione alla moderna", che proprio tra il XV e XVI secolo stava rivoluzionando l'architettura militare a seguito dell'introduzione della armi da fuoco. In particolare l'architettura della fortezza, che assume un ruolo importante nella storia dell'architettura militare, è caratterizzata dal fronte bastionato (tratti di mura da cui sporgono massicci torrioni), dall'assenza del camminamento di ronda in aggetto su beccatelli, e dalla forma poligonale dei bastioni. Quest'ultimo punto rappresenta per i Sangallo un'importante evoluzione, abbandonando le forme circolari dei bastioni utilizzate dalla bottega di Francione a cui hanno fatto riferimento negli anni della loro formazione professionale. Sul colle denominato Poggio Imperiale, che domina l'abitato di Poggibonsi, non si volle solo realizzare una fortissima postazione militare ma una nuova città con una cittadella fortificata ed un perimetro murario esterno realizzato solo in parte. Il progetto di realizzare una città sul colle di Poggio Imperiale non era nuova; nel luogo prescelto per la realizzazione dell'opera infatti sorgeva l'antica città di Poggiobonizio, potente feudo dei Conti Guidi conquistato e raso la suolo dai fiorentini nel 1270, ma sempre nella medesima area l'imperatore Arrigo VII nel 1313 voleva fondare la città di Monte Imperiale (progetto abortito per la morte dell'imperatore), invece della città rimase il nome (Imperiale ) al colle dominate Poggibonsi. L'opera di Giuliano da Sangallo rimase però incompiuta; molteplici furono le cause ma soprattutto influirono sia la morte del Magnifico nel 1492 sia l'evoluzione che ebbe il conflitto militare tra Firenze e Siena che fece perdere importanza al possesso del poggio. Grazie a queste cause l'opera rimase ad uno stato embrionale e non essendo stata contaminata da aggiunte successive è arrivata ad oggi sostanzialmente identica al progetto originario. Il complesso è costituito da un giro di mura che cingono quasi per intero la collina, ad eccezione del lato nord. L'ingresso alle fortificazioni avviene attraverso una porta situata ad occidente che ingloba nella sua struttura una torre più antica, questa torre è una testimonianza della cinta muraria di Poggiobonizio.
Le strutture che formano l'opera sono due: la cinta muraria , dotata di quattro porte di accesso, e la fortezza vera e propria. La cinta muraria è collocata sul la parte occidentale del poggio e venne realizzata per metà rispetto al progetto originario. La struttura non ha un modello geometrico ben preciso ma si limita a seguire la conformazione del terreno e si estende per circa un chilometro. La cinta muraria è rimasta abbandonata al suo destino dal cinquecento ad oggi. Per questo si presenta totalmente amalgamata con la natura circostante.
Le mura vennero realizzate con mattoni ad eccezioni per gli angoli dove venne usata la pietra. Le mura presentano sulla parte poggiante sul terreno una intercapedine all'interno della quale venne realizzata una galleria di ascolto; questa galleria serviva per ascoltare eventuali minamenti della mura da parte dei nemici. Sul lato ovest è presente l'unica porta di accesso completata.

Fonte: Wikipedia
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sabato 1 settembre 2012

SAN GIMIGNANO 1300

IL MEDIOEVO RITORNA IN VITA...Ricostruzione fedele della Città di San Gimignano come era in epoca Medievale durante il suo massimo splendore. Emozionante viaggio nel tempo per rivivere la storia e le tradizioni della San Gimignano di ieri e di oggi. Nel 2011 al Museo è stato assegnato il patrocinio della Commissione Nazionale Italiana dell’UNESCO per l’elevato e qualificato valore formativo delle proposte Toscanadidattiche “Storia, Arte e Tradizione”.


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mercoledì 3 agosto 2011

UNA SUGGESTIVA GITA A VISITARE LA SPADA NELLA ROCCIA!


Autore Vignaccia 86 www.wikipedia.it

L'abbazia di San Galgano è un'abbazia cistercense, sita ad una trentina di chilometri da Siena, nel comune di Chiusdino. Il sito è costituito dall'eremo (detto "Rotonda di Montesiepi") e dalla grande abbazia, ora completamente in rovina e ridotta alle sole mura, meta di flusso turistico. La mancanza del tetto - che evidenzia l'articolazione della struttura architettonica - accomuna in questo l'abbazia a quelle di Melrose e di Kelso in Scozia, di Tintern in Inghilterra, di Cashel in Irlanda e di Eldena in Germania. Di san Galgano, titolare del luogo che si festeggia il 3 dicembre, si sa che morì nel 1181 e che, convertitosi dopo una giovinezza disordinata, si ritirò a vita eremitica per darsi alla penitenza, con la stessa intensità con cui si era prima dato alla dissolutezza. Il momento culminante della conversione, avvenne nel giorno di Natale del 1180, quando Galgano, giunto sul colle di Montesiepi, infisse nel terreno la sua spada, allo scopo di trasformare l'arma in una croce; in effetti nella Rotonda c'è un masso dalle cui fessure spuntano un'elsa e un segmento di una spada corrosa dagli anni e dalla ruggine, ora protetto da una teca di plexiglas. L'evidente eco del mito arturiano non ha mancato di sollevare curiosità e, ovviamente, qualche ipotesi ardita su possibili relazioni fra la mitologia della Tavola Rotonda e la storia del santo chiusdinese.

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