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venerdì 12 dicembre 2014

CIVIERO DI CAPRIOLO IN AGRODOLCE

Il "civero" poteva essere un piatto a sé stante oppure una salsa da condimento, come in questa ricetta per un secondo di carne in umido, simile al salmì, tratta dal Libro de arte coquinaria. Per preparare il civero di capriolo in agrodolce, si deve, innanzitutto, cuocere la carne di capriolo per brasato (spalla, collo o parte finale della lombata) per due ore in tre litri di liquido salato composto di acqua e di aceto. Quando la carne è diventata tenera, ma non troppo cotta, può essere tolta dal fuoco e scolata. Si sbriciolano 150 g di pane di campagna leggermente arrostito da mettere a bagno in 30 cl di vino rosso. Si frullano 150 g di uva passa e 75 g di mandorle non spellate fino a ottenere una pasta fine che deve poi essere mescolata alla pappa di pane. La miscela ottenuta deve essere allungata con ¾ di litro del brodo di cottura della carne. Si passa al setaccio il composto, lo si posa sul fuoco, si aggiungono un cucchiaino di zenzero in polvere e uno di cannella, sempre in polvere, e si porta il tutto a ebollizione. Dopo mezz’ora, si affetta una cipolla da cuocere in 50 g di lardo finché non si scioglie. La si riduce in purè e la si mescola alla salsa insieme ai pezzetti del lardo di cottura. Si fa sobbollire ancora per qualche istante e si scioglie il resto del lardo. Dopo averla posata sul piatto, la carne deve essere cosparsa con la salsa e, finalmente, servita. Di seguito la ricetta originale dal Libro de arte coquinaria del Mastro Martino:

"Per fare civero de salvaticina. Per fare civero de carne salvacina: in prima coci la carne in aqua miscolata con altrectanto aceto, et come è cotta cavala fori del brodo, aziò che se sciucchi. Asciutta che serrà frigila in bono lardo; et volendo fare duo piattelli del dicto civero, togli una libra de uva passa, et meza libra de amandole senza mondarle, et pista bene queste chose. Dapoi togli una libra de pane tagliato in fette, et siccato al foco, ma non troppo bruscolato, et ponilo a mollo in uno poco de vino roscio, et pistalo con le predicte chose, poi distemperale col brodo de la dicta carne, et passale per la stamigna in una pignatta, et ponila su la brascia longi dal foco, facendola ben bollire per spatio de meza hora; dapoi vi metti zenzevero, et cannella assai, che sia dolce o forte secundo el commune gusto, o del tuo Signore. Dapoi tolli una cipolla, et cocila in una pignatta con bono lardo tagliato menuto; et come la cipolla è cotta pistala et macinala molto bene, et ponila inseme col lardo, nel qual è cocta; et metti ogni chosa in la pignatta ne la qual sono le chose predicte, lassandola bollire anchora un poco più; poi fa li piattelli de la prefata carne, et de sopra gli metti de questo civero, et mandali a tabula."

Questa ricetta è citata anche nella Monografia di Archeo A tavola con gli antichi

giovedì 27 novembre 2014

PICCIONE ALLE MANDORLE E ALLE SPEZIE

Nel Medioevo, i castelli avevano le loro colombaie che assicuravano una scorta di carne per la popolazione. Tra i volatili, era molto apprezzato il piccione, la cui carne è l'ingrediente principale di questa ricetta tratta dal Frammento di un libro di cucina del secolo XIV. Dopo aver tagliato quattro piccioni in quattro parti e aver messo a lessare i fegatini per circa cinque minuti, si devono tritare 120 g di lardo e scioglierli in una casseruola. Si fanno rosolare i piccioni, aggiungendo 4 cipolle tritate, un pizzico di sale, un cucchiaio di misto di spezie (coriandolo, zenzero, cannella, pepe macinato e chiodi di garofano, in polvere) e 40 mandorle da agricoltura biologica non spellate. Una volta scolati, i fegati devono essere frullati con 30 g di pane di campagna arrostito e 40 cl di vino rosso, fino a ottenere una salsa omogenea. Tale salsa deve essere aggiunta ai piccioni per poi lasciare cuocere il tutto a fuoco lento. Al momento di servire, la ricetta originale consiglia di spolverare i piccioni con le spezie e con pochissimo zucchero in polvere, per correggere l’aroma forte della preparazione.

Di seguito, il testo originale:

"Pippioni in' istufa. Togli li pippioni, ismembrali, mettili nella pentola col lardo battuto, mettivi spezie et un poco di cipolla tagliata minuta, poni sulla bragia, soffrigi sino a mezzo cotto e mettivi entro XXX mandorle colle corteccie et XXX monde. Togli li fegatelli lessi, pestali bene con un poco di pane arrostito, stempralo con vino, colalo, metti in su i pippioni e metti poi sopra le scodelle ispezie e zuccaro."

Questa ricetta è citata anche nella Monografia di Archeo A tavola con gli antichi.

Fonte: Medioevo.it

martedì 25 novembre 2014

BOURBELIER DI CARNE

Una ricetta medievale direttamente dal Le Viander, antico testo presumibilmente scritto dal capo cuoco presso la corte di Carlo VI,  Taillevent. Guillaume Tirel, detto Taillevent, capo cuoco delle cucine di Francia alla corte di Carlo VI, nell'antico libro di ricette del XIV secolo, Le Viander, ci tramanda la ricetta del Bourbelier di Cinghiale. Si comincia preparando la salsa, che servirà poi per bagnare l’arrosto, mescolando il vino, l’aceto, l’agresto, il sale e le spezie. Mentre si mette a bagno il pane per poi schiacciarlo con la forchetta, si fa bollire la carne finché cambia colore, dopo di che la si toglie dall’acqua e la si mette nel forno già caldo, su una griglia posta su una leccarda. Durante la cottura, che deve essere di 20-25 minuti ogni mezzo chilo di carne, si bagna l’arrosto con la salsa speziata usando come pennello un rametto di rosmarino. A cottura ultimata si versa il resto della salsa sull’arrosto. Si toglie la leccarda dal forno e si versa in una salsiera la salsa, da servire insieme all’arrosto. Se la salsa è troppo ristretta, si può mettere la leccarda sul fuoco con un po’ di acqua, raschiando il fondo di cottura. Si ottiene così un sugo utile anche per aggiustare il condimento.

Fonte: Medioevo.it

sabato 8 novembre 2014

LE ORIGINI MEDIEVALI - RINASCIMENTALI DELLA...POLPETTA!

La polpetta è un notissimo piatto a base di carne e spezie unitamente ad altri elementi considerati leganti (uomo, pangrattato, farina) ed viene considerato secondo piatto che può essere anche a base di pesce e di verdure. La storia della polpetta è molto interessante, infatti non si ha traccia del termine "polpetta" fino al Libro de Arte Coquinaria di Maestro Martino (secolo XV) che all'epoca era cuoco presso il Camerlengo Patriarca di Aquileia.  Nel primo capitolo, il Maestro descrive i migliori modi per cucinare vari tagli di carne: 


«[...] carne de vitello, zioè il pecto davanti è bono allesso, et la lonza arrosto, et le cosse in polpette. [...] De la carne del cervo la parte denanzi è bona in brodo lardieri, le lonze se potono far arrosto, et le cosse son bone in pastello secco o in polpette»

In realtà la polpetta di Martino sembrerebbe più un involtino allo spiedo, tuttavia questa è la prima volta che in tutti i testi culinari italiani medievali compare la ricetta di una polpetta:

«Per fare polpette di carne de vitello o de altra bona carne.In prima togli de la carne magra de la cossa et tagliala in fette longhe et sottili et battile bene sopra un tagliero o tavola con la costa del coltello, et togli sale et finocchio pesto et ponilo sopra la ditta fetta di carne. Dapoi togli de petrosimolo, maiorana et de bon lardo et batti queste cose insieme con un poche de bone spetie, et distendile bene queste cose in la dicta fetta. Dapoi involtela inseme et polla nel speto accocere. Ma non la lassare troppo seccar al focho».

La parola "polpetta" non si riferisce agli ingredienti: dopo aver preparato l'impasto di creano piccole porzioni che vengono lavorate a mano fino a raggiungere la tipica forma sferica.

giovedì 30 ottobre 2014

RICETTA PER L'OCA ARROSTO

Come apprendiamo dal Trecentonovelle di Franco Sacchetti, per la festa di Ognissanti, nel Medioevo, si cucinavano le oche (Trecentonovelle, CLXXXVI; Novelle, X), usanza confermata dal Saporetto, opera in versi ricca di dettagli gastronomici, di Simone de’ Prodenzani, e da Giovanni Sercambi che, in una novella, scrive: "Nella città di Lucca anticamente s’usava il giorno d’Ognissanti mangiar moltissime oche, e non li parea esser uomo chi il dì non avea oche". Per preparare l'oca arrosto si devono mescolare 4 o 5 spicchi d’aglio schiacciati insieme a erbe tritate e bagnate con l’aceto: per la precisione, un mazzetto di prezzemolo, 4 foglie di alloro fresco, un rametto di salvia e uno di rosmarino. Questo ripieno deve essere inserito all’interno di un’oca precedentemente svuotata. Una volta che è stata ricucita, si mette l'oca in una leccarda e la si lascia arrostire in un forno caldo (20 minuti per ogni mezzo chilogrammo). Quando è arrostita, si posa l'oca sul fuoco e si porta a ebollizione il sugo della leccarda, quindi si aggiungono 15 cl di acqua. Infine, si versa una spremuta di 2 limoni e si lascia bollire il tutto ancora un po’.

Di seguito il testo originale della ricetta, da Il libro della cucina del sec. XIV:
"Del paparo. Taglia la gola al paparo o oca; pelalo bene e bruscia; taglia i piei, cavali l'interiori e lava bene: poi togli agresto, aglio; e se tali cose non poi avere, togli erbe odorifere, bagnate in aceto, e ricusci di sotto, e poni in spiedo, e arrostilo; e se non fosse grasso, mettivi dentro del lardo. E poni un poco d'acqua in una scudella, e togli il grasso che esce d'inde. E quando serà assai cotto, levalo dal fuoco, e dà mangiare col succo d'aranci, di limoncelli, o di lumìe: e se vuoli, puoi fare peverada con molena di pane abbrusciata, e col fegato abbrusticato e pesto con la detta molena: e tutte cose, distemperate con aceto, fà bullire e mettivi pepe, zaffarano, garofani et altre spezie bone. Del capo, piedi, ventricchi, fegato, puoi farne agresta, mettendovi dentro ova dibattute, zaffarano, spezie; e dà mangiare."

Ricetta per gentile concessione della rivista Medioevo

lunedì 8 settembre 2014

LIMONIA DI ANONIMO MERIDIONALE


In molti trattati italiani medievali e rinascimentali sono presenti differenti ricette chiamate limonia, lumonia, lomonia o limonea. Tutte queste composizioni, in generale, prevedono, come ingredienti, carne di pollo, mandorle e, naturalmente, succo di limone. Da Due libri di Cucina di Anonimo Meridionale (primi del 400), ricaviamo questa ricetta: per preparare la limonia si deve soffriggere il pollo in lardo e cipolle; tritare le mandorle già pelate, stemperare con lardo di maiale, e poi metterle a cucinare assieme al pollo con le spezie. In mancanza di mandorle, è sufficiente ispessire il brodo con rossi d'uovo. Prima servirlo in tavola, bisogna condire il tutto con succo di limoni.

Fonte: Medioevo.it

giovedì 31 luglio 2014

TROTA IN SALSA CAMELINE


Guillaume Tirel, soprannominato Taillevent, a causa del suo finissimo olfatto, fu un vero e proprio maestro della cucina Medievale. La sua arte è arrivata a noi grazie al manoscritto Le Viandier, scritto in forma poetica nel 1380. E tra le quarantasei ricette contenute in questo testo troviamo quella per un secondo a base di pesce. La prima cosa da fare per cucinare le trote in salsa cameline, è preparare la salsa: si lasciano cinque fette di pane, senza crosta, in mezza tazza di aceto di riso, per circa cinque minuti. Alle fette, oramai morbide, si aggiungono un poco di cannella in polvere, dello zenzero grattugiato, qualche seme di cardamomo schiacciato, macis in polvere e il pepe, per poi frullare il tutto fino a ottenere una crema. Fatta la salsa, si puliscono quattro trote e si posano in una teglia con un po' di sale e acqua. Dopo averla chiusa con un foglio di alluminio, si posa la teglia in forno a 180 gradi. Trascorsi 20 minuti, si scolano i pesci dall'acqua rimasta per poi servirli con fettine di limone, qualche chiodo di garofano e la salsa cameline a parte.

Fonte: Medioevo.it

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