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lunedì 22 settembre 2014

"LA BATTAGLIA DI ANGICOURT" - RACCONTO DI BENEDETTA MELAPPIONI

Pochi giorni fa ho inserito un bell'articolo sulla Battaglia di Agincourt scritto da un nostro bravissimo collaboratore...a quanto pare questa famosa battaglia è stata fonte di ispirazione per altri appassionati. Per questo è stato inserito un racconto di una nostra nuova e giovanissima collaboratrice che ritengo anche molto promettente da un punto di vista narrativo, Benedetta Melappioni. per rendere il testo più moderno è stato creato questo pdf sfogliabile on line...ovviamente...attendiamo i vostri commenti!

mercoledì 3 luglio 2013

"ELISA E ROMUALDO" - SECONDA PARTE: 1347 LA PESTE NERA

I due ragazzi lavorarono ancora diversi giorni fianco a fianco sorridendosi ogni tanto e facendo attenzione agli sguardi della nutrice e Gelsomina. Trascorse così una settimana ed Elisa riuscì a tessere una discreta quantità di morbido vello beige. Infine mastro Cappelletti ritornò con il figlio maggiore, il viaggio era stato lungo e problematico così l’uomo non si dilungò molto con la famiglia.
“ Sono Elisa, la Tessitrice”, si presentò educatamente lei con un inchino.
“ Io il tuo futuro sposo, mastro Guglielmo Cappelletti e lui è Aliberto, mio figlio maggiore”, introdusse lui.
La ragazza osservò il futuro marito e lo trovò più vecchio dell’aspettato, potrebbe avere cinquant’anni, è più anziano di mio padre, rimuginò lei notando la calvizie e pinguedine del commerciante di lana.
“ Padre, io ed Elisa abbiamo preparato un po’ di vello”, spezzò la tensione Romualdo.
Il vecchio s’avvicinò alle pezze tessute e le accarezzò.
“ Andrebbero ancora bollite con acqua e sapone, per eliminare le impurità e tinte”, spiegò Elisa.
“ Ce la farete prima dell’autunno? Io e Aliberto le potremmo vendere alla prossima fiera”, saggiò lui.
“ Non so padre, forse una parte, il lavoro è tantissimo e siamo solo in due”, si permise di commentare il giovane uomo.
“ Ora che siamo tornati Aliberto e Gelsomina vi potranno aiutare”, affermò lui stancamente.
Gelsomina sbuffò apertamente contrariata, evidentemente filare o tessere non le piaceva, tuttavia non poteva opporsi apertamente al volere del capo famiglia.
All’improvviso il vecchio uomo si appoggiò al telaio, tossendo convulsamente.
“ Padre, non vi sentite bene?”, domandò Aliberto preoccupato.
L’uomo era pallido e barcollò leggermente quando si staccò dalla macchina.
“ Sono solo stremato e ho preso freddo durante il viaggio”, affermò mastro Cappelletti, “ dove ti ha sistemata per la notte Romualdo?”, sondò infine.
“ Nella nostra futura camera”, replicò lei.
“ Non siamo fidanzati o maritati, non sarebbe conveniente per il vostro buon nome”, affermò questi, “ da oggi in poi riposerai nella camera di Romualdo, lui può trasferirsi nel magazzino della lana”, sputò Guglielmo.
Il giovane non si sognò di protestare, anche se nel piccolo magazzino l’odore di pecora era tremendo. Probabilmente sarà solo per poco tempo, immaginò Elisa.
La mattina successiva il futuro consorte non si alzò dal letto, respirava faticosamente, aveva occhi infiammati e la febbre alta. Nel pomeriggio il figlio maggiore sempre più angustiato andò in città a cercare un cerusico.
“ Potrebbe avere il vaiolo o il tifo”, commentò Romualdo preoccupato all’imbrunire.
“ Magari è solo vecchio e sfinito”, replicò Elisa mentre tesseva.
Avevano già mangiato, la cuoca si era ritirata da qualche minuto, la nutrice sparita con la piccola di casa, mentre Caterina era accanto a lei a filare divertendosi con il fratello maggiore. Gelsomina non si sentiva molto bene quel giorno e il marito, sospettando un’altra gravidanza, le aveva suggerito di riposare. La ragazza sospettava tuttavia che fosse tutta una finta per evitare di filare e tessere.
“ Il nonno starò bene”, commentò d’un tratto Bruno.
I due adolescenti si girarono a fissarlo, non era un bimbo sciocco, tutt’altro.
“ E’ ora per voi due di andare a dormire”, affermò ad un certo punto Romualdo.
“ Grazie per l’aiuto bambini, se non ci foste voi….”, si complimentò Elisa.
I bimbi sorrisero, soddisfatti di essere stati apprezzati. Sono deliziosi e hanno molta voglia di rendersi utili, proprio non comprendo la loro madre, rimuginò lei mentre si allontanavano.
“Aliberto non è ancora tornato dalla città, pensi sia normale tale condotta?”, sondò un po’ impensierita lei.
“ Potrebbe essere incappato in qualche guaio, meglio che resti qua a dormire stanotte. Mi sistemerò accanto alla finestra, così lo sentirò arrivare”, stabilì lui.
Elisa continuò a tessere mentre il ragazzo provò a filare, ma le sue grandi mani non erano adatte allo scopo, lei ghignò divertita vedendolo in difficoltà.
“ Romualdo, smetti e riposati”, propose lei.
In quel mentre Nina, la nutrice scese al piano inferiore allarmata.
“ Sono passata dal padrone per vedere come stava e l’ho trovato peggiorato. Sta vomitando, tossendo sangue e ha molta sete. Dov’è il cerusico?”, domandò nervosamente questa.
“ Non è ancora giunto dalla città e non credo si presenterà per stasera. Non è sicuro viaggiare di notte nel bosco”, replicò Romualdo..
“ In questo caso venite ad aiutarmi, mastro Cappelletti sta molto male”, propose la nutrice.
Elisa uscì a prendere dell’acqua mentre il giovane saliva con la donna. Quando lei entrò nella camera da letto del futuro sposo si spaventò, le lenzuola erano macchiate di sangue e il malato giaceva immobile con gli occhi chiusi, respirando a fatica.
“ Ho portato dell’acqua, dovremmo farlo bere e posare una pezzuola bagnata sulla fronte per far abbassare la febbre”, suggerì Elisa.
Elisa si avvicinò coraggiosamente al corpo del vecchio commerciante e notò una protuberanza sul collo, questo non la sbigottì particolarmente, non conosceva nessuna infermità con quel marchio. L’anziano promesso si riscosse, lo sguardo era molto infiammato.
“ Uscite e non rientrate, vi ammalerete anche voi se mi curerete”, sussurrò l’uomo dopo qualche tempo.
“ Padre!”, si scandalizzò Romualdo.
“ Figliolo, sto morendo. Non c’è nulla che possiate fare”, bisbigliò.
“ Io resterò, voi due giovani andate di sotto”, asserì arditamente Nina.
In quel momento Elisa comprese che uno speciale legame univa i due adulti, sono amanti, un ricco commerciante non può maritare una serva, non più in età da procreare, s’illuminò lei interrogandosi se il figlio più giovane lo sapesse.
“ Torniamo in cucina, attenderemo Aliberto insieme”, suggerì lui.
I due adolescenti si sedettero vicino al camino, il calare del sole portava sempre un abbassamento della temperatura interna, in quella stagione si stava meglio sotto le stelle. Pregarono, piansero e si confidarono man a mano che avanzava la notte, infine al sorgere del sole Elisa mosse il braccio destro disturbata da un raggio di sole che entrava dalla finestra. Avevano dimenticato di chiuderla con l’infisso. Alzò il capo e si stupì di trovarsi tra le braccia di Romualdo. Lei e il giovane giacevano sul nudo pavimento avvolti nel mantello di lui. Mio Dio, so che è peccato pensare a lui in codesto modo, tuttavia anche lui prova attrazione per me, se solo non fossi promessa al padre, soppesò lei mentre si stringeva al diciassettenne. Una mezz’ora più tardi riaprendo gli occhi scuri scoprì che quelli turchesi di lui la stavano fissando rapiti. Elisa ricambiò lo sguardo.
“ Celestina, la cuoca, Gelsomina e Nina non sono ancora sveglie”, sussurrò lui.
“ E’ ancora presto, c’è un gran silenzio”, disse lei a bassa voce.
Romualdo la baciò ancora, questa volta con più ardore. Elisa gli sollevò la tunica infilandovi sotto una mano, infine udendo un rumore di cavalli all’esterno si staccarono sentendosi in colpa.
“ Aprite! Sono Aliberto con il cerusico”, urlò una vota voce.
I due giovani si rassettarono velocemente gli abiti e il ragazzo aprì.
“ Buon giorno a voi!”, esclamò il medicus entrando.
“ Buon giorno, mio padre è peggiorato in poche ore. Nina, la nutrice, ha deciso di restare con lui stanotte”, borbottò lui.
Elisa nel frattempo si era avvicinata al camino accendendolo per la colazione, in attesa della cuoca.
“ Ho una sete tremenda, Celestina non è ancora arrivata?”, interrogò Aliberto.
“ No e ciò lo trovo un po’ strano”, replicò Romualdo mentre lei accompagnava il cerusico dall’infermo.
“ Vado a vedere cosa la trattiene”, udì Elisa affermare.
Un’ora più tardi il figlio minore rientrò e nella corte s’imbatté in lei diretta al pozzo.
“ Celestina sta molto male e così molti abitanti di Parona”, la informò lui,
“ penso sia scoppiata un’ epidemia di tifo”, asserì il giovane
“ Anche Gelsomina, Bruno, la piccola di casa e tuo fratello stanno male”,
“ Cosa ha affermato il cerusico?”, sondò Romualdo.
“ Il medicus ha parlato di una grave pestilenzia. Non c’è cura, si è fatto pagare ed è sparito non appena notato i bubboni di tuo padre”, lo ragguagliò lei.
I due rientrarono in casa agitati e si recarono subito nella camera di mastro Guglielmo Cappelletti. Il vecchio commerciante non si muoveva, giaceva pallido sul letto macchiato di sangue e pareva entrato in una sorta di stato d’incoscienza. Romualdo gli si avvicinò maggiormente e mise una piuma sotto le narici.
“ E’ morto”, sostenne tremante.
Elisa scoppiò in pianto, più per la punizione divina che si era abbattuta su tutti loro, che per dolore.
“ Non possiamo portarlo a Parona per la sepoltura, il parroco è morto”, riassunse lui prendendo le redini della situazione.
“ Andiamo a vedere come stanno Aliberto e Gelsomina?”, lo pregò lei.
“ Se Bruno e la piccola sono ammorbati, sarebbe meglio spostarli con i genitori, non possono dormire con Caterina e Nina”, osservò lui spingendola verso la camera della nutrice.
Entrarono e le due donne esaminarono attentamente il corpo del bambino e della piccola. Purtroppo notarono dei bubboni sul collo e sotto le ascelle dei bambini, li avvolsero nei loro teli da notte e Romualdo li trasportò con i genitori.
“ Bruno guarirà?”, piagnucolò Caterina.
Elisa non rispose non sapendo come comunicare alla bimba che la sua famiglia presto sarebbe stata decimata. Il ragazzo e la nutrice uscirono dalla camera con espressioni tristi e rassegnate, Caterina scoppiò in un pianto dirotto e la nutrice cercò di consolarla trasportandola in cucina. Elisa invece uscì all’aria aperta, desiderosa di tranquillità e di un posto isolato per pregare. Perché Dio ci hai inviato questa piaga?, continuava a ripersi.
Nel pomeriggio Romualdo venne a cercarla e la trovò concentrata in invocazione di perdono.
“ Dovrei ritornare dai miei parenti..”, cominciò lei interrompendosi.
Il futuro sposo era morto senza impegnarla in fidanzamento, secondo le consuetudini posso ritornare dai miei genitori, pensò.
“ No, ti prego, resta con noi”, propose lui, “ quando la pestilenzia finirà e se saremo ancora vivi, ti riaccompagnerò io stesso”.
Romualdo mi piace e mio padre mi mariterebbe con qualcun altro scampato, non desidero lasciarlo, anche se non fosse intenzionato a sposarmi, rimuginò lei fissandolo.
“ Per ora resterò. Ora rientriamo, dobbiamo seppellire tuo padre”, disse lei triste.
“ Anche Bruno, la bimba, Aliberto e Gelsomina”, gli comunicò lui scorato, “ nel pomeriggio, dopo la loro morte, mentre eri assorta in preghiera, sono ritornato a Parona per scoprire se avevano trovato una cura per tutto questo..”, iniziò lui.
Elisa pendeva dalle sue labbra.
“ Solo la preghiera guarirà questo peccato, e stanno anche bruciando delle erbe aromatiche. In paese i corpi sono ammonticchiati per le strade, i non appestati scaveranno delle fosse comuni, così mi ha raccontato uno degli artigiani”, narrò.
“ Immagino che il cimiero della chiesa sia pieno”, ipotizzò lei all’apice dell’angoscia, “ come stanno Caterina e la nutrice?”, sondò infine.
Nina e Caterina non si sono ammalate, come sta accadendo a noi”, specificò il giovane.
“ Perché?”, domandò arrossendo la quindicenne.
“ Le vie del Signore Dio sono imperscrutabili”, ripeté Romualdo da bravo cristiano.
Quella sera trasportarono faticosamente i cadaveri al piano terreno, e li avvolsero in teli per evitare che la bimba vedesse i genitori morti. Elisa provò molta pena per la piccola, in pochi giorni ha perduto tutti, a parte un giovanissimo zio e la nutrice, rimuginò.
Nel bosco, terra non consacrata, Romualdo scavò una profonda fossa. Elisa lo osservò sprofondata in cupi presentimenti.
“ Ci possiamo dividere l’amaro compito”, iniziò lei.
“ Quelli per Gelsomina, Bruno e la neonata le puoi fare tu”, replicò seccamente il giovane.
La ragazza sobbalzò comprendendo che il ragazzo considerava meno importanti la moglie del fratello maggiore, il figlioletto di otto anni e la neonata. Non contribuivano alla ricchezza della famiglia, erano solo dei costi per mastro Cappelletti, non poté evitare di pensare lei. La sera calò e i tre misero i cadaveri nelle fosse, Caterina pianse tutto il tempo distrutta stringendosi alla serva, che si era comportava come una madre sino a quel momento.
I giorni trascorsero lenti, i due adolescenti, la bambina e l’anziana nutrice non si ammalarono. Romualdo quasi ogni pomeriggio si recava nel villaggio per sondare la situazione.
“ Non ci sono nuovi casi in paese, la peste si è fermata. Un commerciante di Verona sostiene che abbia uccido un quarto dei cittadini”, la aggiornò lui.
Elisa inorridì, forse dovrei andare a casa, qualcuno della mia famiglia potrebbe essere scampato, soppesò.
“ Cosa faremo ora?”, sondò lei.
Il diciassettenne la guardò, gli occhi turchesi del ragazzo luccicarono.
“ Prenderemo in mano il commercio di mio padre, oltre alla produzione di pezze di lana”, propose, “ prima a Verona, poi nel resto della provincia”.
“ Siamo solo in due!”, asserì Elisa.
“ Caterina e Nina ci aiuteranno”, sorrise Romualdo.
Forse dopotutto non ci andrà male, sono spirati in molti e i nobili potrebbero necessitare i nostri articoli, pensò Elisa seguendolo in casa.

Racconto di Giovanna Barbieri. Tutti i diritti riservati.

"ELISA E ROMUALDO"- PRIMA PARTE: LA NUOVA CASA

Elisa fissò la madre che sedeva muta di fronte al telaio, lei e la sua numerosa famiglia appartenevano alla Fraglia dei tessitori e la ragazza si aspettava un po’ di comprensione da parte della genitrice. Anche lei ha dovuto subire lo stesso trattamento, perché non mi aiuta?, sospirò lei.
“ Mariterai mastro Cappelletti, non ho null’altro da aggiungere”, sentenziò il dispotico padre.
“ Padre vi prego, è un vecchio”, sostenne disperata Elisa.
“ E’ abbastanza ricco e la sua attività di commerciante di lana fiorente. Non ti farà mancare nulla!”, vociò seccato il genitore.
La giovane implorò la madre con lo sguardo, ma la donna stremata dalle gravidanze e duro lavoro abbassò lo sguardo. Non ho scelta, i miei fratelli sono ancora piccoli. Certamente non lo può sistemare con Antonia, ha solo 8 anni, soppesò lei.
“ Aiuta tua madre con la sacca, domani ti accompagnerò nella tua nuova casa, com’è uso in attesa del fidanzamento e matrimonio”, ordinò Fabrizio il tessitore uscendo in campagna.
“ Madre…”, implorò ancora la quindicenne una volta rimaste sole.
“ Non posso sostenerti Elisa, lo sai qual’è la nostra situazione economica”, se ne uscì Alessandra moglie del tessitore.
Elisa desistette, lei voleva bene al suo vecchio babbo e non desiderava deluderlo. Inoltre in quei anni oscuri la paura della morte per fame incombeva su tutti gli artigiani che popolavano i villaggi nei pressi di Verona. L’adolescente infine si chinò sul baule di famiglia per selezionare la dote da portare con sé. Domani mi fidanzerò con un uomo che non conosco e che potrebbe essere mio padre, si rattristò lei.
“ Prendi il vestito verde e quello marrone con maniche staccabili”, spiegò lei.
“ Anche il mantello?”, sondò la ragazza.
“ Certamente, siamo o no tessitori?”, si sorprese la madre.
Elisa piegò amorevolmente i capi e li infilò nella sacca da viaggio, probabilmente avrebbe indossato gli stessi per molti anni, aspettando che si consumassero prima di trasformarli in stracci.
“ Vieni cara, la sera s’avvicina e dobbiamo cucinare qualcosa”, affermò ad un certo punto la madre osservandola con nostalgia.
“ Chi ti aiuterà ora con i bambini?”, domandò come ultima speranza la ragazzina.
Alessandra ovviamente non rispose, non erano ricchi e i genitori non potevano permettersi una nutrice, i fratellini usualmente venivano accuditi da lei. Ora Antonia avrà i miei compiti, sospirò ricordando l’orto e la capretta. Lei, la madre, Antonia e Clara preparano il pane prodotto con cereali misti, miglio, panico, sorgo, che dava al prodotto un colore marrone scuro, tagliarono un pezzo di formaggio di pecora stagionato e misero a bollire nei paiolo una vasta gamma di verdure estive per la minestra. Nel tardo meriggio la famiglia rientrò, il capo famiglia e i giovani figli maschi avevano tosato le pecore, dalle quali ricavano i velli e la loro sussistenza. Elisa respinse il piatto e notò la famiglia gettarsi sul cibo come lupi affamati.
“ Abbiamo il vello di venti pecore, ci sarà molto lavoro da fare”, affermò Fabrizio il Tessitore parlando tra una cucchiaiata e l’altra.
Elisa vide la madre impallidire, lei sapeva che oltre alla cura dell’orto, dei figli e della casa, aveva anche una serie di compiti legati alla tessitura: cardatura, pettinatura, filatura utilizzando il fuso, tessitura su telaio. Antonia e la piccola Clara la aiutavano, ma il lavoro più pesante lo eseguiva lei. Se avessimo denari alcuni lavori li potrebbero eseguire altri artigiani, rimuginò lei pensando alla stanca madre. L’eliminazione d’impurità con acqua bollente e sapone, tintura, passaggio nella gualchiera per tirare e battere i tessuti in modo tale da renderli impermeabili spettavano al padre. Ultimamente sta vendendo le stoffe semi-finite al mio promesso sposo, mi domando perché ha smesso di recarsi a Verona, rimuginò lei. Il pasto giunse al termine e la famiglia si ritirò quasi subito per la notte, tuttavia Elisa non dormì bene, troppo angosciata per l’indomani e il futuro. Mastro Cappelletti acquista i prodotti dalla mia famiglia da qualche tempo, perché desidera maritarsi ora? Non credo il motivo sia solo la vedovanza, rifletté lei triste.
All’alba il padre la svegliò e con lei i fratellini, i quali comprendendo la situazione si misero a piangere sconsolatamente. La quindicenne per molti anni li aveva accuditi come una madre e loro l’amavano.
“ Addio”, li salutò lei dimessa abbracciandoli uno per uno.
“ Addio Elisa”, dissero in coro.
La ragazza prese la sacca e s’affrettò a seguire il padre, la casa di mastro Cappelletti distava vari chilometri dal suo villaggio natale, molto vicino al centro di Verona, e i due dovevano attraversare i pericolosi boschi della valle Provininensis, piena di briganti e disperati. Al tramonto finalmente giunsero nella grande abitazione del commerciante di lana ed Elisa si stupì della ricchezza esibita dal suo futuro marito. Il padre bussò all’uscio e con sua sorpresa aprì un giovane vestito rispettabilmente.
“ Mio padre non è in casa, tornerà nei prossimi giorni. Il viaggio verso Soave si sta prolungando oltre il solito”, affermò questi.
Elisa lo squadrò, poteva avere sedici o diciassette anni e si stupì che il genitore non l’avesse portato con sé. Sapevo che data l’età doveva avere dei figli grandi, ma perché desidera una moglie se ha già degli eredi?, s’interrogò lei.
“ Lui era consapevole del vostro arrivo e mi ha lasciato qui ad accogliervi”, sospirò il ragazzo.
“ Non posso lasciare tua madre e i ragazzi soli per un tempo indefinito, i berrovieri o i briganti potrebbero attaccarli”, riassunse il padre congedandosi e lasciandola con il giovane.
“ Non ti preoccupare, all’altare ti poterà Aliberto, mio fratello maggiore. Io sono Romualdo”, si presentò malvolentieri.
Elisa lo osservò meglio, il figlio minore snello e alto per la sua età la introdusse dentro l’abitazione a due piani illuminata da alcune candele e lanterne.
“ Vieni, ti accompagno nella tua nuova camera, così potrai sistemarti”, disse lui.
Nella stanza principale adibita ai pasti era stato collocato anche un grande telaio.
“ Pensavo che mastro Cappelletti fosse un commerciante, non un tessitore”, commentò lei stupita.
“ Vuole allargare l’attività, ma Gelsomina non sa utilizzare bene quel coso”, la istruì lui.
Vuole una tessitrice esperta, da non pagare , pensò cinicamente lei, ecco perché il babbo ha deciso di non recarsi più a Verona, non possiamo competere con i suoi mezzi, s’illuminò lei.
Il ragazzo la sospinse avanti snocciolando le funzioni delle varie stanze.
“ Al piano terreno ci sono la cucina, dispensa del cibo e magazzino della lana, mentre al primo piano le camere da letto, di mio padre, dei bambini con nutrice, di mio fratello maggiore e mia. Questo spiega perché mastro Cappelletti non mi ha maritato con il figlio maggiore, tuttavia non capisco il motivo dell’esclusione di Romualdo. Il diciassettenne aprì una porta ed entrarono in una grande camera da letto. Per la prima volta Elisa vide un letto di legno con materasso e lenzuola.
“ Pensavo che solo i nobili godessero di tali oggetti”, sussurrò lei stupita da tanta ricchezza.
“ A mio padre piace il lusso”, replicò lui.
“ Potrei avere dell’acqua per lavarmi il viso e piedi? Sono in viaggio da questa mattina”, domandò lei.
Il giovane arrossì, “ le mie buone maniere sono un po’ arrugginite, te la porto subito”, affermò questi, “ inoltre domani ti farò conoscere Gelsomina, la sposa di mio fratello, Nina la nutrice e i bambini”, disse infine chiudendo la porta dietro di sé e lasciandola sola.
Elisa osservò meglio la stanza e notò un baule, dove poteva stipare le sue cose, e un’alta finestra chiusa da infissi di legno. Cupamente poggiò a terra la sacca con i suoi vestiti e li tolse uno per uno distendendoli sul letto.
“ Mio padre te ne farà avere degli altri, Gelsomina è abbigliata sempre come una nobile dama”, sostenne lui portandole un bacino pieno d’acqua.
Il ragazzo non aveva bussato entrando, tuttavia lei non ci fece caso, nella piccola abitazione dei suoi genitori Elisa dormiva nello stesso letto con fratelli e sorelle.
“ Ti lascio riposare”, si congedò definitivamente lui.
La quindicenne si tolse l’abito impolverato e lo sbatté prima di appenderlo ad un gancio, sotto questo indossava un tessuto leggero simile al cotone, si lavò mani, viso e piedi, poi stanca dalla lunga giornata s’infilò a letto.
Il canto del gallo e del rumore proveniente dall’esterno la svegliò, si alzò di malavoglia e aprì gli infissi di legno lasciando entrare la luce dell’alba.
“ Vedo che sei già alzata”, udì una nota voce esclamare.
Elisa, con i capelli sciolti e indossando solo il tessuto leggero, si voltò a fronteggiarlo.
“ La prossima volta annunciati, potevo essere nuda”, lo redarguì lei.
“ Scusami, non siamo abituati ad avere molte donne in casa”, si difese Romualdo.
“ Scendo subito”, asserì lei.
Devo farmi rispettare, altrimenti per lui, il fratello e il padre non sarò mai più di una serva, rimuginò pensierosamente mentre s’infilava il vestito del giorno precedente. In cucina diverse paia di occhi si girarono a fissarla, Elisa avanzò a disagio osservando la famiglia riunita per la colazione. La moglie di Aliberto, una bella donna di circa vent’anni abbigliata riccamente, la squadrò sprezzante. Quattro bambini piccoli, accuditi da una nutrice di mezz’età, rumoreggiavano nella stanza impedendo agli adulti di udire qualsiasi cosa. Tra un anno avrò il mio primo figlio, rabbrividì lei.
“ Se i piccoli hanno terminato di mangiare portali fuori Nina”, ordinò la madre alla nutrice.
La donna li fece alzare e li condusse all’aperto.
“ Sono Elisa la Tessitrice, la futura sposa di mastro Cappelletti”, si presentò lei.
“ Io sono Gelsomina, sposa di Aliberto Cappelletti”, sostenne l’altra donna altera.
“ Perché sei abbigliata in codesto modo?”, sondò Romualdo intromettendosi per spezzare la tensione tra loro.
“ Devo recarmi in città per fare spese, abbiamo terminato le spezie e il filo dorato per il ricamo”, cinguettò questa risolta al giovane genero.
“ Non sei andata la settimana scorsa?”, domandò lui irritato.
“ Infatti, l’ordine di spezie dall’Oriente sarà giunto in città e devo ritirarlo”, replicò lei alzandosi, “ prenderò Brunello”, infine li informò uscendo.
Rimasti soli i due giovani si guardarono, Elisa notò particolari che le erano sfuggiti alla luce fioca del precedente tramonto, il viso del giovane era pieno di lentiggini e quelle gli donavano un aspetto da simpatico monello. Elisa sorrise e le fossette delle guance si approfondirono.
“ Mangia, questa mattina abbiamo del lavoro da fare”, ordinò lui non molto gentilmente.
Quindi sono qui per produrre, non poté far a meno di pensare.
Si sedette e la letizia le si spense in viso. Proprio non gli piaccio, forse mi trova troppo umile, meditò lei mentre la cuoca la serviva. Terminato il pasto uscì nella fresca mattina, la temperatura sarebbe rimasta accettabile solo per alcune ore, verso il mezzogiorno il caldo sole estivo li avrebbe costretti a rientrare nella frescura dell’abitazione. Romualdo scorgendola le venne incontro.
“ Dobbiamo cardare, pettinare, filare, eliminare le impurità, tingere la lana prima dell’autunno”, le riassunse lui.
Elisa tremò, mio padre mi ha venduta come serva, non come sposa.
“ Quanto materiale dobbiamo trattare?”, interrogò lei seguendo il giovane nel magazzino della lana.
“ Tutto questo”, replicò lui aprendo una porta.
Elisa spalancò gli occhi stupita, “ c’è il vello di cinquanta pecore qui!”, esclamò.
“ Puoi ben dirlo”, sorrise il giovane uomo.
“ Non riusciremo mai a maneggiarlo da soli prima dell’autunno, ci servirebbero altre braccia esperte”, sostenne lei.
“ Affinché il guadagno sia consistente la trasformazione dev’essere fatta in casa”, le rispose seccamente.
“Cosa conosci delle varie fasi?”, sondò lei.
“ Non molto, usualmente seguo mio padre nella vendita”, le spiegò lui.
“ Dov’è la cardatrice?”, si arrese la quindicenne.
Il diciassettenne la fissò stupito, forse si era aspettato della resistenza da parte mia, soppesò Elisa.
“ La macchina con le punte di metallo, nella quale la massa di fibre è mescolata e divisa in uno strato uniforme”, esplicitò.
“ L’ho posizionata sotto quella quercia, ci sarà fresco per molte ore sotto la sua ombra”.
“ Prendi un po’ di vello, iniziamo”, asserì lei raddrizzando le spalle.
Lavorarono tutta la mattina, Elisa aveva eseguito quella procedura quasi tutta la vita, era veloce e sicura di sé.
“ Andiamo a mangiare qualcosa, ho una fame terribile”, sorrise il giovane notando quanto materiale era stato trattato.
Elisa si alzò, le gambe le tremarono leggermente, era rimasta troppo a lungo nelle stessa posizione.
“ Te la senti di continuare da solo? Questo pomeriggio io potrei pensare alla pettinatura”, chiese lei.
“ Non credo di avere problemi”, disse lui un pò incerto.
“ Lavorerò vicino a te”, propose lei e il giovane non protestò.
Si nutrirono con appetito, dopo un’oretta ritornarono al lavoro, sebbene la temperatura fosse molto elevata all’ombra della quercia non si stava male, se solo potessi togliermi il vestito e restare con la veste da notte, come facevo a casa, agognò lei asciugandosi la fronte dal sudore.
“ Non hai caldo con quell’abito?”, sondò il giovane che si era tolto la tunica rimanendo a torso nudo.
“ Ho solo la tunica leggera che hai visto stamattina, non sarebbe conveniente quale tua futura matrigna”, sospirò.
“ Qui non ci vede nessuno, Gelsomina resterà in città qualche giorno e mio padre sarà ancora in viaggio”, ipotizzò Romualdo.
Non posso resistere oltre, pensò lei sfilandosi la veste e poggiandola sopra un ramo. Romualdo non emise suono ed Elisa si stupì, sapeva di essere una bella ragazza e la sua indifferenza la ferì. L’abito di tessuto leggero metteva in evidenza le curve del corpo, il seno prosperoso e il sedere ben modellato. Continuarono a lavorare fianco a fianco fino al tramonto, infine stremati entrarono per cenare con i bimbi e la nutrice. Le voci dei piccoli sormontarono qualsiasi altro suono impedendo ai commensali di parlare,i due giovani portarono pazienza per un’ora, infine il giovane sbottò.
“ Nina ti prego portali a dormire”, ordinò Romualdo stancamente.
“ Certamente mio signore”, rispose la serva sparendo con i quattro monelli.
“ Domani pomeriggio potrò filare una parte del vello che pettinerò domani mattina”, commentò Elisa, “ dov’è il fuso?”, chiese.
“ Vicino al telaio”, rispose lui sbadigliando, “ immagino che dovrò continuare a cardare”, indovinò lui.
“ Quando Gelsomina tornerà dalla città ti potrà dare una mano”, ipotizzò Elisa.
Romualdo sbuffò apertamente, “non credo proprio, quella donna non sa far nulla se non ricamare”, affermò.
“ Imparerà, anche tu non avevi mai cardato prima e oggi te la sei cavata bene”, disse lei sorridendogli.
“ Lei non si abbasserà a tanto, dovrà ordinarglielo il marito o mio padre”, sostenne il giovane.
Elisa si meravigliò che una donna potesse comportarsi come desiderava in presenza di un membro maschio della famiglia.
“ Faremo noi allora”, replicò.
“ Ora sono stanco, andiamo a dormire, domani ci dovremmo svegliare presto”, suggerì il ragazzo.
Elisa accettò con gioia, il caldo estivo l’aveva disturbata quel giorno.
Il giorno successivo l’attività continuò, cardarono e pettinarono il vello di pecora insieme tutta la mattina. Nel primo pomeriggio Gelsomina ritornò e trovò Elisa intenta a filare, la aiutò, tuttavia la donna viziata dal marito si stancò presto e la lasciò per iniziare un nuovo ricamo.
“ A Verona ho acquistato del lino proveniente dalla Terra Santa, ne farò abiti e tuniche per me e Aliberto. Li ricamerò con il filo dorato, saremo molto eleganti a messa la prossima settimana”, gioì questa.
Elisa si stupì che la nuova famiglia fosse così ricca da potersi permettere del lino egizio, usualmente importato per i nobili.
“ In ogni caso dov’è Romualdo?”, infine interrogò lei.
“ Fuori a cardare e pettinare il vello”, rispose lei non smettendo di muovere le mani sul fuso.
La ventenne alzò un curato sopracciglio e la fissò interdetta.
“ Devi averlo stregato, da quando abito in questa casa non l’ho mai visto interessato a nulla”, commentò la futura parente.
“ Carda e pettina da due giorni e non è male. Potresti provarci anche tu”, ipotizzò la ragazza.
“ Cosa? Non ci penso proprio! Mi verrebbe un mal di schiena tremendo”, cinguettò lasciandola sola.
Nel tardo pomeriggio Romualdo rientrò, era stanco, sudato, anche così il giovane l’attraeva molto, tuttavia questi non stava dimostrando alcun interesse personale nei suoi confronti, il padre gli aveva affibbiato un compito e lui non aveva scelta se non eseguirlo. Io sono la sua futura matrigna, dovrei ricordarmi di questo e pentirmi dei miei pensieri peccaminosi, arrossì lei. Il diciassettenne parve non notare il suo turbamento e l’avvicinò.
“ Ho preparato alcune spanne di vello”, commentò lui asciugandosi la fronte.
“ Domani mattina ti aiuterò ancora e nel pomeriggio potrei iniziare a tessere quello che ho filato oggi”, asserì lei.
Attorcigliati sul fuso c’erano molti fili di lana, di un colore beige, tipico del vello grezzo.
“ Romualdo, vai a lavarti al pozzo, hai un odore tremendo di pecora!”, esclamò Gelsomina che era apparsa per mangiare, seguita dai suoi bimbi e dalla nutrice.
Il ragazzo sbuffò contrariato e uscì ancora. Elisa era abitata a quell’odore, i suoi genitori si lavavano raramente, dovendo eseguire la procedura nel torrente. Quando il giovane rientrò lei si recò a sua volta al pozzo e si deterse le parti scoperte. In un’ora i bambini mangiarono e la nutrice li portò a dormire.
“ Stanno diventando sempre più rumorosi e indisciplinati”, postillò Romualdo guardando Gelsomina, “ potrei insegnare a Bruno come si carda, ormai ha otto anni”, ipotizzò lui, “deve contribuire all’attività, non è figlio di un nobile signore”.
La donna spalancò gli occhi verdi e lo fissò sconvolta, come se il giovane le avesse proposto di vendere il bimbo al primo offerente.
“ Ne discuterò con tuo padre e Aliberto, per ora non se ne parla”, squittì lei alzandosi da tavola e ritirandosi per la notte.
“ Non ti aiuterà a tessere o filare e tratta i suoi figli come se fossero di regale discendenza. Dovrebbero aiutarci invece, almeno Caterina e Bruno”, suggerì lui.
“ Proverò a coinvolgere la piccola, io alla sua età già aiutavo mia madre con il telaio, lei potrebbe agevolarmi con il fuso”, sussurrò la ragazza.
Elisa sbadigliò e Romualdo si stiracchiò la schiena sulla panca.
“ Sembriamo due vecchietti”, sorrise lei.
“ Già”, bisbigliò lui.
La stanza era illuminata solo da due candele e braci del camino. La cuoca si era già ritirata per la notte e i due giovani si guardarono per la prima volta negli occhi. Se il futuro marito li avesse sorpresi a fissarsi in quel modo le conseguenze sarebbero state tremende per lei e per Romualdo.
“ Meglio andare a dormire”, disse lui alzandosi.
Mi sembra così depresso, perché il padre non lo fidanza con una bella ragazza?, s’interrogò lei per l’ennesima volta.
Trascorse una notte agitata, infine prima del canto del gallo si alzò e aprì le persiane. La nuova famiglia ancora riposava ed Elisa scese silenziosamente le scale, in cucina il fuoco era già acceso e accanto ad esso era seduto Romualdo. Rimase a fissare la sua schiena per un po’, alla fine si riscosse , palesò la sua presenza e il giovane si girò. Elisa quella mattina non aveva indossato il vestito di lana, il caldo di agosto l’aveva costretta a rimanere nella tunica leggera da notte. In ogni caso Gelsomina indossa il trasparente lino egizio, pensò lei giustificandosi. Romualdo si alzò senza una parola e continuando a guardarla la prese tra le braccia e la baciò. Elisa ricambiò con trasporto, dopo una mezz’ora udendo un rumore si staccarono, entrambi coscienti del grosso rischio che correvano, se la cuoca e la ventenne li avessero sorpresi la loro fine sarebbe stata inevitabile. Non desidero maritare il vecchio mastro Cappelletti, rimuginò lei osservando Romualdo, tuttavia non posso tradire la sua fiducia. La serva arrivò e preparò il primo pasto della giornata, ogni tanto i due si sbirciavano continuando a masticare, terminarono velocemente e uscirono nel caldo mattino estivo.
“ Quello che è accaduto prima non si dovrà ripetere, io diventerò la tua matrigna”, asserì lei con voce roca.
“ Lo so, mi comporterò meglio. Mio padre ci ucciderebbe se sospettasse”, sussurrò il ragazzo abbassando lo sguardo.
Avevano prelevato altro vello da cardare e pettinare posizionandolo sotto la quercia.
“Perché tuo padre non ti accasa?”, s’arrischiò a domandargli lei, “ sei un bel e sano giovane”.
La tentazione di baciarlo ancora sarebbe stata troppo forte se Romualdo fosse rimasto libero.
“ Per motivi economici, ci sono già tante bocce in questa casa”, disse lui meravigliandola.
“ Non mi sembrate una famiglia bisognosa. Gelsomina ha appena acquistato diverse braccia di costosissimo tessuto egizio!”, vociò lei scaldandosi.
“ Forse tra qualche anno, quando questa attività darà i suoi frutti. Così mi ha assicurato mio padre”, la guardò significativamente lui.
“ Dovremmo solo cercare di non restare soli e alzare lo sguardo l’uno sull’altro”, specificò Elisa.
Nel pomeriggio lo lasciò e rimanendo in casa si posizionò accanto al telaio. La tessitura, con i suoi movimenti ritmici, la distraeva sempre dai suoi problemi. Come può una donna non sapere utilizzarlo?, s’interrogò lei, Gelsomina è solo pigra e viziata dal marito, immaginò giustamente la ragazza. La ventenne dopo pranzo si era ritirata in camera sua a ricamare ed Elisa non la vedeva da diverse ore.
Caterina, la bimba di sei anni rientrò sudata, aveva fame ma la cuoca non c’era e in ogni caso nulla era ancora stato predisposto per la cena.
“ Cosa stai facendo?”, sondò la piccola.
“ Sto tessendo”, rispose lei educatamente.
“ Ti posso aiutare?”, chiese la piccola.
Elisa sorrise e afferrando il fuso con un po’ di vello pettinato le spiegò dettagliatamente cosa fare. La bimba si mise all’opera, dapprima Elisa la osservò per correggerla, infine notando che se la stava cavando ritornò al telaio. Per distrarla la quindicenne le raccontò una storia, a lei piaceva narrarle alle sorelle minori durante i diversi compiti. Nel tardo pomeriggio la nutrice rientrò con i bimbi più piccoli e Bruno.
“ Ho suggerito io a Caterina di aiutarvi. E’ una bimba dolce e simpatica”, sorrise nervosamente la vecchia serva.
“ Grazie, non riferirò nulla a Gelsomina”, promise la ragazza.
La cuoca li chiamò per il pasto servale e anche Romualdo e Gelsomina vennero a mangiare, come concordato lei rivolse poche volte la parola al diciassettenne. Per fortuna non venne allo scoperto l’attività pomeridiana della seconda figlia di Aliberto, la madre era troppo intenta ad esporre cosa aveva ricamato per interessarsi alle chiacchiere dei suoi figli. Quando finalmente i piccoli, la nutrice e la capricciosa genitrice furono andati a dormire, il giovane s’arrischiò a guardarla negli occhi.
“ Caterina mi ha aiutata a filare oggi pomeriggio, io così ho potuto tessere più vello. Lo vuoi vedere?”, sondò lei.
“ Ne sarei curioso”, replicò lui sorridendole.
La tessitrice gli mostrò le pezze di tessuto liscio e regolare, Romualdo le afferrò e accarezzò.
“ Morbide come la tua pelle”, sussurrò lui.
“ Romualdo ti prego”, bisbigliò lei a sua volta.
Il giovane la baciò ancora e lei non si oppose, gli occhi turchesi del ragazzo scintillarono nella penombra della stanza mentre la stringeva. Infine i due rinsavirono e si staccarono.
“ Va a dormire, io rimarrò alzata ancora un po’ a filare”, suggerì Elisa turbata.
Romualdo arrossì e abbassò lo sguardo.
“ Non volevo farti vergognare di fronte a mio padre”, sussurrò lasciandola sola.

Racconto di Giovanna Barbieri. Tutti i diritti riservati.

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