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lunedì 10 giugno 2013

LA CROCE E LA MEDAGLIA DI SAN BENEDETTO

Uno degli episodi più noti di possessione diabolica, riportato in vari libri per la documentazione storica­mente esatta che ci ha tramandato i fatti, è quello riguardante i due fratelli Burner, di Illfurt (Alsazia), che furono liberati con una serie di esorcismi nel 1869. Ebbene, un giorno, tra i tanti gravissimi dispet­ti del demonio, si sarebbe dovuta rovesciare la car­rozza che trasportava l’esorcista, accompagnato da un monsignore e da una suora. Ma il demonio non poté attuare il suo proposito perché, al momento della partenza, era stata data al cocchiere una meda­glia di San Benedetto, a scopo protettivo e il cocchie­re se l'era messa devotamente in tasca. 
(Stralcio tratto da Don Gabriele Amorth, "Un esorcista racconta" Ed. Dehoniane, Roma)

La medaglia di Benedetto ha origini che si perdono nella notte dei tempi. Nel 1742 Benedetto IV (che precedentemente ne creò il disegno) approvò la medaglia concedendo indulgenze a chi le avesse portate. Sul diritto della medaglia, San Benedetto tiene nella mano destra una croce elevata verso il cielo e nella sinistra il libro aperto della santa Regola. Sull 'altare é posto un calice dal quale esce una serpe per ricorda­re un episodio accaduto a San Benedetto: il Santo, con un segno di croce, avrebbe fran­tumato la coppa contenente il vino avvele­nato datogli da monaci attentatori. Attorno alla medaglia, sono coniate que­ste parole: "EIUS IN OBITU NOSTRO PRESENTIA MUNIAMUR" (Possiamo esse­re protetti dalla sua presenza nell'ora della nostra morte). Sul rovescio della medaglia, figura la croce di San Benedetto e le iniziali dei testi. Questi versi sono antichissimi. Essi appaio­no in un manoscritto del XIV sec. a testimo­nianza della fede nella potenza di Dio e di San Benedetto. La devozione della Medaglia o Croce di San Benedetto, divenne popolare intorno al 1050, dopo la guarigione miracolosa del giovane Brunone, figlio del conte Ugo di Eginsheim in Alsazia. Brunone, secondo alcuni, fu guarito da una grave infermita', dopo che gli fu offerta la medaglia di San Benedetto. Dopo la guarigione, divenne monaco benedettino e poi papa: é san Leone IX, morto nel 1054. Tra i propagatori bisogna annoverare anche san Vincenzo de' Paoli.  Grazie che si ottengono con la medaglia. I fedeli hanno sperimentato la sua potente efficacia mediante l'intercessione di S. Benedetto, nei seguenti casi:

  • contro i malefici e le altre opere diaboliche
  • per allontanare da qualche luogo gli uomini male intenzionati
  • per curare e sanare gli animali dalla peste oppure oppressi dal maleficio
  • per tutelare le persone dalle tentazioni, dalle illusioni e vessazioni del demonio specie quelle contro la castità
  • per ottenere la conversione di qualche peccatore, particolarmente quando si trova in pericolo di morte
  • per distruggere o rendere inefficace il veleno
  • per allontanare la pestilenza
  • per restituire la salute a quelli che soffrono di calcolosi, di dolori ai fianchi, di emorragie, di emottisi; a quanti sono morsi da animali contagiosi
  • per ottenere l’aiuto divino alle mamme in attesa onde evitare l aborto
  • per salvare dai fulmini e dalle tempeste 

SPIEGAZIONE DELLE INIZIALI

C.S.P.B.

Crux Sancti Patris Benedicti
La Croce del Santo Padre Benedetto


C.S.S.M.L.

Crux Sacra Sit Mihi Lux
La Croce Santa sia la mia luce.


N.D.S.M.D.

Non Drago Sit Mihi Dux
Non sia il demonio il mio condottiero


V.R.S.

Vade Retro, Satana!
Allontanati, Sanata!


N.S.M.V.

Numquam Suade Mihi Vana
Non mi attirare alle  vanità


S.M.Q.L.

Sunt Mala Quae Libas
Son mali le tue bevande


I.V.B.

Ipse Venena Bibas
Bevi tu stesso i tuoi veleni.

La preghiera a San Benedetto

Croce del Santo Padre Benedetto. 
Croce santa sii la mia luce e non sia mai il demonio mio capo. 
Va' indietro, Satana; 
non mi persuaderai mai  di cose vane; 
sono cattive le bevande che mi offri, bevi tu stesso il tuo veleno. 
Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. 
Amen. 


La Medaglia di San Benedetto non è magica!

Nonostante siano numerosi gli effetti attribuite all'icona, la medaglia non e un talismano porta fortuna, ma solamente uno strumento che ci consente di superare le avversità della nostra vita. Le parole scritte attorno alla croce sono le medesime pronunciate dal santo in risposta alle tentazioni del diavolo.

La Benedizione della Medaglia di San Benedetto, può essere recitata solo da un sacerdote

Io ti esorcizzo per Dio  + Padre Onnipo­tente, 
che ha fatto il cielo e la terra, 
il mare e tutto ciò che si trova in essi: 
ogni potenza del nemico, tutto l'esercito del diavolo, ogni influenza di Satana
 sia strappato e sia messo in fuga da questa medaglia, 
affinché a tutti coloro che ne faranno uso, 
procuri la salvez­za dell'anima e la salute del corpo. 
Te lo chiediamo nel nome di Dio Padre + Onnipo­tente, di Gesù Cristo +
 suo Figlio e Signore nostro e dello Spirito Santo + 
Consolatore e nell'amore del medesimo Signore nostro 
Gesù Cristo, che verrà a giudicare i vivi e i morti 
e regnerà nei secoli dei secoli. Amen.

Preghiamo O Dio Onnipotente, dispensatore di ogni bene, 
noi ti supplichiamo ardentemente, per l'intercessione del nostro Padre San Bene­detto:
 fa' scendere la tua benedizione su que­sta medaglia,
 affinché tutti coloro che la por­teranno e compiranno opere di bene, 
meriti­no di ottenere la salute dell'anima e del corpo, 
la grazia della santificazione, le indulgenze a loro concesse; 
con il soccorso della tua misericordia, possano sfuggire le insidie 
del demonio e presentarsi un giorno santi e immacolati 
davanti al tuo cospetto nella carità (Ef 1,4). 
Per Cristo nostro Signore. Amen.

 La preghiera quotidiana a San Benedetto

S. Benedetto mio caro padre, per quella dignità con la quale
 il Signore si degno di onorarti e beatificarti con una così gloriosa morte, 
ti prego di assistermi con la tua presenza nel momento della mia morte, 
beneficiandomi di tutte quelle promesse fatte alla Santa vergine Geltrude. Amen 


giovedì 9 maggio 2013

LA CROCE ORTODOSSA

La croce ortodossa, anche chiamata croce russa, è una variante della croce patriarcale. La croce russa è costituita da una linea verticale con tre barre trasversali. La barra orizzontale in alto rappresenta la targa con il titulus crucis. La linea trasversale in basso rappresenta il poggiapiedi e nella tradizione ortodossa russa è rappresentata in diagonale: di solito la parte alta è quella a sinistra rispetto all'osservatore. Nella tradizione ortodossa greca la barra bassa rimane invece orizzontale, così come in alcune antiche rappresentazioni. Le prime rappresentazioni tuttavia hanno delle caratteristiche diverse. I primissimi esempi di croci con una barra bassa diagonale possono essere individuati a Gerusalemme, Costantinopoli e nella regione dei Balcani, ma la barra è inclinata nell'altro senso. Questo suggerisce che il primissimo messaggio del poggiapiedi inclinato fu quello dell'ascesa e della salvezza attraverso la Passione piuttosto che un messaggio di condanna. Inoltre nelle prime rappresentazioni nella barra alta raramente si leggono le lettere INRI, presenti nelle croci dell'Europa dell'est degli ultimi secoli, mentre è presente la scritta "Il Re della Gloria".

Fonte: Wikipedia

mercoledì 8 maggio 2013

ETIMASIA

L'etimasìa (letteralmente dal greco "preparazione del trono") è un tema iconografico che prevede la rappresentazione di un trono vuoto con le insegne di Cristo. Il trono è quello di Cristo, che verrà occupato quando avverrà il suo ritorno sulla terra per il giudizio universale. Gli attributi del trono spesso comprendono un cuscino sul quale è posto il mantello da giudice (chiaro riferimento al giudizio divino), un libro chiuso (il Libro della Legge), la Croce e gli strumenti della Passione. È un tema tipico dei mosaici bizantini ed in Italia si può ammirare nella cupola del Battistero Neoniano di Ravenna (458 circa), nei mosaici della Cappella Palatina del Palazzo Reale di Palermo e in quelli del Duomo di Monreale. A Palermo all'interno di un medaglione è rappresentata la croce con due braccia, nella crociera la corona di spine, con accanto la lancia e la canna con la spugna, dinanzi alla quale è il trono sul quale è posto il libro con i sette sigilli sulla quale poggia la colomba dello Spirito Santo. L'etimasia del Duomo di Monreale è data sempre da un medaglione, con la croce a due braccia, la lancia e la canna, il trono posto innanzi alla croce sul quale è steso il mantello blu di Cristo (la vesta umana), sul trono poggia lo Spirito Santo (la colomba), ai piedi del trono un vasetto nel quale sono contenuti i quattro chiodi della sua crocifissione.

Fonte: Wikipedia

ICONOSTASI

L'iconostasi (dal greco eikonostasion, eidonostasis, posto delle immagini, da eikon, immagine, e histemi pongo) è una parete divisoria decorata con icone che separa la navata delle chiese di rito orientale (ortodosse e cattoliche) dal Bema (santuario) dove viene celebrata l'Eucaristia. La funzione dell'iconostasi è quella di delimitare lo spazio più sacro, detto presbiterio, a cui hanno accesso solo i religiosi (presbiteri e diaconi)e dove si celebra la messa, dallo spazio riservato ai fedeli laici che assistono alla messa. L'iconostasi, celando alla vista dei fedeli l'altare su cui il celebrante officiava il sacrificio eucaristico, aveva la funzione di preservare lo spazio sacro del "mysterium fidei" dallo sguardo dei fedeli, a imitazione del drappo che nel Tempio di Salomone nascondeva il "sancta sanctorum", il luogo dove si custodiva l'arca dell'Alleanza.
Nelle chiese paleocristiane di rito latino la separazione, nel corso dei secoli, si trasformò in una bassa barriera in marmo ("recinto presbiteriale") detta anche "balaustra", ancora visibile in molte chiese, in prossimità della quale i fedeli ricevevano la comunione. Nelle chiese di rito orientale, prevalse invece una separazione costituita da una barriera più alta in forma di transenna o portico (pergula), i cui intercolumni venivano in genere addobbati con drappi ed in seguito con raffigurazioni pittoriche, le icone, appunto, da cui il nome di iconostasi: là dove stanno le icone. Nella Chiese di rito orientale (ortodosse e cattoliche), ed in particolare nell'ambito slavo, la struttura a pergula dette vita, soprattutto a partire dall'XI secolo alla vera e propria iconostasi che fu codificata in modo ben preciso. Nell'iconostasi si trovano tre porte:
  • La porta centrale, generalmente a due ante, detta porta santa o porta reale
  • Le porte diaconali che si trovano ai lati di quella centrale

Su ogni iconostasi devono essere presenti almeno le icone di Cristo e di Maria. Ulteriori icone sono presenti e variano a seconda della chiesa. Nell'ambito della Chiesa ortodossa russa l'iconostasi prevede, in genere, cinque ordini di icone.
  • I patriarchi che affiancano l'icona della Trinità e rappresentano l'Antico Testamento
  • I profeti
  • I giorni di festa
  • Il Deisis o deesis (preghiera) costituiva il registro centrale e principale dove si trovano le icone dei santi (principalmente San Giovanni Battista e Maria) in posizione di preghiera intorno a Cristo Pantocrate.
  • Le icone locali o del tempio, poste in alto: queste icone vengono spesso cambiate a seconda della festività.
Non mancano iconostasi di dimensioni più ridotte e di disegno meno complesso nelle chiese minori.

L'iconostasi fu un elemento abbastanza comune nell'architettura dei luoghi di culto occidentali per tutto l'alto medioevo. Le strutture realizzate nell'architettura occidentale ed in particolare italiana, pur avendo la stessa funzione di separare l'area presbiteriale (o coro) dalla navata, differiscono da quelle contemporaneamente codificate nella chiesa orientale, anche perché non hanno mai la funzione di supporto per icone. Partendo dalla "pergula" delle chiese paleocristiane, si realizzano "tramezzi" in muratura rivestiti di marmi ed in alcuni casi di legno intagliato. Un'altra tipologia si presentava quando in corrispondenza il presbiterio era rialzato su di una cripta, ed in tal caso la delimitazione era costituita da aperture destinate all'accesso della cripta e da una soprastante balaustra. Spesso tali iconostasi non si sono conservate nelle modifiche, ampliamenti e trasformazioni che gli edifici hanno subito nei secoli successivi al XIV secolo ed in particolare a seguito dei precetti del concilio di Trento. In Italia troviamo esempi di iconostasi soprattutto nelle chiese paleocristiane (Lazio, Ravenna) e nelle aree di presenza o d'influenza bizantina, come Veneto e Italia meridionale.
Per esempio anche l'antica basilica di San Pietro aveva un'iconostasi, così come la Cattedrale di Salerno e la chiesa superiore di Assisi. Tra quelle conservate, si ricordano sia chiese molto importanti, sia piccole chiese, come ad esempio le chiese rupestri di Puglia e Basilicata.
  • L'Abbazia di San Pietro in Cuppis, (Gargano)
  • L'abbazia di Sant'Urbano (Marche)
  • La cattedrale di Santa Maria Assunta a Torcello
  • La chiesa ortodossa di San Giorgio dei Greci a Venezia
  • Il Tempio serbo-ortodosso della Santissima Trinità e di San Spiridione a Trieste
  • La basilica di San Nicola a Bari
  • La basilica di Santa Maria delle Grazie a Grado
  • La chiesa rupestre di Santa Barbara a Matera
  • La chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta
  • La chiesa di San Giovanni in Argentella a Palombara Sabina
  • La chiesa di San Leone a Capena (Lazio)
  • La chiesa di Sant'Atanasio dei Greci (Roma)
  • Un caso particolare, in Italia, è quello veneziano, dove vengono realizzate, ancora in epoca gotica, strutture che possiamo definire iconostasi, riccamente adorne di sculture, come nella basilica di San Marco, nella basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari e nella chiesa di San Nicolò dei Mendicoli a Venezia.

Nel XII secolo, in Francia comparve nuovamente una struttura simile all'iconostasi per aspetto e funzione, detta jubé, che separava la navata dal coro con una tribuna rialzata, una sorte di ponte praticabile, dal quale venivano lette le Scritture. Tale arredo si diffuse nel periodo gotico anche in Fiandra, in Inghilterra (dove venne chiamato rood screen) ed altre aree dell'Europa settentrionale. Furono realizzate, fino al XIV secolo, numerosissime strutture di questo tipo, estremamente decorate, in pietra ma anche il legno. Dopo il concilio di Trento esse cominciarono ad essere progressivamente smontate, fino al XIX secolo, ed oggi ne rimangono poche e soprattutto in piccole chiese della Bretagna. Tra le iconostasi di chiese di rito orientale, quelle presenti in Italia sono particolarmente significative, per il loro valore storico-artistico e per la testimonianza sull'evoluzione di questo elemento architettonico in epoca post-bizantina in rapporto con il contesto artistico e culturale occidentale. Tra esse vi sono le iconostasi delle chiese di San Giorgio a Venezia, di San Nicola a Trieste, della Santissima Annunziata e della Santissima Trinità a Livorno, di Sant'Anna ad Ancona, di Santa Maria degli Angeli a Barletta, dei Santi Pietro e Paolo a Napoli e di San Nicola a Lecce.[2] Un caso degno di nota, perché di costruzione moderna su un impianto iconografico antico e in un contesto molto lontano da quello della tradizione orientale, è l'iconostasi della cappella nella sede dell'associazione Russia cristiana, a Seriate (Bergamo).

Fonte: Wikipedia

martedì 23 aprile 2013

LA VESCICA PISCIS

La vesica piscis o mandorla è un simbolo di forma ogivale ottenuto da due cerchi dello stesso raggio, intersecantisi in modo tale che il centro di ogni cerchio si trova sulla circonferenza dell'altro. Il nome significa letteralmente vescica di pesce in latino. Conosciuto in India, nell'antica Mesopotamia, in Africa e nelle civiltà asiatiche, esso passa nel Cristianesimo come un riferimento a Cristo, come è evidente nell'ichthys. Nella successiva elaborazione dell'iconografia cristiana, la mandorla viene associata alla figura del Cristo o della Madonna in Maestà e rappresentata in molti codici miniati e sculture del Medioevo, come nell'affresco o nell'arte musiva. In tale contesto è un elemento decorativo romanico-gotico utilizzato per dare risalto alla figura sacra rappresentata al suo interno, spesso attorniata all'esterno della mandorla da altri soggetti sacri. Ha con una doppia valenza:

  • alludendo al frutto della mandorla, e al seme in generale, diventa un chiaro simbolo di Vita e quindi un naturale attributo per Colui che è "Via Verità e Vita".
  • come intersezione di due cerchi essa rappresenta la comunicazione fra due mondi, due dimensioni diverse, ovvero il piano materiale e quello spirituale, l'umano e il divino. Gesù, il Verbo divino fattosi uomo, diventa il solo Mediatore fra le due realtà, il solo pontefice fra il terrestre e il celeste, e come tale viene rappresentato all'interno dell'intersezione. A conferma di ciò, in alcune miniature del periodo Carolingio e Ottoniano i due cerchi vengono anche rappresentati attorno al Cristo, ma in verticale.
Fonte: Wikipedia

mercoledì 3 ottobre 2012

SAN CLAUDIO AL CHIENTI E LA SIMBOLOGIA DELLA GERUSALEMME CELESTE


Molte volte si legge la frase del tempio cristiano inteso simbolicamente come la "porta del cielo, ovvero la casa di Dio" ["Quanto terribile è questo luogo! Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo" (Gen. 28,17)]. La "casa di Dio" è in effetti la città divina, null’altro che la Gerusalemme Celeste, quale è descritta nell’Apocalisse di San Giovanni (Cap. 21). Essa ha forma cubica ed è cinta di mura nelle quali sono aperte dodici porte. Questa è la città che, sempre secondo san Giovanni, scenderà sulla terra alla fine dei tempi. Interessanti allusioni simboliche alla Gerusalemme Celeste si trovano in alcune chiese medievali marchigiane, realizzate a pianta centrale 1), il cui impianto architettonico rimanda, appunto, alla forma cubica. [O. Beigbeder – (Lexique de symbols) Lessico dei simboli– Milano 1988 pp.94 e ss. ]. A parere di chi scrive il più interessante esempio di questo si trova in San Claudio al Chienti, presso Corridonia (MC).  L’edificio è assai antico - risale verosimilmente all’XI° sec.- 2) e mostra una caratteristica - almeno in Italia –non molto frequente; si tratta delle due torri a pianta circolare ai lati della facciata. Come rileva Beigbeder, questo verosimilmente è un modo per alludere alle torri che, nelle antiche cinte murarie, affiancavano le porte cittadine; in questo senso, dal punto di vista del simbolismo cristiano, il richiamo era alla "porta celeste" che introducevano alla città di Dio. Per altro, è facile constatare come il simbolismo delle due torri in facciata sia stato realizzato spessissimo nelle chiese medievali dell’Europa centrale e settentrionale. Tornando a San Claudio, per quanto già accennato, è chiaro che la sua forma tendenzialmente cubica è un richiamo alla Gerusalemme celeste e su questo non vogliamo aggiungere altro. Dalla pianta quadrata dell’edificio sporgono però cinque absidi. Quest’ultima caratteristica dovrebbe essere intesa come relazione con il Corpo mistico di Cristo (che è un’altra dimensione simbolica della chiesa, appunto) e, in particolare, con le cinque ferite causate dai chiodi (e dalla lancia) sulla Croce. Infatti è attraverso il sangue sgorgato dalle Ferite del Cristo che è stata possibile la Redenzione del genere umano per il quale, appunto si è aperta la "porta del Cielo" 3) Probabilmente sarebbe interessante approfondire ulteriormente almeno qualcuno degli argomenti citati in questo breve scritto; tuttavia, anche questa volta, ragioni di brevità impediscono di inoltrarsi ulteriormente nel discorso.

1) Altre chiese di questo genere possono essere considerate San Vittore alle Chiuse (presso Genga) ed anche Santa Croce a Sassoferrato, entrambe in provincia di Ancona. Per una disamina dei contenuti architettonici degli edifici vedi: Paolo FavoleLe Marche – collana di "Italia romanica". Milano 1993.
2) Altra caratteristica rilevante della chiesa è quella di essere composta da due ambienti consacrati di pianta identica, l’uno sovrapposto all’altro.
Il portale che si nota al "secondo piano" della facciata proviene da un altro edificio medievale della zona.
3) Per altro, la salvezza universale che sta accadendo ora per il sacrificio del Cristo, si compirà alla fine dei tempi quando Cristo sarà "tutto in tutti". [I° Corinzi (15,20-26.28)].
Lo stesso simbolismo delle ferite del Cristo è di solito richiamato quando si considerano chiese con cinque cupole. Per un’estesa spiegazione del significato delle ferite del Cristo espresso nell’iconografia medievale, vedi: L. Charbonneau- Lassay, Il giardino del Cristo ferito – Roma, 1998.

Articolo di Carlo Valdameri tratto dal suo sito http://spazioinwind.libero.it/iconografia/Claudiochienti.htm

SIMBOLI IN UNA CASA A CANTIANO


Cantiano (PU) è una cittadina marchigiana, posta lungo il tragitto della romana Via Flaminia, non distante dal Passo del Furlo, ovvero il valico attraverso il quale, storicamente, si scavalcava la catena degli Appennini, scendendo poi tra le colline umbre. In una via dell’antico centro della cittadina, tra alcune case medievali, se ne nota una la cui facciata, al piano terra, dispone di ampi accessi ad arco gotico, mentre, al piano superiore, si aprono quattro finestre con archi a tutto sesto. Tra una finestra e l’altra si notano cinque piccole mensole in pietra la cui funzione originaria era probabilmente quella di sostenere un’asta in legno alla quale stendere panni stesi. Nelle mensole sono individuabili semplici simboli scolpiti, visibili con difficoltà e probabilmente in modo incompleto. Partendo da sinistra, i primi due supporti mostrano ciascuna una "rosetta a sei petali" inserita in un cerchio: la terzo porta l’immagine della luna crescente con due stelle, il quarto un’altra rosetta, mentre il quinto, all’estrema destra, è ormai troppo rovinato per potervi identificare qualsiasi segno inciso.
Le "rosette a sei petali" sono simboli "solari" assai diffusi e richiamano il tema delle "porte celesti", ovvero dei "momenti di passaggio" del sole nel suo ciclo giornaliero ed annuale (solstizi ed equinozi per l’anno; alba, mezzogiorno, tramonto, mezzanotte per il giorno).
Connesso al significato cosmologico della "porta del cielo" era poi anche quello apotropaico (ovvero nel senso di respingere il male) e nella tradizione cristiana, ad esempio, per i suddetti simboli delle "porte celesti" il riferimento più immediato è all’analogia con la forma del "chi-ro",
simbolo "solare"1) del Cristo 2); "Io sono la porta" (Gv. 10,9) dice infatti di sé il Cristo stesso. Attraverso di Lui allora , che è la Porta, passano gli eletti, non i dannati.
Tornando quindi ai piccoli simboli di Cantiano, sembrerebbe di intravedervi, oltre al citato significato apotropaico, anche l’idea di proporre un’interpretazione "mistica" delle quattro finestre alludendo ad esse quali "porte" di un ciclo cosmico; dal momento poi che vi compare l’immagine della luna con le stelle si sarebbe portati a pensare che si tratti del ciclo giornaliero e che la suddetta immagine si riferisca alla mezzanotte.
Per altro, i rimanenti simboli delle "rosette", così per come sono visibili nella casa di Cantiano (cioè a malapena ed in modo incompleto), non parrebbero da soli sufficienti ad indicare momenti quali l’alba ed il tramonto per i quali, solitamente, vengono dai utilizzati dai costruttori medievali altri simboli, pur se in associazione con quelli presenti. Quindi, sia in termini di identificazione esatta dei simboli che in termini di interpretazione, la questione parrebbe rimanere aperta. Saremo così lieti di accogliere eventuali contributi od indicazioni utili a chiarire il problema.
Scrivere a valdamer@libero.it
1) "Io sono la luce del mondo" (Gv. 12,46).
2)T. Burckhardt, Arte sacra tra Oriente ed Occidente, Rusconi, Milano, 1990, pp. 41 e ss.

Si ringrazia per questo bellissimo articolo Claudio Valdameri tratto dal suo sito 

martedì 2 ottobre 2012

IL NUMERO "6" E LA CROCE DI CRISTO: L'ESEMPIO DI SAN LORENZO IN VALLEGRASCIA PRESSO MONTEMONACO (AP)


La chiesa di San Lorenzo a Vallegrascia risulta documentata sin dal X secolo, mentre la sua attuale struttura architettonica si presenta con due navate, una di esse sicuramente medievale, l’altra aggiunta nel XVI secolo.
Il presbiterio della piccola chiesa medievale era in origine racchiuso da una recinzione composta da due grandi lastre scolpite che tuttora si conservano, sebbene rovinate. Le lastre mostrano sculture che sono state giudicate appartenenti al XI secolo 1)
L’iconografia scolpita nei due pulpiti è assai interessante e complessa:
  1. sulla lastra che attualmente è stata posizionata a sinistra dell’antica navata si trova, posta centralmente, una rosa a sei petali, inserita in un cerchio e sormontata da una croce a quattro bracci; quindi – visibile a malapena lì a fianco - la creazione di Eva dalla costola di Adamo (a sinistra della croce) ed altre sculture ora rovinate e pressoché incomprensibili.
  2. sulla lastra di destra l’insieme delle immagini è particolarmente complesso e vi compaiono animali simbolici ed episodi evangelici come la natività e la Crocifissione.
Naturalmente il discorso sull’intera iconografia dei due plutei, così ricca di spunti, sarebbe assai lungo e per questo si rimanda al lavoro di Sensi citato in nota.
Piuttosto, ci si limiterà qui a prendere in considerazione la grande immagine della Crocifissione che si trova in alto a sinistra nella balaustra di destra.
L’elemento più originale di questa iconografia è evidentemente la forma della croce che appare - o perlomeno avrebbe dovuto apparire prima del danneggiamento - a sei bracci; ciò ricorda il famoso monogramma di Cristo e, da questo punto di vista, la connessione logica con il fiore a sei petali al centro dell’altro pluteo risulta piuttosto chiara.
Considerando poi la presenza - nella lastra di sinistra - di scene riguardanti la Creazione, nonché – nella lastra di destra - l’evidenza data al corpo di Adamo defunto ai piedi della croce 2), anche la relazione con il tema del Cristo che è il Nuovo Adamo e con la Nuova Creazione avvenuta sulla croce pare espressa pressoché al di là di ogni dubbio.
Per cui, il tema del "numero sei", in questa opera ancor più che in altre, apparirebbe connesso ai sei giorni della Creazione ed anzi, in questo senso, si potrebbe considerare queste sculture come fondamentali per rendersi conto del significato che a simboli come la rosa a sei petali potevano essere attribuiti nel medioevo.
Ad evidenziare ulteriormente la ricchezza simbolica di questa iconografia è sufficiente notare come, nella Crocifissione, manchi la consueta presenza di Maria e San Giovanni mentre siano presenti Longino, con la lancia, alla destra del Crocifisso nonché Stefano – la tradizione consegna al soldato questo nome – alla sinistra del Crocifisso con la spugna imbevuta di aceto.
In alto, insieme –forse- alle immagini del sole e della luna 3), si trovano due figure acutamente identificate da Mario Sensi come "la vita" e "la morte".
Per la trattazione di questi ultimi temi e, semmai, degli altri simboli presenti nel ricco simbolismo espresso dalle lastre di Montemonaco, si rimanda, come sempre, ad eventuali futuri interventi.

Temi attinenti a quello trattato nella presente pagina si possono trovare qui: http://spazioinwind.libero.it/iconografia/iconogra/Ansovino.htm
  1. M. Sensi, Due lastre istoriate a Montemonaco firmate dai maestri scultori Guitonio e Atto (1039 – 1050 ca.), in Rivista dell’Istituto Nazionale d’Archeologia e storia dell’arte, S. III, 1983-84, pp.21-236.
  2. La leggenda vuole che il corpo di Adamo sia stato sepolto sul Calvario, ai piedi di quella che sarebbe stata poi la croce del Salvatore. Per questo, tra i molti riferimenti possibili, sarà sufficiente indicare quanto riporta Salmi, Ibidem, p. 226.
  3. Questa è l’ipotesi del Salmi, Ibidem p.228.

Articolo di Carlo Valdameri del sito http://spazioinwind.libero.it/iconografia/Paginainiz.htm

LA LUNETTA DEL PORTALE DI SANTA MARIA DELLA PIAZZA AD ANCONA



Nel centro di Ancona si trova Santa Maria della Piazza: si tratta di una bella chiesa medievale la cui facciata (XIII° sec.) mostra un’iconografia assai ricca. Il particolare sul quale ci si sofferma in questa occasione è la lunetta del portale ove compaiono cinque personaggi barbuti. Diverse sono state le interpretazioni che hanno riguardato queste figure. Ad un’attenta osservazione, in realtà, pressoché tutte le sculture sono identificabili dagli stessi attributi iconografici (barba, mano destra benedicente, mano sinistra con il rotolo), al di là del fatto che essi siano più o meno visibili a secondo della posizione delle figure. Con ogni probabilità, quindi si tratta di profeti, l’ultimo dei quali, sulla destra sembra mostrare una corona che lo identificherebbe con David. Difficile poi individuare singolarmente gli altri che, tuttavia, insieme a David, parrebbero essere autori di profezie riguardanti la "pienezza dei tempi".
Questa deduzione si basa in particolare sulla disposizione "inclinata" delle sculture che si direbbe intenda evocare sia l’idea del ciclo che quella del suo compimento; quelle sulla sinistra che danno l’idea del "sorgere", mentre quelle a destra del "calare".
Possiamo quindi intendere che in questa composizione sia presente un’allusione sia all’Incarnazione (la dedica mariana della chiesa sarebbe significativa in questo senso), sia alla futura venuta del Redentore.
Ciò dovrebbe essere coerente con lo svolgimento "ciclico" che solitamente riguarda l’iconografia dei portali, connesso al tema della "porta celeste" (1).
Nello specifico non si escluderebbe una relazione dell’iconografia della lunetta con l’idea dello scorrere del tempo quale è suggerita dall’iscrizione nell’architrave.
L’iscrizione, in latino cita:

AD MATREM CHRISTI QUE TEMPLO PRESIDET ISTI / QUI LEGIS INGREDERE. VENIAMQUE PRECANDO MERERE / CUM BIS CENTENUS CLAUSISSET TEMPORA DENUS / ANNUS MILLENUS, FLORERET I. PAPA SERENUS / IMPERIIQUE DECUS PRINCEPS OTTO SUMERET EQUUS / HEC PHILIPPE PIE DECORASTI TEMPLA MARIE (2)
(1) Il tema dello svolgimento ciclico che riguarda ogni esistenza terrena, proviene dall’antico mondo pagano. Esso fu recepito dalle espressioni dell’iconografia medievale cristiana, nelle quali tuttavia compare"inserito" nella visione "finalizzata" della Storia quale esiste nel Cristianesimo, ovvero con l’idea di un "esito" della Storia stessa.
(2) Rimane piuttosto oscuro al sottoscritto il senso preciso dell’ultimo verso: …. IMPERIIQUE DECUS PRINCEPS OTTO SUMERET EQUUS, dove il significato esatto della parola EQUUS risulta non chiaro.
Ringrazio quindi sin da ora chi sarà così gentile da fornire chiarimenti in riguardo.


Articolo di Carlo Valdameri del sito: http://spazioinwind.libero.it/iconografia/Paginainiz.htm


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