Giotto di Bondone è stato uno dei
più celebri pittori e architetti del Medioevo anche se, in realtà, conosciamo
ben poco della sua vita e della sua formazione che da sempre è stata oggetto di
discussione tra gli studiosi. Secondo molti esperti la sua data di nascita è
da collocarsi intorno al 1267 come sostiene il Puccinella verseggiatura che fece della "Cronica" di Giovanni Villani secondo
altri, invece, la sua data di nascita è collocabile nel 1276, secondo la
cronologia che ne offrì il Vasari, nella biografia
dedicata all'artista. Tuttavia la data fornita
dal Vasari è da ritenersi inattendibile
qualora si dia per certo che Giotto aveva
almeno vent’anni nel 1290, cioè nel momento in cui ha iniziato i lavori nella Basilica Superiore
di San Francescod’Assisi.Nacque a Colle di Vespignano,
attualmente Vicchio nel Mugello
da una famiglia di contadini che, come molte altre, si era trasferita a Firenze
e aveva affidato il figlio alla bottega del
pittore Cenni di Pepi, detto Cimabue,
iscritto alla corporazione dell’Arte della Lana.Fin da bambino
Giotto dimostrò una forte inclinazione per l’arte che il padre intuì osservando alcune
pecore ritratte dal figlio.Il Vasari,
invece, racconta come Giotto fosse
capace di disegnare una perfetta circonferenza senza bisogno del compasso, la
famosa "O" di Giotto. Altrettanto leggendario è l'episodio di uno scherzo fatto da Giotto a Cimabue
dipingendo su una tavola una mosca: essa era così realistica che Cimabue
tornato a lavorare sulla tavola cercasse di scacciarla. A quel punto Cimabue
gli disse che aveva superato lui medesimo e poteva aprire bottega anche da
solo. In realtà, sul fatto che
Cimabue sia stato effettivamente maestro di Giotto ci sono ben pochi indizi. Dal punto di vista artistico le opere
di Giotto segnarono un punto fondamentale per lo sviluppo dell’arte italiana ed
europea visto che lo stile
bidimensionale, tipico dell’arte bizantina, è abbandonato a favore della tridimensionalità. La prima tavola
dipinta da Giotto è la Madonna col Bambino
di San Giorgio alla
Costa
(Firenze, oggi al Museo diocesano di
Santo Stefano al Ponte).
Per altri studiosi, invece, quest’opera sarebbe successiva al cantiere di
Assisi ed anche alla Croce di Santa Maria Novella. La
novità del linguaggio iconografico
di questa tavola si può comprendere
meglio facendo un confronto con gli esempi fiorentini che lo avevano preceduto,
come il Coppo di Marcovaldo e Cimabue.L’artista,
che possiamo annoverare,tra i precursori
del Rinascimento, realizzò nel
corso della sua vita“grandi cicli pittorici”. Tra il 1288 e il 1292, per esempio,dipinse nella Basilica
superiore di Assisi gli affreschi “Storie
dell'Antico Testamento”, e le “Storie
del Nuovo Testamento”nei quali si possono notare influssi bizantini e del
maestro Cimabue. Nel 1297, Giotto realizzò gli affreschi della Cappella di San Nicola nella Basilica Inferiore con l' Annunciazione sulla
parete d'ingresso e le due scene dei Miracoli post mortem di San Francesco
e della Morte e Resurrezione del Fanciullo di Suessa, che mostrano affinità tecniche ed esecutive con la Cappella degli Scrovegni mentre si differenziano dal ciclo Francescano.
Il primo capolavoro fiorentino
è la grande Croce di Santa Maria Novella, citata in un
documento del 1312 da Ricuccio di Puccio del Mugnaio e anche dal
Ghiberti nella quale notiamo una nuova sensibilità religiosa che
restituisce al Cristo la sua dimensione terrena. Solo l'aureola ci
ricorda la sua natura divina, ma
mostra le sembianze di un uomo umile e
sofferente, con il quale l'osservatore potesse immedesimarsi.Fino al 1300 c'è un vuoto di alcuni anni
nella produzione di Giotto, secondo alcuni
critici potrebbe dipendere dal fatto che
fosse stato chiamato a Roma dal Papa in occasione del giubileo
indetto da Papa Bonifacio VIII.Dopo il 1300 dipinse il Polittico di Badia (Galleria degli Uffizi) e, in virtù
della fama diffusa in tutta l'Italia, venne chiamato a lavorare a Rimini
e Padova.L'attività riminese si attesta intorno
al 1299:a Rimini, dove rimane solo Crocifisso del Tempio Malatestiano,ebbe
inizio, infatti, la diffusione del linguaggio
giottesco che influenzò profondamente le scuole pittoriche regionali. Del
soggiorno padovano sono perduti gli affreschi della Basilica di
Sant'Antonio
e del Palazzo della
Ragione che furono però realizzati in un
secondo soggiorno. Gli affreschi superstiti della Basilica di Sant'Antonio
(Stigmate di San Francesco, Martirio di Francescani a Ceuta, Crocifissione
e Teste di Profeti) sono, per quel poco che è possibile intuire, frutto
del lavoro dei collaboratori.
Gli affreschi perduti del Palazzo della
Ragione (commissionati da Pietro d'Abano), terminati nel 1309,
sono citati in un libello del 1340,
la Visio Aegidii Regis Patavi del notaio Giovanni da Nono, che li descrive entusiasticamente, sostenendo che il soggetto astrologico del ciclo pittorico
era tratto dal Lucidator, un
testo molto diffuso nel XIV secolo che spiegava i
temperamenti umani in funzione degli influssi degli astri. Resta invece intatto
il ciclo di affreschi con “Storie di Anna e Gioacchino, di Maria”di “Gesù, Allegorie dei Vizi e delle Virtù” e “ Giudizio Universale della Cappella di Enrico
Scrovegni” dipinta tra il 1303 e il 1305.
Il ciclo è considerato un capolavoro assoluto della storia della
pittura e un metro di paragone per le opere di dubbia attribuzione.Giotto dipinse l'intera superficie con un
progetto iconografico e decorativo unitario, ispirato da un teologo agostiniano
di raffinata competenza, recentemente identificato in Alberto da Padova. Nella cappella, la pittura di Giotto
dimostrò una piena maturità espressiva. Le figure sono solide e voluminose e rese ancora più decise dalle variazioni cromatiche.Nel Museo civico di Padova
è conservata una Croce dipinta
proveniente dall'altare della Cappella
degli Scrovegni, raffinatissima per la ricchezza
decorativa dei colori smaltati oltre che per il realismo nella figura del Cristo e nell'atteggiamento sofferente di
Maria e di San Giovanni
nelle pale laterali.Tra il 1306 ed il 1311
fu di nuovo ad Assisi per eseguire gli affreschi della zona del transetto della Basilica inferiore
che comprendono: le “Storie dell'infanzia di Cristo”,
le “Allegorie francescane
sulle vele”, e la “Cappella della Maddalena”.
In realtà la mano del maestro è quasi assente a causa delle numerose
commissioni. La storia è tratta dalla Legenda aurea di Jacopo da Varazze.Le
Allegorie francescane
occupano le vele della volta del transetto: Povertà,
Castità, Obbedienza, la Gloria di San Francesco e le
scene del ciclo della Vita di Cristo sono disposte
lungo le pareti e le volte del transetto destro
Dal 1328 fino al 1333
i D’Angiò di Napoli
affidarono a Giotto l’esecuzione di alcune opere tra le quali la “Morte della Vergine” nella Chiesa di San Lorenzo, e opere ormai
perdute in Castel nuovo e a Santa Chiara. Alcuni documenti del 1334 attestano il ritorno a Firenze
questa volta in veste di architetto, al quale gli sono affidati da parte dei
dodici Probiviri di del Comune di Firenze la progettazione e la direzione di
tutte le opere architettoniche della città, tra le quali il progetto del campanile del Duomo di Santa
Maria del Fiore. Prima della morte fu incaricato dai Visconti di Milano di eseguire alcune
opere oggi perdute. L’ultima opera
fiorentina terminata dagli aiuti è la Cappella
del Podestà del Bargello, dove è presente un ciclo di affreschi, oggi in cattivo
stato di conservazione, che raffigura Storie
della Maddalena e Il Giudizio Universale.
Morì
a Firenze nel 1337.
Articolo di Roberta Fameli. Tutti i diritti riservati