Gerusalemme nel Medioevo è lontana, Gerusalemme è un miraggio. Non tanto un luogo quanto un simbolo, metafora di pietra e mattoni della fede. È la Santa, la «Perfetta», un luogo verso cui andare, un luogo per cui morire, anche un luogo da sognare. Ma in quanto metafora terrena di una realtà celeste, anche replicabile, ricostruibile per dare un segno tangibile al popolo di cosa sia la fede. Ecco allora che la pianta della città di Davide e Salomone poteva essere copiata. Per ricreare le stesse perfette geometrie. Costruzioni che, in qualche modo, riprendevano pianta e struttura degli edifici di Gerusalemme, cominciarono a essere innalzate lungo le vie dei pellegrinaggi in tutta Europa. Già a partire dal IV secolo i fedeli desideravano visitare i luoghi della Passione di Cristo ma a partire dall'VIII secolo e soprattutto durante il X, una Gerusalemme ormai conquistata dai musulmani causò un diradamento dei pellegrinaggi. Per questo motivo le costruzioni edificate a imitazione della cupola dell'Anastasis, o del Santo Sepolcro gerosolimitano, volevano essere una possibile meta di pellegrinaggio sostitutiva. È successo anche a Bologna, nell'antico complesso di strutture religiose conosciuto come la Basilica di Santo Stefano. Il complesso, la cui origine è molto antica, reinventava in chiave italiana la perfezione numerologica e mistica delle sette chiese gerosolimitane. Da lì l'appellativo «Santo Stefano detto Gerusalemme», la Sancta Hierusalem bolognese, la dicitura che si trova negli atti notarili della città, fin da quelli antecedenti l'anno Mille. La basilica è sicuramente uno dei monumenti più antichi di Bologna e uno dei primi che vennero costruiti dai cittadini all'inizio dell'era cristiana. Proprio per questo, la data di costruzione non è conosciuta e per ora solo la tradizione ha attribuito la sua fondazione a San Petronio, vescovo di Bologna tra il 431 e il 450 e patrono della città, che venne sepolto proprio all'interno di Santo Stefano. Fu proprio quest'ultimo avvenimento a creare tale tradizione, poiché nel mondo cristiano antico era abitudine che il vescovo commissionante un'importante chiesa cittadina vi trovasse poi riposo dopo la morte. Ora la Basilica da cui è passata tutta la storia della città torna ad essere visitabile in ogni sua parte dopo un lungo restauro, costato 600mila euro, che l'ha riportata a tutto il suo splendore (e ha sanato anche alcuni rabberci mal fatti e poco filologici che risalivano alla fine dell'800). Ad accompagnarci, ieri, nella riscoperta di questo gioiello cittadino, è stata una guida d'eccezione: il medievalista Franco Cardini che ha appena pubblicato Gerusalemme. Una storia (Il Mulino, pagg. 312, euro 16). Chiacchierando con l'attore Moni Ovadia, Cardini ha ripercorso la genesi di questo straordinario luogo santo. Sì, perché Santo Stefano non è una normale «copia» delle chiese di Gerusalemme come ce ne sono tante. Spiega Cardini: «Gerusalemme è stata distrutta e ricostruita varie volte. Ad esempio della Gerusalemme di Gesù non restava nulla, nel II secolo dopo Cristo i romani al suo posto avevano costruito Elia capitolina, una città affatto diversa. A ritrovare la pianta dei luoghi cristiani fu Sant'Elena, la madre dell'imperatore Costantino. Un'operazione devozionale e propagandistica del cristianesimo che ha fissato la prima mappa dei luoghi santi. Poi nel 1009 il califfo al-Hakim ha fatto distruggere tutti i luoghi sacri dei cristiani. La ricostruzione dei crociati non li ha riportati alla forma originale. Bene la cosa importante di Santo Stefano è che il corpus della basilica, il sistema di chiese collegate, è stato organizzato proprio a partire dall'XI secolo e quindi è la copia di una Gerusalemme che non abbiamo più». Una Gerusalemme con i luoghi santi, come il sepolcro di Gesù che è impossibile ricostruire archeologicamente: «Ogni scavo a Gerusalemme è faticosissimo, se si accede al livello della Gerusalemme cristiana - spiega ancora Cardini - si rischia di creare danni a molti altri strati archeologici, e quindi data questa situazione. La Gerusalemme bolognese ci dice molte cose sulle strutture medievali della vera Gerusalemme senza causa disastri». Ma non è tutto così facile, perché se Gerusalemme è una torta a strati sovrapposti, la chiesa di Santo Stefano è un puzzle di pezzi risalenti a epoche diverse. E proprio ad orientarsi per ritrovare le architetture originali servono gli ultimi restauri. Come ha spiegato l'architetto Sabrina Guazzotti che ha curato i lavori: «Ci sono stati corposi interventi nel corso dei secoli, la riproduzione del Sepolcro di Cristo che è all'interno della chiesa del Calvario nell'800 si è vista appiccicare una scala, nel tardo medioevo le hanno attaccato un pulpito. Riconoscere le epoche degli interventi non è stato semplice. Anche perché nei restauri creativi di fine '800 magari riutilizzavano materiali antichi assemblandoli in modo creativo». Insomma se uno vuole fare Indiana Jones, prima di andare con una pala a Gerusalemme, è meglio che studi Santo Stefano a Bologna. Ma mettendo assieme i pezzi nel modo giusto.
Fonte: www.ilgiornale.it