A Fauglia, in un ambiente particolarmente prestigioso di Villa Conti, sabato 2 maggio, in occasione della erezione del Priorato della Toscana della Confraternita Internazionale dell’Ordine dei Cavalieri Templari Cristiani, si è tenuto un Convegno sui Templari, avente come tema “I Templari ieri ed oggi”. Grazie alla efficiente organizzazione del Gran Priore Fr. Massimo Maria Civale di San Bernardo, notevole è stata la presenza del pubblico e soprattutto dei cavalieri templari, giunti da ogni parte d’Italia e d'Europa, in rappresentanza delle loro singole Confraternite e/o Associazioni, Ordini che ancora oggi si ispirano ai valori del glorioso Ordine cavalleresco dei Templari. Ogni rappresentante ha portato il saluto della propria Confraternita, fornendo con la propria esperienza anche un valido contributo al Convegno, tra di loro Fr. Diego Beltrutti Gran Maestro del Venerabilis Ordo Sancti, Sepulchri, Ordine dei Cavalieri Bianchi di Seborga, fr. Cav. Ufficiale e storico dei Templari Italiani Precettore O.S.M.T.H. Souza Fontes (adesso gruppo indipendente) Fr. Amerigo De Cesari, fr. Roberto Picchiani, fr. Stefano Mendori, il Cappellano Don Donatello, il Gran Maestro dei Novizi Fr. Roberto Gianfelici, il Gran Maestro D'Armi Fr. Gennaro Piccolo, il Priore della Campania e Magna Grecia Fr. Gen. Angelo Schiano di Zenise, il Priore della Valle D'Aosta Fr. Luigi Bassignana, il Commendatore di Roma Fr. Enrico Catalano, la Gran Dama Lidia Varriale, la Gran Dama Giovanna Argenio il Priore della Svizzera Alessandro Comini, il Priore del Albania AleKsander Gjurbavija e tanti altri Relatore ufficiale del Convegno è stato il Prof. Luigi Battistini che ha svolto una approfondita relazione sulla nascita della Crociata e dell’Ordine del Tempio.
In tutti gli interventi è emerso il forte desiderio che l’Ordine dei Templari torni ad essere corpo vivo di Santa Romana Chiesa e di tornare a servire il Soglio Pontificio. Nel pomeriggio, dopo la celebrazione della Santa Messa ad opera del Cappellano della Confraternita, Don Donatello, sotto il meraviglioso affresco raffigurante la Madonna dei Templari del grande maestro Ernaldo Venanzi, in un clima di forte spiritualità, il Gran Priore Massimo Maria Civale insieme al Capitolo sono stati nominati 10 nuovi cavalieri e 3 dame della Confraternita templare: (Nevio Coglianese, Giorgio Buonfiglio, Michele Donato D'Onofrio, Aleksander Gjurbavija, Ernando Venanzi, Riccardo Balduzzi, Marco Salvatore Nucera, Carmelo Nicoletti, Gabriel Goglianese , Doris Sigg., Paula Goglianese, Teresa Mauriello, Nella circostanza, i novelli cavalieri e le nuove dame templari hanno manifestato una grande gioia per la nomina ricevuta, dalla quale scaturiva un palpabile senso di fratellanza e di testimonianza dei valori templari, percepiti da tutti i presenti alla cerimonia , la manifestazione si e conclusa con la consegna da parte del Priore della Campania il Gen. Angelo Schiano Di Zenise di circa duecento abiti destinati ai bimbi poveri di alcune Casa Famiglia della provincia di Pisa.
Relazione di Luigi Battistini su alcuni dipinti associati al Graal
Nella storia dell’arte assumono una certa importanza alcuni dipinti del seicento non solo per la loro bellezza e per l’autorevolezza dei Maestri che li hanno dipinti, ma anche e soprattutto per il loro enigmatico contenuto, da alcuni studiosi ritenuto collegabile al Sacro Graal, poiché in essi appare l’iscrizione Et in Arcadia ego.
- Il primo dipinto è del Guercino e rappresenta due pastori che fissano un teschio posto su una maceria recante l'iscrizione del suddetto motto. Il dipinto é stato realizzato fra il 1618 ed il 1622 ed è ora presente a Roma nella Galleria Nazionale d'Arte Antica.
- Vi sono poi altri dipinti di Nicolas Poussin che evidenziano dei pastori ideali dell'antichità classica, raggruppati attorno ad una tomba austera. La prima versione è del 1627 e rappresentata una tomba differente rispetto a quella del secondo dipinto del 1639-1640, ma in essa è presente la stessa iscrizione. La prima versione del dipinto di Poussin (ora a Chatsworth House) fu probabilmente commissionata come una rivisitazione della versione del Guercino. Quest’opera é dipinta in uno stile barocco più avanzato rispetto all'ultima versione, caratteristico dei lavori del primo Poussin.
- La seconda versione del Maestro Poussin (più famosa) misura 121 per 185 centimetri, è conservata a Parigi nel Museo del Louvre con il nome di "Les bergers d'Arcadie" (I Pastori di Arcadia).
Gli studiosi si sono scervellati per tradurre quella enigmatica frase. Una delle possibili traduzioni di essa é quella letterale, traducibile in "anche in Arcadia io": dove Et sta per etiam (anche), poi viene sottinteso sum (sono presente) o eram (ero). Il dipinto è stato di grande influenza nella storia dell'arte, e recentemente è stato associato con la pseudostoria del Priorato di Sion, resa popolare dai libri che trattano del Santo Graal.
Gli pseudostorici, considerando alcuni aspetti della grammatica latina, hanno concluso che la frase è incompleta del verbo ed hanno speculato sul fatto che questa frase possa celare un qualche messaggio esoterico, occultando un codice, probabilmente anagrammatico. In “The Holy Blood and the Holy Grail” gli autori Baigent, Leigh, e Lincoln, ritengono che "Et in Arcadia ego" non sia una frase latina vera e propria, ma l'anagramma di Ego Tego arcana Dei, che si tradurrebbero in "Vattene! Io celo i misteri di Dio", suggerendo, peraltro con molta immaginazione, che la tomba contenga i resti di Gesù o di un'altra importante figura biblica e che Poussin fosse a conoscenza di questo segreto, mentre il dipinto rappresentava effettivamente una località realmente esistente. Altri autori ritengono invece che la suddetta frase faccia riferimento ad una località segreta dove è stato nascosto il Sacro Graal.
Le mie ricerche
Le mie conoscenze e gli studi da me compiuti in questi ultimi venti anni, mi hanno consentito di individuare un quadro, oggi conservato in un castello di Barcellona, che potrebbe davvero avere un legame con la località in cui è stato nascosto dai Templari la preziosa reliquia. Preciso che nella mia ascendenza esistevano due templari: Enrique, un dotto templare e suo fratello Fernando, più giovane nell’età e cavaliere del Tempio. Essi dimoravano in una Magione ubicata vicino a San Giacopo de Compostela. Sapevo dell’esistenza di questo quadro e chi me lo aveva descritto insisteva sulla sua importanza dovuta al fatto che al suo interno (o nel retro) celava una scritta in antico catalano, di difficile traduzione, indicante però una specifica località ove sarebbe stato nascosto il Sacro Calice o Sacro Graal.
L’ultimo tesoriere del Sacro Graal
Dai alcuni documenti, posteriori al 1135, emerge che il vero Graal sarebbe stato condotto nella chiesa del monastero di San Juan de la Peña da certi signori della Catalogna. Secondo le mie ricerche, risulta poi che i Gonzales, discendenti di questo Casato nobiliare, avevano continuato ad avere dei legami con la Santa Reliquia. In passato ero venuto a conoscenza che il monaco-cavaliere Carlos Rodriguez de Gongalez, fu l’ultimo tesoriere del Sacro Calice. Questi, figlio naturale di un grande nobile della Catalogna, era molto di più di un Maestro del Tempio perché rappresentava l’anello di congiunzione fra il mondo materiale templare e quello spirituale.
Di lui sapevo anche che:
- Fu un uomo di bassa statura, con occhi neri ed i capelli lisci di color nero;
- Fu un monaco-cavaliere templare molto esperto nell’amministrazione del suo Ordine e
particolarmente nella diplomazia e nell’amministrazione;
- Durante gli spostamenti, per ordine del Maestro Generale, portava con sé il vero Sacro Calice dentro una piccola sacca di cuoio legata alla sua cintura;
- Morì a 67 anni, murato vivo (a seguito di forti contrasti sorti all’interno dell’Ordine) in una stanza sotterranea di una località sconosciuta assieme al Sacro Calice e ad una piccola cassetta di ferro contenente i documenti attestanti l’autenticità del Sacro Calice;
- Egli, inoltre portava tre anelli:
1. nel dito medio della mano destra portava un anello di rame con una grossa pietra preziosa di colore rosso, simile ad un rubino. Questo anello aveva inciso in alto il sigillo del primo Maestro Generale dei Templari e nello stesso tempo era anche un’arma micidiale perché al suo interno aveva del veleno. Ruotando verso sinistra la pietra preziosa, dall’interno dell’anello usciva verso l’esterno una piccolissima punta di metallo a cui era attaccato del veleno mortale;
2. Nel dito anulare, portava l’anello del suo Casato, cioè un anello con inciso il serpente avente la testa rivolta verso il basso;
3. Infine portava una fede molto larga e piatta con incisioni.
Avevo anche appreso che al tempo in cui Carlos Rodriguez visse, il Casato dei Gonzales era uno dei più importanti d’Europa e sicuramente legato alla famigli dei Rex Deus.
Il colloquio con una discendente del Casato dei Gonzales
Da un colloquio avvenuto nell’anno 2000 con una discendente di Carlos Rodriguez de Gongalez, una gentile ed anziana nobildonna di Barcellona, allora abitante in Liguria, ho potuto raccogliere altre notizie su questo importante templare. Queste notizie la signora le aveva appreso da suo nonno quando era ancora una ragazzina. La signora mi confermò che questo cavaliere templare:
- Effettivamente era un uomo di bassa statura, con occhi neri ed i capelli lisci di color nero, ed in ciò, a detta della suddetta nobildonna, rispecchiava i tratti fisici dei Gonzales;
- Era nato in Galizia, una terra che a quel tempo era famosa per le arti magiche;
- Effettivamente portava anche un anello con inciso il serpente con la testa rivolta verso il basso, perché questo era simbolo del suo Casato. Nell’incontro, ella mi mostrò proprio un anello del tutto simile, fatto con una lega di oro e rame, che il fratello primogenito le aveva donato;
Poi la nobildonna, mi riferì anche che il serpente, il Calice con l’Ostia Santa avente alla base delle losanghe divise da una riga orizzontale, e le conchiglie (il richiamo è a San Giacomo di Compostela) erano e sono ancora presenti nello stemma del suo Casato, cioè dei Gonzales di Barcellona.
L’enigmatico quadro
Continuando il colloquio dissi alla signora che, secondo le mie ricerche, per conoscere la località dove i Templari avevano nascosto il vero Sacro Calice, era necessario decifrare una scritta in antico catalano presente su di un quadro conservato a Barcellona, in un luogo però a me sconosciuto. Le spiegai allora l’immagine contenuta in quel quadro nel modo in cui a me era stato tramandato:
- In primo piano era rappresentato un condottiero su di un cavallo grigio, fermo e con una zampa rialzata;
- Sullo sfondo del dipinto erano rappresentate delle montagne, della vegetazione e dell’azzurro;
- Nel quadro il cavaliere sarebbe stato dipinto con in mano un gran stendardo, nel quale si potevano scorgere delle parti colorate di giallo, ove erano stati inseriti pure degli stemmi indicanti delle località;
- La corazza del cavaliere, particolarmente elaborata, conteneva una frase in antico catalano (di difficile lettura e traduzione) legata proprio al vero Sacro Calice. Però questa scritta poteva essere stata inserita non nella corazza, ma nel retro del quadro.
Dopo avermi ascoltato attentamente, la nobildonna mi disse che conosceva tutti i più importanti personaggi della nobiltà di Barcellona e che suo zio era l’arcivescovo di Barcellona, sicché appena sarebbe tornata nella sua città avrebbe chiesto allo zio ed ai suoi nobili amici informazioni su questo quadro. Tornata a Barcellona riuscì a sapere che il quadro era conservato in un castello di Barcellona, ove si recò personalmente per chiedere al proprietario di poterlo vedere. Ma prima ancora di averne preso direttamente visione, la signora lo descrisse al proprietario nello stesso modo in cui io glielo avevo indicato. Nel sentire la descrizione fattagli, il proprietario rimase stupefatto perché la descrizione era perfettamente rispondente all’immagine dipinta sul quadro, nonostante lei non lo avesse mai visto.
Proprio in quel giorno era presente al castello un esperto che lo stava restaurando, in quanto il quadro doveva essere mandato ad una mostra a New York nel 2001. Quindi il proprietario accompagnò la gentile nobildonna vederlo, sicché ella poté verificare che il contenuto del quadro era esattamente identico a come glielo avevo descritto.
Tornata in Italia, mi contattò e mi riferì ulteriori informazioni, che al riguardo ancora non conoscevo:
- Il quadro era conservato in un castello, appartenuto a dei nobili di Barcellona che però l’avevano venduto ad un nobile di origine tedesco-inglese, del quali mi fornì anche il nome, che qui non posso rivelare per ragione di riservatezza;
- Il cavallo grigio era effettivamente fermo, con una zampa rialzata e nell’atto di partire, ma aveva il collo tirato (particolare che non conoscevo);
- Le montagne che appaiono nello sfondo corrispondono al Promontorio o collina di Montjuic, una delle zone più vecchie della città di Barcellona, in cui si fa originare il primo nucleo della città stessa;
- La vegetazione e l’azzurro rispecchiano la zona di Barcellona prospiciente il mare, nelle vicinanze di Estació de Parc de Montjuïc (Stazione del Parco Montjuïc), nota come Miramar.
- Una copia del quadro sarebbe pure conservata al Museo del Prado.
Il proprietario, dopo il colloquio con la nobildonna, decise di non mandare il quadro alla mostra di New York e di sostituirlo con un altro. Poi disse alla signora che sarebbe stato disponibile ad ospitarmi ed a darmi anche un lauto compenso pur di contattarmi e saperne di più su quel quadro, non solo perché non riusciva a comprendere come era possibile che il quadro fosse conosciuto da un templare italiano, nonostante non l’aveva mai visto, ma soprattutto perché era davvero interessato a quella scritta in antico catalano. Alla fine del nostro colloquio dissi alla nobildonna che queste conoscenze le avevo apprese da tradizioni verbali pervenutemi dai miei avi, giacché fra i miei antenati figuravano due templari spagnoli: Enrique, un dotto templare, ed il cavaliere templare Fernando, un suo fratello più giovane. Naturalmente rifiutai l’offerta del proprietario del quadro, che in seguito la gentile nobildonna gli riferì.