Fonte articolo https://storicissimo.wordpress.com/. Diritti risevati. Innocenzo III sale al soglio pontificio nel 1198 e di lì a poco indice una crociata volta alla riconquista di Gerusalemme, la Città Santa che, ormai dal 1187, era caduta nelle mani di Saladino. Dopo le prime resistenza iniziali, la nobiltà francese, imbevuta di cultura cavalleresca, accoglie la proposta e si stima così l’invio in Terra Santa di un esercito di 30 000 uomini. Per il trasporto delle truppe ci si affida alla Serenissima Repubblica di Venezia, la quale per l’occasione arma in poco più di un anno una flotta maestosa. Ma quando l’esercito raggiunge la città lagunare sorgono i primi problemi: i crociati non hanno a disposizione denaro nemmeno per pagare la metà della cifra pattuita e delle truppe che si erano stimate in precedenza, se ne presentano circa un terzo; inutile dire come la cosa fa andare su tutte le furie il doge, Enrico Dandolo, il quale aveva investito moltissime risorse per poi trovarsi con delle navi inutilizzate e dei debitori insolventi. Si cerca però la trattativa, con successo: i Veneziani non si sottrarranno al trasporto delle truppe in Terra Santa, garantendo la rateizzazione del debito ma chiedendo il comando militare sulle operazioni.
La conquista di Zara
Le intenzioni del doge però sono diverse dal mero servizio nei confronti della Crociata: infatti, dopo aver lasciato il porto lagunare nell’ottobre del 1202, l’armata ottiene facilmente la sottomissione delle città costiere che precedentemente si erano ribellate alla Repubblica di San Marco: Trieste, Muggia, Pola e raggiunge Zara tra il 10 e l’11 novembre. Di fronte a questa situazione, benché avesse proibito conflitti tra cristiani, papa Innocenzo III è impotente. Il 13 novembre i crociati iniziano le operazioni militari credendo che la città non sarebbe stata una facile preda: essa era dotata di alte e solide mura, ma di fatto non poteva resistere contro un esercito così numeroso per molto tempo. I cittadini di Zara, prevedendo il destino terribile che si affacciava, tentano invano di muovere pietà agli assedianti piantando delle croci sulla merlatura della fortificazione. Il piano di Dandolo era molto semplice: combinare le macchine di terra dei crociati con la potenza delle macchine montate sulla flotta veneziana: la città non dura a lungo e dopo cinque giorni di combattimenti gli assediati si rendono conto di non avere scampo, aprono le porte della città chiedendo in cambio soltanto di avere salva la vita. La città, vista la stagione avanzata, viene allora divisa in quartieri dove i Veneziani e i Francesi avrebbero potuto passare l’inverno; ma l’idillio non dura a lungo: le accuse reciproche di aver tenuto per sé le case più belle e lussuose fa sfociare gli attriti in uno scontro armato tra le due fazioni che impegnerà i baroni e il doge per un’intera settimana per arrivare alla pacificazione. Nel frattempo giunge a Zara una lettera di Innocenzo III nella quale, indignato per l’attacco crociato contro una città cristiana, scomunica gli autori del sacrilegio; ma, nonostante ciò, solo i baroni francesi inviano a Roma dei messi per implorare il perdono del pontefice. Mentre per i Veneziani si profila un’ulteriore occasione per fare affari: gli ambasciatori di Filippo di Svevia, con un’inaspettata proposta del principe bizantino Alessio Angelo che promette, in cambio dell’aiuto per deporre l’usurpatore al trono imperiale Alessio III, il saldo di tutti i debiti con Venezia. Era l’ennesima deviazione sul viaggio originario, che questa volta porterà alla presa di Costantinopoli.
0 commenti:
Posta un commento