Clemente V e Jacques de Molay si sarebbero incontrati nel mese di agosto e dei colloqui abbiamo due versioni totalmente contrastanti: la prima è quella dei cardinali, riportata nella pergamena di Chinon e ripresa nella bolla Faciens Misericordiam; l’altra è quella di Jacques de Molay, che risulta dai verbali del processo pontificio, quando fu veramente interrogato il 26 novembre 1309. Riteniamo che il colloquio con il maestro generale, datato 20 agosto 1308, se avvenne realmente, non si sia svolto come un normale interrogatorio processuale. In quel momento l’inchiesta pontificia è appena avviata e siamo ancora in una fase interlocutoria, nella quale Clemente tenta di ricondurre la vicenda su un binario giuridico e politico che, secondo il suo modo di vedere le cose, avrebbe permesso d’indicare una via d’uscita, salvaguardando gli interessi e i vantaggi personali di ognuno. Il pontefice spera che il carcere abbia ammorbidito il maestro e lo abbia reso piú malleabile rispetto all’atteggiamento intransigente, dimostrato in precedenza. I cardinali, consci dei desideri del papa, si suppone che abbiano prospettato la possibilità di un compromesso, utile a superare la difficile situazione. La strada da seguire è chiaramente indicata negli atti successivi di Clemente, dove gli imputati se confessano le loro colpe e chiedono perdono, sono assolti.
Forse tale strategia è stata solo accennata, ma immaginando le immediate reazioni di Molay e crediamo anche di Charney, confermate in seguito dal loro comportamento, fu subito abbandonata dai cardinali e come in ogni difficile mediazione, quando si raggiunge una situazione di stallo, gli abili negoziatori del papa avranno ammorbidito le posizioni, prendendo tempo e aggiornando il tutto a un nuovo incontro, che come è dimostrato dai documenti non avvenne mai.
Articolo di Fabio Giovanni Giannini. Medioevo n.2 Giugno 2011. Per gentile concessione
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