Com’era fatto questo archetipo? Negli stessi anni, sotto il regno di Giustiniano, furono eseguite a Costantinopoli due splendide icone su legno che formano una presenza molto particolare nel campo dell’arte antica. Una raffigura il Cristo che tiene il vangelo e benedice, l’altra rappresenta san Pietro, ma ha nella parte superiore ha tre scudi tondi (clipei) dentro i quali stanno i volti di Gesù, Maria e Giovanni l’Evangelista. Lo stile delle icone è realistico e naturalistico, e questo le distingue nettamente dall’arte bizantina di quel tempo, dove le immagini anche umane cominciano ad essere piuttosto astratte, secondo un’idea dell’arte che vuole sganciare l’immagine dalla realtà per dire che essa è messaggio eterno, senza legami fissi con lo spazio ed il tempo. Le due icone sono derivate dall’antico ritratto di epoca romana come ne esistono ancor oggi tanti, ad esempio le miniature dei defunti poste sulle mummie nella necropoli del Fayyum. E sono state fatte con la volontà di imitare un modello molto preciso, seguito alla lettera: nell’icona di Pietro i due ritratti di Maria e di Gesù si somigliano moltissimo, proprio come succede fra una madre e suo figlio; e il ritratto di Cristo nel piccolo clipeo è uguale a quello dell’altra icona più grande, ma con una differenza: nel clipeo si raffigura il Cristo della Passione, con la corona di spine e il volto insanguinato, mentre nell’icona grande sta il Cristo Pantocratore (in greco “Signore di tutto”), che lo presenta come Re dei Re. Il pittore che eseguì l’icona di Cristo non era un uomo qualunque ma un genio fuori del comune, che riuscì ad estraniarsi completamente rispetto ai canoni dell’arte del suo tempo, vistosamente diversi, per aderire a un modello molto più antico che cercò di copiare fedelmente. Opere di questo genere non sono certo all’ordine del giorno ma segnano senz’altro un evento molto importante; anche chi le ordinò non doveva essere una persona qualunque.
Articolo per gentile concessione della dott.ssa Barbara Frale. Tutti i diritti riservati.
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