La tecnica particolarissima e molto complessa con cui è stata tessuta la sindone corrisponde a queste descrizioni di “lino ritorto ad arte” o “sindone di bisso”, ma esiste il problema che tessuti di questo genere speciale erano usati nel giudaismo antico solo per fabbricare il corredo dei sacerdoti oppure le tende sacre del Velario del Tempio: erano oggetti di pregio riservati ad una casta speciale d’Israele, quella degli uomini consacrati a Dio. Sono tessuti d’eccezione, che in un certo senso possono essere paragonati ai paramenti liturgici usati dai sacerdoti cattolici durante la messa. Secondo la studiosa Maria-Luisa Rigato, si cercò e si volle usare una stoffa di quel genere per dare al Maestro di Nazareth una sepoltura simile a quella di un re, il più possibile al di fuori della norma per quanto permettesse il suo status di condannato a morte. La grande quantità di pollini trovati sulla sindone, di fiori che fioriscono fra marzo e aprile, attesta che questo cadavere venne deposto con onori assolutamente non permessi per i condannati a morte, che secondo la norma dovevano restare per dodici mesi nello spazio infamante di un sepolcreto pubblico prima che i loro resti potessero essere resi ai parenti. Organizzare per Gesù Nazareno una sepoltura regale, consentita del resto dal governatore Pilato che aveva dato il corpo ai seguaci, era una forma di rivendicazione contro i membri del Sinedrio e il clan del sommo sacerdote che l’avevano fatto crocifiggere. In effetti secondo i vangeli fra i discepoli di Gesù c’erano persone di altissimo livello sociale, che avevano sia le risorse economiche, sia il potere concreto per procurarsi un tessuto di quel tipo: Nicodemo apparteneva alla potentissima cerchia dei farisei, i colti dottori della Legge che avevano un enorme ascendente sul popolo, mentre Giuseppe di Arimatea era un aristocratico che prendeva parte alle riunioni del Sinedrio. Di recente alcuni scienziati francesi esperti di fisica ottica hanno rilevato che sul lino della sindone esistono tracce di scrittura in greco, latino e aramaico, tre lingue parlate nella Palestina del I secolo dove viveva una società multietnica, di madrelingua aramaica, che usava il greco per tutte le attività della pubblica amministrazione ed era dominata dai romani che parlavano il latino. Le scritte, confrontate con tanti esempi di papiri e altre iscrizioni di epoca romana, sembrano risalire al tempo di Tiberio (14-37 d.C.) e hanno i caratteri di un certificato prodotto per la sepoltura di un condannato a morte chiamato Gesù Nazareno.
Articolo per gentile concessione della dott.ssa Barbara Frale
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