Con l’istituzione dell’inquisizione, la stregoneria non è piú soltanto un fenomeno esecrato o temuto, ma si trasforma in un crimine. E i tribunali non esitano a far valere tutti i loro poteri – fatti anche di arbitrio e tortura –, pur di ottenere le ammissioni di colpevolezza. Ille humani generis: con questa bolla di papa Gregorio IX, promulgata nel 1233, avvenne il varo del tribunale dell’Inquisizione. Il compito di esercitare duramente la repressione fu affidato all’Ordine domenicano, fondato nel 1215 con l’intento di contrastare le dilaganti eresie nell’Europa cristiana. Con la bolla il pontefice stabilí che ogni grande città del continente dovesse avere il proprio tribunale inquisitorio, la cui competenza comprendeva anche i reati di stregoneria. Eresia e stregoneria spesso si sovrapponevano nelle elaborazioni della cultura cattolica, ma restavano comunque due categorie distinte per i giudici. In un primo periodo i tribunali si occuparono soprattutto di eretici. Nel 1257, però, la stregoneria divenne una delle priorità per gli inquisitori, come testimoniato dalla bolla Quod super nonnullis, redatta da papa Alessandro IV, che invitava a indagare piú a fondo in quella direzione. Nei primi anni di vita il tribunale mostrò un certo rispetto per l’imputato, un atteggiamento che si può evincere dal primo vademecum per gli inquisitori pubblicato nel 1320 con il titolo Practica inquisitionis haereticae pravitatis. Nel volume si stabilivano limiti precisi alla tortura per salvaguardare la dignità di chi era sospettato di intrattenere rapporti con il diavolo. Ben presto, però, i metodi per estorcere confessioni divennero piú violenti: nel 1376 un altro vademecum, il Directorium inquisitorium ammetteva la possibilità di reiterare torture all’interno di un processo, con la raccomandazione, comunque, di non spargere sangue. L’uscita del volume De planctu ecclesiae, commissionato da papa Giovanni XXII, comportò un inasprimento dei giudizi contro le presunte streghe: il testo, fortemente misogino, lanciava accuse in genere alle donne ritenute esseri perversi che attiravano l’uomo negli abissi della sensualità e che lanciavano malefici. Ma è a partire dal Quattrocento che la persecuzione assunse la massima ferocia, almeno limitatamente al periodo del Medioevo. L’inasprimento dei metodi di indagine e di giudizio si manifestò in corrispondenza con l’uscita del trattato demonologico Malleus maleficarum (1487). Gli autori, due domenicani tedeschi, intesero riordinare la normativa sui processi per stregoneria. Le loro tesi non si discostarono di molto dal precedente Directorium inquisitorium, ma furono portate alle estreme conseguenze.
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