Più difficile e sfumata è la realtà degli insediamenti fortificati d'età islamica. La ricchissima toponomastica di etimo arabo relativa a numerosi siti forti non può essere assunta a testimonianza di un incastellamento di periodo islamico. Infatti, la lingua araba rimase ancora per molto tempo in uso anche sotto i normanni. Essi, è facile ipotizzare che non abbiano smantellato la rete difensiva delle fortezze bizantine, infatti, le più munite piazzeforti siciliane, che i normanni dovranno espugnare nella seconda metà dell'XI secolo durante la guerra di conquista, saranno le stesse città e kastra del thema bizantino. L'insediamento munito siciliano del X secolo sembrerebbe presentare caratteristiche non dissimili da quello spagnolo dell'Andalus: le comunità contadine, dislocate prevalentemente in insediamenti di tipo aperto (alqerìas), in caso di pericolo avrebbero potuto usufruire per la propria difesa e per quella dei raccolti dei siti/rifugio (hisn/husun) con gradi diversi di fortificazione. Il castello islamico, quindi, avrebbe una destinazione diversa dal castello normanno in quanto non è sede di una guarnigione né di una residenza signorile, bensì rifugio per gli abitanti del contado. Uno degli episodi che sembra abbia avuto grande influenza sull'incastellamento islamico in Sicilia è il molto discusso rescritto del califfo fatimide Al Mu'izz del 966-967. Egli comandò ai suoi ufficiali siciliani di “edificare in ciascun distretto una città fortificata con una moschea delle adunanze ed un minbar e di obbligare la popolazione di ogni distretto a soggiornare nella città non permettendo che vivessero sparpagliati nelle campagne”, pertanto l'emiro siciliano Ahmad “si affrettò ad eseguire così fatte disposizioni” inviando “per tutta l’isola degli shuyukh che vegliassero a far popolare e munire [le città di provincia]” (An Nawayri). Quest'ordine che trovava la sua giustificazione militare nell'allarme suscitato dallo sbarco del 962 ad opera dei Bizantini e dalla sollevazione della Val Demone (Sicilia nord-orientale), di fatto avrebbe eliminato l'abitato sparso (il casale) a vantaggio degli abitati difesi ed eminenti, unici poli d'insediamento all'interno di vaste aree rurali pressoché deserte. Il problema per gli storici e gli archeologi è di capire fino a che punto ed in qual misura questo rescritto sia stato attuato, dal momento che a tutt'oggi le fonti archeologiche sui castelli e sui casali d'età islamica sono piuttosto scarse e che l'esistenza dei casali nella Sicilia musulmana sarebbe attestata dalle fonti scritte. L'unica testimonianza archeologica di una fortezza musulmana sarebbe stata individuata nella prima fase del castello di Calatubo nel territorio di Alcamo, dove l'arch. R. Di Liberto ha curato un recente studio sulle murature superstiti. La studiosa avrebbe, infatti, individuato più fasi costruttive all'interno della struttura munita, la più antica delle quali apparterrebbe ad un hisn del XI secolo. Per il resto abbiamo scarse notizie e non verificate archeologicamente ipotesi d'impianti di fortezze in età islamica. Concludendo, il quadro emergente dai pochi studi in corso e dalle analisi storiche sulle fonti e sui toponimi ci porta ad enucleare alcune considerazioni di carattere generale sull'organizzazione territoriale in età islamica. Emerge in primo luogo una forte continuità col passato bizantino e tardo romano col prevalere delle città portuali soprattutto nella Sicilia occidentale. Queste conoscono durante la dominazione islamica un grande sviluppo economico che investe in primo luogo la capitale Palermo. Per quanto riguarda l'abitato rurale sono attestati sia dalle fonti scritte che dalla toponomastica numerosi costelli che mostrano una grande varietà e diversità planimetrica dovuta essenzialmente alle caratteristiche geomorfologiche dei luoghi. Infatti, non mancano come nel periodo precedente fortezze sorte in aree naturalmente protette. Al tempo stesso, un'abbondante documentazione, anche di natura toponomastica, ci presenta un paesaggio rurale caratterizzato dall'abitato aperto del casale (in arabo rahal e manzil) tipico poi dell'età normanna. In tal senso è stata avanzata l'ipotesi ancora da verificare, che la rete dei casali musulmani e quindi normanni ricalchi almeno in parte quella tardo romana e bizantina pretematica. Secondo H. Bresc, anche per la Sicilia islamica si potrebbe usare il modello insediativo andaluso, la cui base è rappresentata da distretti (aqailm), spesso corrispondenti a realtà geomorfologiche ben definite con autonomi organi amministrativi, giuridici e religiosi. Ciascuno degli aqalim è ripartito in piccole e medie unità abitative (i casali), la cui popolazione è costituita da contadini liberi, proprietari della terra che pagano un tributo. Ognuno di questi distretti aveva un capoluogo, sede di una delegazione del potere.
Fonte: Wikipedia
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