Naturalmente non siamo un blog che evita discussioni: anzi...ci piace alimentarle in maniera intelligente. Pertanto si è deciso di inserire come "voce fuori dal coro", questo bell'articolo tratto dall'UAAR (Unione Atei Agnostici Razionalisti) che offrono una visione letteralmente opposta all'articolo
http://sguardosulmedioevo.blogspot.com/2012/01/limmagine-della-sindone-non-e.html
Di seguito riportiamo l'articolo per intero
Continua a fare notizia la pubblicazione di un rapporto tecnico dell ENEA che escluderebbe la possibilità che la Sindone di Torino sia opera di un falsario medievale. E’ stata ottenuta una colorazione superficiale delle fibrille del lino (le sottili fibre che costituiscono i fili) molto simile a quella della Sindone tramite un laser che genera radiazioni ultraviolette, modulando l’intensità e la frequenza degli impulsi emessi. Non si dice esplicitamente che la Sindone non può essere un falso (anche se l’ipotesi del falso è qualificata come «non ragionevole») né tantomeno è stata riprodotta l’immagine. Si tratta di prove eseguite su frammenti di tela di lino di pochi centimetri di lato. D’altra parte, affermare che l’ipotesi di un falso è irragionevole, e anche che solo con un laser si ottiene una perfetta imitazione delle caratteristiche dell’immagine della sindone, implica evidentemente che radiazioni simili siano state emanate dal corpo di Cristo, fornendo una spiegazione “miracolistica” come unica possibile, e iniziando a studiare – letteralmente – la “fisica della Resurrezione”. Un esame critico di questo rapporto deve considerare alcuni punti. Intanto, si tratta di un rapporto tecnico dell’ENEA, non di un articolo scientifico in senso stretto; in più, esso afferma espressamente che «I contenuti tecnico-scientifici dei rapporti tecnici dell’ENEA rispecchiano l’opinione degli autori e non necessariamente quella dell’Agenzia». Inoltre, gli Autori si limitano a studiare le caratteristiche delle fibre di lino ingiallite che formano l’immagine sulla Sindone; non si fa cenno del fatto che fibre simili si trovino anche al di fuori dell’immagine, o del fatto che sono state trovate nella zona dell’immagine microtracce di ocra. Gli autori affermano che «i ricercatori STURP [il team di scienziati che nel 1978 esaminò accuratamente la Sindone], conclusero che l’immagine corporea non è (…) ottenuta tramite riscaldamento», forse riferendosi ai risultati negativi ottenuti con un laser a infrarossi che bruciacchiava le fibre in modo molto evidente. In realtà secondo lo STURP l’ingiallimento potrebbe essere dovuto a degradazione e ossidazione della cellulosa del lino, a sua volta indotta da cause termiche o chimiche. Negli anni Ottanta Vittorio Pesce Delfino, dell’Università di Bari, produsse immagini simil-sindoniche col metodo della strinatura, utilizzando un bassorilievo metallico riscaldato, posto a contatto di un telo di lino per un tempo opportuno. Tuttavia, le caratteristiche di fibre sottoposte a questo tipo di degradazione termica non sono nominate nel rapporto in esame. Più recentemente, confezionando quella ormai nota come “Seconda Sindone”, ho sperimentato l’ipotesi della degradazione chimica, strofinando un telo di lino con un pigmento contenente tracce di acidi, invecchiando artificialmente tramite riscaldamento la figura ottenuta, per poi eliminare il pigmento con un lavaggio finale. Nemmeno le caratteristiche di fibre sottoposte a degradazione chimica sono esaminate nel rapporto dell’ENEA. Infine, i risultati della colorazione del lino con laser sono stati valutati principalmente ad occhio nudo, basandosi sulla colorazione dei fili dopo il trattamento, fino ad ottenere la “giusta” tonalità. Ma soprattutto, gli Autori affermano: «Abbiamo analizzato al microscopio un migliaio di fibrille su un totale di circa mezzo milione di fibrille irraggiate. Tra queste, ne abbiamo trovata una che mostra la parte interna (medulla) incolore, e in questo caso la colorazione potrebbe interessare solo la pellicola più esterna della stessa fibra, la parete primaria cellulare, che ha uno spessore di circa 200 nm. Questo risultato si avvicina allo spessore di colorazione dell’immagine sindonica». Una sola fibra con le caratteristiche desiderate, su migliaia o centinaia di migliaia, la cui colorazione potrebbe interessare solo la pellicola più esterna della fibra, non sembra certo un risultato tale da meritare tanto clamore. Christopher Ramsey, dell’Università di Oxford, che eseguì la radiodatazione della Sindone nel 1988 collocandone la nascita tra il 1260 e il 1390, afferma: «Il fatto di avere ottenuto risultati simili con un laser ultravioletto, non significa che questo sia il solo modo nel quale [un manufatto] potrebbe essere stato fatto in origine.» Va peraltro ricordato – tra le molte obiezioni all’autenticità – che storicamente la Sindone di Torino apparve in Francia verso il 1355 e non ve ne sono tracce precedenti; che la Chiesa stessa la considerò da subito e per vari secoli un falso (esiste un rapporto dell’allora vescovo di Troyes a papa Clemente VII nel quale si dice addirittura che era stato ritrovato l’artista che l’aveva creata); che le vere sindoni palestinesi del I secolo sono ben diverse per tipo di tessuto, tessitura, torcitura dei fili e modo di essere disposte attorno al corpo; che nella Sindone di Torino mancano le deformazioni dell’immagine inevitabili in un telo posto a contatto di un corpo; e che l’esame al radiocarbonio, condotto nel 1988 dai tre migliori laboratori a livello mondiale, sotto il controllo del British Museum, la datò appunto a metà del Trecento. E’ interessante notare, tornando alla mia riproduzione, che le caratteristiche fino a poco prima considerate inspiegabili o irriproducibili (la pseudo-negatività dell’immagine, le informazioni tridimensionali contenute, l’assenza di pigmento applicato, la superficialità dell’imbrunimento delle fibre, la non fluorescenza all’UV) tutte presenti nella Seconda Sindone, sono state quasi ignorate dagli autenticisti, o considerate “non abbastanza simili” all’originale. Si richiede ora l’identità perfetta, dimenticando che è sostanzialmente impossibile riprodurre un oggetto antico tramite un invecchiamento artificiale, ottenendo le stesse identiche proprietà a livello microscopico. Oppure, sono stati criticati i toni poco sfumati dell’immagine, dal sottoscritto già ammessi. O ancora, aspetti da me non presi in esame, quali la presenza del sangue. Più in generale, la Chiesa mantiene un atteggiamento di stretta neutralità circa il problema dell’autenticità della Sindone, che però è solo formale; nel senso che sostiene e riporta solo i pareri degli “autenticisti”. E non è difficile, nello sterminato numero di cattolici, trovarne anche tra gli scienziati. Sarebbe comunque ora possibile ripetere l’esame di radiodatazione col C14 usando i frammenti semicarbonizzati, prelevati dalla pulizia delle bruciature durante il restauro del 2002. Si avrebbero molti campioni rappresentativi dell’intero telo, e non solo dell’angolino usato nel 1988, da fare esaminare in modo rigoroso da laboratori neutrali. (Si accettano scommesse: la Sindone risulterà ancora medievale). Ma forse, dopo il verdetto del 1988 che condanna la Sindone come manufatto del 1300, la Chiesa è molto piu’ cauta di prima, preferendo affidarsi alla scienza compiacente e ad esperimenti inconcludenti, oppure recuperare reliquie come la cintura della Madonna o la Sacra Spina di Andria, e la scenografia di riti che tanto affascinano gli animi semplici.
Tratto da: http://www.uaar.it
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