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La Grande Storia dei Cavalieri Templari

Creati per difendere la Terrasanta a seguito della Prima Crociata i Cavalieri Templari destano ancora molto interesse: scopriamo insieme chi erano e come vivevano i Cavalieri del Tempio

La Grande Leggenda dei Cavalieri della Tavola Rotonda

I personaggi e i fatti più importanti del ciclo arturiano e della Tavola Rotonda

Le Leggende Medioevali

Personaggi, luoghi e fatti che hanno contribuito a conferire al Medioevo un alone di mistero che lo rende ancora più affascinante ed amato. Dal Ponte del Diavolo ai Cavalieri della Tavola Rotonda passando per Durlindana, la leggendaria spada di Orlando e i misteriosi draghi...

domenica 25 settembre 2011

I CARMINA BURANA

I Carmina Burana sono testi poetici contenuti in un importante manoscritto del XIII secolo, il Codex Latinus Monacensis o Codex Buranus, proveniente dal convento di Benediktbeuern (l'antica Bura Sancti Benedicti fondata attorno al 740 da San Bonifacio nei pressi di Bad Tölz in Baviera) e attualmente custodito nella Biblioteca Nazionale di Monaco di Baviera.Il termine Carmina Burana è stato introdotto dallo studioso Johann Andreas Schmeller nel 1847 in occasione della prima pubblicazione del manoscritto. Tale codice comprende 315 componimenti poetici su 112 fogli di pergamena decorati con 8 miniature. Sembra che tutte le liriche dovessero essere destinate al canto, ma gli amanuensi autori di questo manoscritto non riportarono la musica di tutti i carmi, cosicché possiamo ricostruire l'andamento melodico solo di 47 di essi. Il codice è suddiviso in



  • Carmina moralia (CB:1-55), argomento satirico e morale;
  • Carmina veris et amoris (CB:56-186), argomento amoroso;
  • Carmina lusorum et potatorum (CB:187-228), canti bacchici e conviviali;
  • Carmina divina, argomento moralistico sacrale (CB: 227 e 228) (questa parte fu probabilmente aggiunta all'inizio del secolo XIV).

I testi (tutti in latino eccetto 47, scritti in alto tedesco) hanno argomento evidentemente molto diverso tra loro, e dimostrano la poliedricità della produzione goliardica. Se da un lato troviamo i ben noti inni bacchici, le canzoni d'amore ad alto contenuto erotico e le parodie blasfeme della liturgia, dall'altro emergono un moralistico rifiuto della ricchezza e la sferzante condanna della curia romana, nella quale molti membri erano sempre e solo dediti alla ricerca del potere. Queste parole dimostrano chiaramente come gli autori di questi versi (i cosiddetti clerici vagantes) non fossero unicamente dediti al vizio, ma che si inserissero anche loro in quella corrente contraria alla mondanizzazione degli uomini di Chiesa. Tuttavia non sono contro la Chiesa come istituzione divina, anzi, il concetto è dato per scontato in ogni canto. Nessun canto attacca la Chiesa cattolica ma solo i suoi membri corrotti. D'altra parte la varietà di contenuti di questo manoscritto è anche indiscutibilmente ascrivibile al fatto che i vari carmina hanno autori differenti, ognuno con un proprio carattere, proprie inclinazioni e probabilmente propria ideologia, non trattandosi di un "movimento letterario" compatto ed omogeneo nel senso moderno del termine. I testi originali sono inframmezzati da notazioni morali e didattiche, come si usava nel primo Medioevo, e la varietà degli argomenti (specialmente religioso e amoroso ma anche profano e licenzioso) e delle lingue adottate, riassume le vicende degli autori, i clerici vagantes altrimenti detti goliardi (dal nome del mitico vescovo Golia) che usavano spostarsi tra le varie nascenti università europee, assimilandone lo spirito più concreto e terreno. Molti dei canti dei Carmina Burana sono scritti in "campo aperto", ovvero con neumi senza pentagramma, per cui se la melodia è riconducibile al canto gregoriano il problema è quello armonico e ritmico, in quanto manca qualunque indicazione. Per quanto un'interpretazione certa ed oggettiva sia oggi molto difficile e varie soluzioni possano essere valide, tra i pochi tentativi di una corretta interpretazione filologico-musicale si possono citare lo studio e le incisioni realizzate dal Clemencic Consort, da I Madrigalisti di Genova e dallo Studio der Frühen Musik - Early Music Quartet di Thomas Binkley registrato nel 1964 (Teldec).

Si vedano i testi originali di Carl Orff: http://it.wikisource.org/wiki/la:Carmina_Burana



Fonte: Wikipedia


LA LETTERA DI CAMBIO: UNA INVENZIONE TEMPLARE

Quello della lettera di cambio fu un metodo che permise di far accumulare all'Ordine dei Templari ingenti ricchezze data anche la comodità del servizio offerto. Quando ci si addentrava in viaggi lunghi come i pellegrinaggi, era facile imbattersi in manipoli di briganti che derubavano i poveri malcapitati. Per ovviare a questo, i Templari inventarono il "buono di deposito": prima di partire, un pellegrino consegnava ai Templari una somma, il Tesoriere gli consegnava una lettera sulla quale vi era scritto esattamente l'importo depositato. Questa lettera, che era scritta a mano ed autenticata con un sigillo, fu chiamata "lettera di cambio. In questo modo il pellegrino poteva viaggiare senza soldi addosso e quindi in sicurezza. Arrivato a destinazione, si recava dai Templari del posto con la lettera e in questo modo riceveva indietro tutti i suoi soldi in moneta locale. Naturalmente per il servizio offerto vi era una sovratassa che contribuì ad alimentare le ricchezze dell'Ordine. 


venerdì 23 settembre 2011

SILVESTRO I: IL PAPA CHE CONSACRO' COSTANTINO

Silvestro I (... – Roma, 31 dicembre 335) fu il trentatreesimo Papa: succedette a Milziade nel 314 e regnò fino alla morte. Silvestro, la cui data di nascita è ignota, secondo il Liber pontificalis, era figlio di un certo Rufino, romano, mentre, secondo il leggendario Vita beati Sylvestri, o Actus Silvestri, di una certa Giusta. Dopo la morte di papa Milziade, Silvestro fu consacrato vescovo di Roma e quindi Papa; occupò tale posizione per ventun'anni, nell'epoca di passaggio tra le ultime persecuzioni e l'era di pace inaugurata da Costantino, l'era in cui la posizione pubblica della Chiesa affrontò un cambiamento epocale: il passaggio dalla Roma pagana alla Roma cristiana. Il papa, comunque, prese parte ai negoziati sull'Arianesimo e sul Concilio di Nicea (325). L'espressione omooúsion fu, probabilmente, concordata tra lui e Costantino prima del concilio. Il pontefice inviò i suoi legati al primo concilio ecumenico, ma ancora non è certo se Costantino avesse concordato in anticipo con Silvestro la convocazione del concilio, né se, oltre alle firme dei suoi legati in calce ai documenti conciliari, ci fosse una espressa conferma papale alle deliberazioni. Silvestro promosse anche la costruzione delle grandi basiliche costantiniane di Roma.

LIBER PONTIFICALIS

Dal IV secolo in poi i compilatori sembrano muoversi su basi più sicure, anche se sono ancora presenti ovvie discrepanze ed errori. L'esame testuale suggerisce che ci furono due versioni iniziali, precedenti al sacco di Roma del 546, dopo il quale il Liber Pontificalis restò intoccato. A partire dall'inizio del VII secolo (all'incirca all'epoca del pontificato di Onorio I) le voci sono contemporanee, aggiunte poco dopo la morte di ogni papa, e anche se riflettono gli orientamenti dell'autore, sono quantomeno ragionevolmente accurate. Poiché il Liber Pontificalis venne redatto da ufficiali inferiori della corte papale, sono state setacciate le fonti degli autori alla ricerca di segni di pregiudizio, soppressione e falsificazione. Ne sono state trovate, senza però che il materiale sia stato invalidato come fonte storica per la biografia dei pontefici.

IL BESTIARIO

Nel medioevo erano una categoria di libri che raccoglievano brevi descrizioni di animali (reali ed immaginari) accompagnate da spiegazioni dotati di morale e ricchi riferimenti tratti dalle Sacre Scritture. Altre raccolte, sono riscontrabili i lapidari (che raccoglievano le proprietà delle rocce e dei minerali) e gli erbari (spesso di carattere medico, descrivevano le virtù delle piante).  L'origine è da ricercarsi nell'opera greca "Physiologus" (il fisiologo, lo studioso della natura) che proponeva l'interpretazione degli animali e delle loro caratteristiche in chiave simbolica e religiosa (quindi, il leone, re degli animali, è associato a Cristo). Il testo fu tradotto anche in latino e nel corso della storia si è arricchito di dettagli ed immagini sviluppandosi nei bestiari veri e propri. Altre fonti sono invece da ricercare in autori latini tra cui Plinio il vecchio, Solino, Sant' Ambrogio. Benché normalmente incluse nel testo dei bestiari le sezioni sugli uccelli possono, in qualche caso, essere estrapolate e conservate in manoscritti i cui testi sono detti aviarii. I bestiari si diffusero soprattutto tra Francia e Inghilterra nel XIII-XIV secolo anche se non mancano testimonianze posteriori tuttavia molto inferiori dal punto di vista della realizzazione artistica.

HABEMUS PAPAM

Per "Habemus Papam" (abbiamo il papa) si intende l'annuncio che il cardinale protodiacono, il primo dei cardinali dell'ordine dei diaconi, dà al popolo quando viene eletto il nuovo pontefice, subito dopo aver accettato e subito dopo essersi vestito nella "Sala del Pianto". L'annuncio viene pronunciato dalla loggia centrale della Basilica di San Pietro in Vaticano. All'annuncio segue la presentazione del nuovo papa.

« Annuntio vobis gaudium magnum:
Habemus Papam!
Eminentissimum ac reverendissimum Dominum
Dominum (nome dell'eletto in accusativo latino),
Sanctæ Romanæ Ecclesiæ Cardinalem (cognome dell'eletto non tradotto in latino),
Qui sibi nomen imposuit (nome pontificale in genitivo latino, seguito dall'aggettivo numerale ordinale

Che tradotto in italiano suona: 

GIUSEPPE SERGI: "L'IDEA DI MEDIOEVO"

L'idea di Medioevo. Fra storia e senso comune è un libro di Giuseppe Sergi nato come saggio introduttivo del Manuale (Donzelli) di Storia medievale nel 1998 e pubblicato singolarmente (con alcune revisioni e una nuova introduzione) nel 2005. Il libro, tradotto anche in francese e in spagnolo, tratta, come si può intuire dal titolo, la differenza tra l'idea di Medioevo presente nell'immaginario collettivo e la realtà storica dei dieci secoli medievali. L'autore infatti sottolinea fortemente che il concetto di Medioevo a noi giunto è in gran parte errato. Questo a causa di una deformazione prospettica attuata dagli storici del XV e XVI secolo, i quali hanno esteso la realtà storica appartenuta ai vicini secoli XII e XIII, periodo di crisi generale, all'intero periodo medievale.

GERBERTO D'AURILLAC: SILVESTRO II, IL PAPA MAGO

Silvestro II, nato Gerberto di Aurillac (Aurillac, ca. 950 – Roma, 12 maggio 1003), fu il 139º papa della Chiesa cattolica dal 999 alla morte, primo papa francese. Prolifico studioso del X secolo, fu lui a introdurre le conoscenze arabe di aritmetica e astronomia in Europa. La sapienza accumulata nella sua vita, lo portò ad essere al centro di molte leggende anche inquietanti che lo ponevano in relazione con la magia e il Diavolo. Si dice che costruì una testa di bronzo in grado di rispondere alle sue domande. Una leggenda ritiene che Gerberto avesse stipulato un patto con Meridiana, un demone donna che apparve dopo che fu rifiutata dal suo amore e con l'aiuto del quale sarebbe salito sulla Cattedra di Pietro. Meridiana disse al futuro papa che se avesse celebrato una messa a Gerusalemme, sarebbe andata a prenderlo: Gerberto cancellò la visita a Gerusalemme ma celebrò messa a Santa Croce in Gerusalemme in Roma (a pochi metri da San Giovanni in Laterano) e vide all'improvviso la donna demone. Gerberto si sentì male, e poco prima di morire chiese al collegio cardinalizio di tagliare il suo corpo per dipenderlo in varie zone di Roma.

L'INCORONAZIONE DI CARLO MAGNO

Il 25 dicembre dell'Anno Domini 800, a San Pietro fu incoronato da Leone III Carlo Magno quale imperatore. Egli fu il primo imperatore dopo quel Romolo Augustolo che fu sconfitto da Odoacre nel 476 segnando la fine dell'Impero Romano d'Occidente. Una delle fonti che citano l'incoronazione, Vita Karoli, afferma che inizialmente Carlo era contrario ad assumere il titolo di imperatore per non entrare in contrasto con l'Imperatore di Oriente che dopo il 476 ottenne i vessilli imperiali. Si dice che Carlo contrario alla cerimonia anche se il Liber Pontificalis nello descrivere la cerimonia evidenzia momenti di festa e cordialità tra i rappresentanti dei due poteri. Solo a seguito dell'ira di Costantinopoli che giudicava inaccettabile l'incoronazione, Carlo fece trapelare la sensazione di una sua irritazione per aver ricevuto la corona direttamente dalle mani del papa. Secondo Eginardo, biografo di Carlo, il papa si prostrò dinanzi all'imperatore vestito di tutto punto; altri invece affermano che prima di apporre la corona sul capo, il papa fece spogliare Carlo per ungerlo con l'olio santo su tutto il corpo. Successivamente fu acclamato al popolo scatenando l'ira franca.

giovedì 22 settembre 2011

IL CONCORDATO DI WORMS

Il concordato di Worms o Pactum Calixtinus fu stipulato il 23 settembre del 1122 a Worms tra Enrico V e Papa Callisto II. Il concordato sancì la regola in materie di investiture del clero mettendo un punto alla "lotta per le investiture" che fu iniziata da Gregorio VII ed Enrico IV. L'imperatore rinuncia all'investitura dei vescovi dell'anello e del bastone pastorale riconoscendo tale obbligo solo al Papa che a sua volta riconosceva all'imperatore il diritto di essere presente alle elezioni episcopali e di investire feudali e, sempre in Germania, l'investitura feudale precedeva l'investitura episcopale. A seguito del patto fu convocato il Concilio Lateranense I che divenne il primo concilio celebrato in Occidente. Nel concilio si ratificò il concordato e si stabili che la Chiesa di Roma godeva del primato su tutte le altre chiese nazionali.

Il testo del concordato di Worms



LA RIFORMA CLUNIACENSE

La Riforma Cluniacense fu un periodo di grande riforme in seno alla Chiesa durante l'Alto Medioevo: tutto nasce dall'abbazia di Cluny, nella Borgogna. I fondamenti della riforma erano

1. Applicazione rigorosa della regola benedettina (Ora et Labora)
2. Celebrazione quotidiana della Messa
3. Controllo sulla devozione di ogni monaco

Unitamente a questi punti, la riforma prevedeva la riorganizzazione dei monasteri con la sottrazione degli stessi ai vescovi rendendo dipendenti dal papa conventi ed ordini. Possiamo dire che l'obiettivo della riforma era di moralizzare la chiesa che intorno all'anno mille, era attraversate da crise intestine: la pratica della Simonia era molto diffusa e soprattutto vi era il mancato rispetto per il celibato imposto agli ecclesiastici.

Ma perchè a Cluny?


Il territorio e il monastero erano stati donati al pontefice da cui dipendeva l'ordine benedettino. Nell'XI seolo il papato accellera la riforma: papa Leone IX depone i vescovi accusati di Simonia in Francia, nell'anno 1059 Nicolo II convoca un concilio per approvare la sanzione politica. Ma soprattutto cambiava l'elezione del Papa; se prima egli era eletto dai nobili e dal popolo di Roma ma con l'approvazione dell'imperatore che era assolutamente necessaria, ora invece viene eletto dal corpo cardinalizio.




LA SIMONIA

Pratica molto in voga nel Medioevo, per Simonia si intende la compravendita di cariche ecclesiastiche, assoluzione di peccati ed indulgenze. Il termine viene utilizzato per indicare l'acquisto di beni spirituali e deriva da Simon Mago che pur di aumentare a dismisura i suoi poteri, offrì a San Pietro soldi chiedendo in cambia poteri taumaturgici (1). Nel 313, dopo l'Editto di Milano da parte di Costantino, la Chiesa Cristiana si vide aumentare i beni di sua proprietà e molti ecclesiastici si impegnavano per ottenere potere mediante elargizione di grandi spmme di denaro. La Simonia fu condannata dal Concilio di Calcedonia nel 451. Dopo la diffusione del Capitolare di Quierzy dell'877, che concedeva l'ereditarietà dei feudi, re ed imperatori iniziarono a ad assegnare grandi feudi ai vescovi (dato che non potevano avere figli e quindi successori) avocandosi la possibilità di nomina in base a criteri ben lontani da quelli che dovrebbe avere un buon vescovo. Solo dall'XI secolo la Chiesa iniziò a lottare contro la Simonia soprattutto con papa Gregorio VII la cu iriforma portò all'automia ecclesiastica nei confronti dei sovrani. Ma la pratica continuò: Bonifacio VIII venne accusato dal suo grande nemico Dante di praticarla con regolarità e proprio per questa gli "dona" un posto all'inferno. La Simonia fu una delle accuse su cui si basò la Riforma Protestante.

LA BOLLA SUMMIS DESIDERANTES AFFECTIBUS

La Summis desiderantes affectibus (Desiderando con supremo ardore) è una bolla pontificia promulgata il 5 dicembre 1484 da Papa Innocenzo VIII, in cui era affermata la necessità di sopprimere l'eresia e la stregoneria nella regione della Valle del Reno e, per questo, nominò i frati Dominicani Heinrich Institor Kramer e Jacob Sprenger con il compito di porre fine alla stregoneria. La bolla fu indotta dai due domenicano in quanto in precedenza la Chiesa non collaborò mai con loro. La bolla portò alla redazione del "Malleus Maleficarum"

Si riportano i passi più significativi


MALLEUS MALEFICARUM - IL MARTELLO DELLE STREGHE

Il Malleus Maleficarum o "Il martello delle streghe" è un testo latino del 1487 scritto dai domenicani Jacob Sprenger e Heinrich Institor Kramer, con l'intento di reprimere l'eresia, il paganesimo e la stregoneria in Germania. Anche se si pensa che l'opera sia nata da Innocenzo VIII con la bolla Summis desiderantes affectibus del 1484 che dava ai due domenicani ampi poteri, essa nasce usando la bolla come spunto. Fino alla metà del XVII secolo, il Malleus Maleficarum, fu il testo più usato per la caccia alle streghe in quanto detta il "modus operandi" per ogni singolo caso. Probabilmente il testo è da considerarsi contro la donna in quanto a detta degli autori ci sono più streghe che stregoni. Molte importanti personalità ritenevano, negli anni di diffusione del testo, che quella delle streghe fosse solo superstizione: e questa era opinione anche di alcuni ecclesiastici che proprio per questo attirarono l'ira di Sprenger e Kramer che misero a tacere la critica proprio nell'incipit della loro opera:




Affermare l'esistenza degli stregoni è così cattolico al punto che affermare 
ostinatamente l'opposto [è] eretico? Per loro, sembrerebbe di sì.(1)

Il libro si compone di tre parti:

1. La prima parte di occupa sulla natura della stregoneria, spiegando il perchè le donne (a causa del loro essere inferiori intellettualmente e deboli) sono ben disposte a cedere alle lusinghe del Diavolo. Secondo gli autori la parola "femina" deriva da "fe"+"minus" ossia fede minore. Alcuni degli atti che le streghe hanno confessato come ad esempio tasformarsi, sono illusioni provocate da Satana mentre altre azioni come volare, provocare tempeste erano possibili come erano possibili i rapporti di natura sessuale che le streghe consumavano con il diavolo (celebre è il bacio sul sedere del Diavolo).

2. La seconda parte indica su come si è una strega e come si può eliminare chi lo è.

3. La terza parte indica su come catturare, detenere, svolgere il processo alle streghe

Nel testo gli autori pongono l'accento su come fidarsi di coloro che testimoniano contro le streghe, persone che spesso lo fanno per invidia e per dispetto. Basta un pettegolezzo pubblico per indicare una strega. Si parla anche su come estorcere confessioni e sulla tortura con l'uso del ferro arroventato che aveva il compito di radere il corpo della strega per trovare il Marchio del Diavolo

Come si cercava il Marchio del Diavolo?

Veniva trafitta ogni parte del corpo della presunta strega con uno spillone fino a trovare un punto che non rispondesse agli stimoli: questo bastava per essere tacciata di stregoneria. In alcuni casi si verificava che non ci fosse un "terzo seno" o addirittura veniva immersa nell'acqua di un fiume (che tradizionalmente rifiutava le streghe), se restava a galla, era una strega altrimenti era innocente....

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Note

1. Il Martello delle streghe. La sessualità femminile nel 'transfert' degli inquisitori, traduzione italiana di Armando Verdiglione, Spirali 2006 (prima edizione 1985)


mercoledì 21 settembre 2011

IL TRADIMENTO DEL TEMPLARE E L'ATTESA DI DE MOLAY

Era giugno dell'Anno Domini 1307 quando Jacques De Molay presiedeva una riunione del Capitolo per trovare il modo di allontanare le voci molto insistenti circa presunte deviazioni di alcuni cavalieri. La leggenda vuole che tali voci fossero state messe in giro da un certo  Esquin de Floyran già capitano templare a Montfauçon che confessò pratiche oscene, riti di iniziazione che prevedevano forme di ateismo, sodomia a Guillaume de Nogaret e Guillaume de Plaisians cencellieri del Re di Francia. Ancora non si sa il perchè di tale comportamento ma fatto sta che anche grazie alle affermazioni di Floyran il governo francese inizierà quella persecuzione che porterà alla soppressione dell'Ordine dei Templari.

martedì 20 settembre 2011

LA BOLLA OMNE DATUM OPTIMUM

Omne datum optimum è una bolla pontificia emanata da papa Innocenzo II nel 1139. La bolla fu di vitale importanza per l'ordine dei Cavalieri templari perché ne sancì la totale indipendenza del proprio operato e l'essere esente dal pagare tasse e gabelle. Questo portò all'ordine un'importanza notevole nella Chiesa. Questa decisione fu presa dalla Chiesa solo dopo aver sancito le condizioni per poter entrare nell'ordine; esse erano molto dure allo scopo anche di provare se vi fosse una reale e vera vocazione. Queste condizioni, oltre che a spogliare l'aspirante cavaliere di ogni bene materiale, dopo un percorso di vita spirituale di tipo monastico, culminavano con l'entrata nell'ordine in cui bisognava emettere i voti di povertà, castità ed obbedienza. La data dell'emanazione della bolla Omne datum optimum è considerata storicamente l'ufficializzazione dell'ordine dei Cavalieri templari come ordine indipendente della Chiesa cattolica.


Fonte: Wikipedia

“OMNE DATUM OPTIMUM” 
Innocenzo (Innocenzo II) vescovo, servo dei servi di Dio. Al diletto figlio Roberto, maestro dell'ordine religioso del Tempio che si trova a Gerusalemme, e ai suoi seguaci e fratelli, sia a quelli attuali che quelli futuri. Ogni ricompensa ottima e ogni bene perfetto viene dall'alto, discendendo dal Padre della Luce, presso il quale non vi è nessun cambiamento e nessuna vicissitudine che possano passare in secondo piano. Con sollecitudine, diletti figli nel Signore, lodiamo Dio onnipotente per voi e per conto vostro, giacché il vostro ordine religioso e la vostra veneranda istituzione è conosciuta in tutto il mondo. Anche se, di natura, eravate figli dell'ira e dediti ai piaceri della vita, ora, per grazia ispiratrice, siete diventati attenti ascoltatori del Vangelo, dopo aver rinunciato alla mondana ostentazione e alla proprietà privata, anzi, avendo abbandonato il largo sentiero che conduce verso la morte, umilmente avete scelto la via che conduce alla vita, e per comprovare l’appartenenza alla milizia di Dio, portate assiduamente sul vostro petto il segno della vivificante croce. A ciò si aggiunga il fatto che voi, proprio come veri Israeliti e abili combattenti nella guerra santa, siete accesi dalla fiamma della carità e date corpo, con le vostre azioni, alla parola del Vangelo che dice: "Nessuno ha amore più grande di chi pone la propria anima al servizio dell’anima dei suoi”, per cui, secondo le parole del grande Pastore, non avete paura di porre le vostre anime al servizio dei vostri fratelli e di difenderli dagli attacchi dei pagani. Inoltre, dal momento che siete noti con il nome di Cavalieri del Tempio, siete stati nominati dal Signore difensori della Chiesa cattolica e aggressori dei nemici di Cristo. Pertanto è lecito che esercitiate, con tutto il cuore e con tutta la mente, la vostra ricerca e la lodevole devozione in un atto sacro. Tuttavia, incoraggiamo la vostra impresa nel Signore e, per la remissione dei vostri peccati, con l'autorità di Dio e di San Pietro, Principe degli Apostoli, esortiamo voi ed i vostri servitori, ad intraprendere la lotta, invocando il nome di Cristo, contro i nemici della croce, per proteggere la Chiesa cattolica e coloro che stanno sotto la tirannia dei pagani, e salvarli dalla loro sporcizia. Quanto al bottino che conquisterete loro, potete tranquillamente disporne a vostro piacimento e proibiamo che qualcuno possa reclamarne una parte. Si stabilisce che la casa o il Tempio in cui dimorate, a lode e gloria di Dio e per la difesa dei suoi fedeli, ed anche per la liberazione della Chiesa di Dio, con tutti i beni e possedimenti che risulta legittimamente possedere al momento attuale o acquisiti in futuro, attraverso concessioni dei vescovi, la generosità di re e principi, donazioni di fedeli o in qualsiasi altro modo, con l'aiuto di Dio, possa acquisire, è posto sotto la tutela e la protezione della Sede Apostolica per tutti i tempi a venire. Con il presente decreto stabiliamo inoltre che la vita religiosa che è stata istituita nella vostra casa, ispirata dalla grazia divina, deve essere osservata senza alcuna violazione, ed i fratelli che servono il Signore devono ivi vivere castamente, senza 15 beni personali e, onorando la loro professione con le parole e la morale, sono soggetti e obbedienti in tutto e per tutto al loro maestro e a coloro che egli comanda. Inoltre, dato che questa casa e la sua santa istituzione si sono meritate questo provvedimento, essa deve essere sempre considerata la principale e a capo di tutte le altre che ne fanno parte. Inoltre, stabiliamo che dopo di te, Roberto, nostro amato figlio nel Signore, o di qualunque tuo successore, non venga accolto in questa casa alcun fratello se non è un militare e persona religiosa, che non abbia interesse per il vostro ordine, né venga eletto da altri se non da tutti i fratelli, o proposto dalla parte migliore e più pura di loro. D’ora in poi a nessun ecclesiastico o laico sia lecito violare o porre limiti all’osservanza della regola e degli statuti approvati dal maestro assieme agli altri fratelli. Quelle stesse consuetudini che osservate da qualche tempo, e che sono state fissate in forma scritta, non possono essere modificate da alcuno se non dal maestro, ed in ogni caso con il consenso della migliore parte del capitolo. Di contro, proibiamo e vietiamo in tutti i modi possibili che nessun ecclesiastico o laico osi esigere dal maestro, dai fratelli e dalla loro istituzione, qualsiasi fedeltà, omaggio, giuramenti o altre forme di sottomissione spesso utilizzate dai secolari. Allo stesso tempo stabiliamo che, dal momento che la vostra sacra istituzione e la sacra milizia sono state volute dalla divina provvidenza, non è consentito modificare il vostro assetto con il pretesto di una vita più religiosa; perché Dio, che è in realtà immutabile ed eterno, non approva il cuore incostante, ma vuole piuttosto che attuiate il sacro piano che vi siete proposto, in tutto e per tutto. Quanti sono stati e quanto sono stati grandi gli uomini in abito militare e cinti del potere terreno, che piacquero al Signore, che hanno lasciato perpetua memoria? Quanti sono stati, e quanto sono stati grandi gli uomini, armati per dare battaglia, che nel loro tempo hanno coraggiosamente combattuto per dare testimonianza di Dio e difendere le leggi dei loro padri, consacrando le mani al Signore nel sangue degli infedeli, e dopo il sudore della battaglia hanno ricevuto il premio della la vita eterna? Pertanto, vista la vostra vocazione, fratelli siete, di conseguenza, allo stesso tempo cavalieri e servitori e, come dice l'Apostolo: "Lasciate che ognuno di voi rimanga nella vocazione in cui è stato chiamato". Quindi stabiliamo che non è data alcuna facoltà ai fratelli, una volta che sono stati accolti nel sacro ordine, di ritornare alla vita secolare dopo aver fatto parte del vostro ordine e di averne indossato l’abito religioso. E non è lecito ad alcuno, dopo aver fatto parte della vostra istituzione, rinunciarvi dopo avere assunto la croce del Signore e l’abito della vostra professione, né è consentito trasferirsi in un altro luogo, fosse anche un monastero, con il pretesto di volere praticare una maggiore e nuova vita religiosa se i fratelli o il maestro non lo hanno consentito o non sono stati consultati, fermo restando che nessun ecclesiastico o laico ha la facoltà di accettarli o di trattenerli. E poiché i difensori della Chiesa deve vivere ed essere sostenuti con i beni della Chiesa, noi, con ogni mezzo, vietiamo l'esazione delle decime contro la vostra volontà su tutti i beni mobili e immobili e tutto ciò che appartiene alla vostra veneranda casa. Inoltre, con autorità apostolica, vi confermiamo le decime che potete ricavare dal vostro impegno, con il consiglio ed il consenso dei vescovi dalle mani di chierici e laici, e anche quelle che potete ottenere, consenzienti i vescovi e i loro chierici. E perché nulla manchi alla totale salvezza e alla cura delle vostre anime, e possiate accedere comodamente ai sacramenti della Chiesa santa e ai divini uffici del vostro sacro ordine, allo stesso modo stabiliamo che vi è permesso ricevere preti onesti e chierici che hanno ricevuto l'ordinazione in Dio, secondo quanto di vostra conoscenza, da qualunque parte provengano, sia presso la vostra casa capitana che in quelle da essa dipendenti. A condizione che, se sono del circondario, e ne sia richiesto dai loro vescovi, non tengano un atteggiamento ostile nei confronti di qualsiasi altra istituzione o ordine. Ma se per caso i vescovi non fossero disposti a concederveli, in nessun modo avete il diritto di riceverli e mantenere loro l'autorità della Santa Romana Chiesa. Se, tuttavia, alcuni di loro, dopo aver fatto la professione, si appalesano essere facinorosi nel vostro ordine o in una casa, o semplicemente non utili, siete autorizzati a rimuoverli e dare loro licenza di trasferimento a un diverso ordine in cui desiderano condurre una vita pia, e sostituirli con altri uomini adatti. Questi, tuttavia, devono essere provati all'interno della vostra comunità per un anno, dopo di che, se danno buona prova del loro comportamento, ed essi si sono dimostrati utili per il vostro servizio, poi finalmente possono vivere secondo la regola e obbedendo al loro Maestro, in modo che, come voi, essi possano ricevere lo stesso cibo e vestiti, così come il letto, ad eccezione degli indumenti che l'usura rende inutilizzabili. Ma agli stessi non deve essere concesso di partecipare ai capitoli o gestire le vostre case, a meno che non sia da voi imposto.; essi avranno anche cura delle vostre anime, secondo quanto loro richiederete. Inoltre, non sono soggetti a nessuno al di fuori del vostro Capitolo e tutti devono obbedienza in tutto e a te, Roberto, mio amato figlio nel Signore, e ai tuoi successori, come i loro superiori e prelati. Oltre a ciò stabiliamo anche di lasciare le ordinazioni dei chierici che fossero ritenuti degni dei sacri ordini ad un vescovo cattolico, se pure lui è cattolico e gode della grazia della Sede Apostolica, il quale, senza dubbio sostenuto dalla nostra autorità, concede ciò che gli è richiesto. Allo stesso tempo vietiamo a questi religiosi di predicare per denaro o per profitto o di mandarli a predicare per la stessa finalità, a meno che il maestro del Tempio non ritenga che ciò si possa fare, per un determinato periodo, per specifiche finalità. E chi fra questi viene accettato nella vostra istituzione, deve promettere di restarvi stabilmente, di adeguare le sue abitudini e di lottare per il Signore ogni giorno della sua vita, obbedendo al maestro del Tempio, dopo aver deposto sull'altare una garanzia scritta di tale promessa. Fatti salvi i diritti episcopali dei vescovi, tanto in materia di decime, quanto per i servizi religiosi e di sepoltura, vi concediamo altresì concedere il permesso di costruire nelle aree collegate al sacro Tempio, dove risiede la vostra comunità, oratori in cui tenere i servizi religiosi e, se uno di voi o della vostra comunità dovesse morire, esservi sepolto. Infatti è disdicevole, e costituisce pericolo per le anime chiare, se i frati dell'ordine si fondono con moltitudini di uomini e una folla di donne, con il pretesto di andare in chiesa. Decretiamo inoltre, con autorità apostolica, che in qualunque posto vi capiti di arrivare, vi sia lecito ricevere i sacramenti della confessione, l’unzione e qualunque altro sacramento ecclesiastico da parte di sacerdoti onesti e cattolici, per timore che qualcosa vi manchi nella partecipazione ai doni spirituali. Perché in realtà siamo tutti uniti in un solo Cristo, e non vi è alcuna distinzione davanti a Dio, sia nella remissione dei peccati e in altri benefici, e ci auguriamo che la benedizione apostolica che vi è stata concessa, sia estesa ai vostri familiari e alle persone che sono al vostro servizio. Pertanto, a nessuno è concesso di arrecare danno al suddetto luogo o di impossessarsi dei suoi possedimenti, di mantenere i beni che gli sono stati tolti, ridotti o sottoposti ad altre vessazioni, ma devono essere tenuti integri per essere usati, in ogni modo possibile, per il bene del vostro ordine e degli altri fedeli di Dio. Pertanto, se qualcuno, conoscendo questo nostro decreto, tenta di agire avventatamente contro di esso e, dopo essere stato ammonito per la seconda volta e la terza, e non adeguatamente corretto la sua colpa, egli perde la dignità e la potestà dell’onore, si troverà accusato di avere commesso ingiustizia davanti al tribunale divino e di essere indegno del santissimo corpo e del sangue di nostro Dio, Signore e Salvatore Gesù Cristo, e anche di essere oggetto di vendetta grave a sentenza definitiva. Invece, coloro che osservano questi precetti, otterranno la benedizione e la grazia di Dio onnipotente e dei beati Apostoli Pietro e Paolo. Amen. 

Dato in Laterano, per mano di Imerico, cardinale diacono e cancelliere della Chiesa romana, il quarto giorno prima delle calende di aprile, indizione seconda, dell'anno dell'incarnazione del Signore 1139, decimo anno del pontificato di nostro Signore Papa Innocenzo II. 

LA BOLLA MILES TEMPLI

Milites Templi fu una bolla promulgata da papa Celestino II il 9 gennaio 1144 con l’obiettivo di incrementare i privilegi dei Templari. Essa ordina al clero di proteggere e sostenere i Cavalieri templari, e ai fedeli di contribuire alla loro causa, accordando speciali indulgenze ai benefattori e a chiunque faccia donazioni all’Ordine. Con questa bolla il papa inoltre permette ai Templari, una volta all’anno per ogni chiesa o cappella, di raccogliere questue e sollecitare elemosine e di tenerle per sé. Questa bolla, assieme alla Omne Datum Optimum e alla Militia Dei, costituiscono la base giuridica dell’Ordine e del suo successo.

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LA BOLLA MILITIA DEI

Militia Dei fu una bolla promulgata da papa Eugenio III il 7 aprile 1145, e scritta da Civita Castellana. In essa il pontefice conferma i privilegi dell’Ordine dei Cavalieri templari, ne rafforza l’indipendenza in rapporto al clero secolare e ai vescovi, permette loro di raccogliere decime, come pure di edificare cappelle proprie con annessi cimiteri dove seppellire i propri confratelli defunti. Inoltre la bolla estende la protezione apostolica alle famiglie dei Templari, come pure alle persone loro sottomesse ed ai loro beni (contadini, animali, edifici).
Questa bolla, assieme alla Omne Datum Optimum e alla Milites Templi, costituiscono la base giuridica dell’Ordine e del suo successo.

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LA BOLLA PASTORALIS PRAEMINENTIAE

Papa Clemente V promulga la bolla Pastoralis praeminentiae, con la quale da un lato ordina che l'arresto dei Templari sia portato a termine anche nei paesi cristiani che si erano rifiutati di seguire l'esempio di Filippo; dall'altro spoglia la corona francese di ogni potestà e competenza sul processo al Tempio, reclamandone - a diritto - l'intera gestione. La ragione dell'ordine di arresto emesso dal papa è facilmente comprensibile: Clemente crede, o almeno è propenso a credere, nell'innocenza dei fratelli templari (pare addirittura che in questa fase abbia inviato delle lettere ai dignitari per confortarli nella prigionia e per esortarli a confidare nella giustizia) ma se ne ordinasse la liberazione sarebbe vittima di continui attacchi da parte di Filippo IV. Il sovrano, servendosi della propaganda, mobiliterebbe contro il pontefice folle intere tratte dalle frange avverse ai Templari, e il trono di Clemente probabilmente vacillerebbe.

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LA BOLLA FACIENS MISERICORDIAM

Con la bolla del 12 Agosto 1308, "Faciens Misericordiam" il papa incaricava gli ordinari delle inchieste nelle rispettive giurisdizioni contro le singole persone, in base ai singoli articoli uniti alla bolla; fissava metodi; ordinava di arrestare i frati e di iniziare gli interrogatori, con l’ausilio di una apposita commissione papale. A questa fase dovevano seguire i Concili provinciali, per decidere della innocenza o colpevolezza degli accusati. I locali inquisitori dovevano partecipare ai processi ed ai Concili. Le informazioni, raccolte in pubbliche scritture, andavano subito trasmesse alla Santa Sede. Infine si doveva agire con la massima sollecitudine ed energia contro i testi reticenti, ed i fautori dei Templari.

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LA BOLLA VOX IN EXCELSO

Il documento che pose fine alla leggenda dei Cavalieri Templari


Clemente V
Clemente vescovo, servo dei servi di Dio, a perpetuo ricordo dell'avvenimento: Si è udita, nell'alto, una voce di' lamento, di pianto e di lutto. Poiché è venuto il tempo nel quale il Signore si lamenta per bocca del profeta: Questa casa si è trasformata Per une in causa di furore e di indignazione,- e sarà tolta via dal mio cospetto per la malvagità dei suoi figli, perché essi mi provocarono all'ira, rivolgendomi le spalle, non la faccia, e collocando i loro idoli nella (mia) casa, nella quale è stato invocato il mio nome, per contaminarla. Costruirono alture in nome di Baal, per iniziare e consacrare i loro figli agli idoli e ai demoni. Hanno Peccato gravemente come nei giorni di Gabaa.

All'udire questa voce orrenda, e per l'orrore di tanta ignominia, - chi intese mai, infatti, una tale cosa? chi vide mai una cosa simile? - Caddi nell',udirla, mi rattristai nel vederla, il mio cuore si amareggiò, e le tenebre uni fecero rimanere stupefatto. Infatti la voce del popolo (sale) dalla città, la voce (esce) dal tempio, (è) la voce del Signore che rende la mercede ai suoi nemici.E il profeta è costretto ad esclamare: Da ad essi, Signore, un seno senza figli, e mammelle senza latte. La loro malizia si è resa manifesta per la loro perdizione. Scacciali dalla tua casa, e si secchi la loro radice; non portino frutto; non sia più, questa casa, causa di amarezza, e spina di dolore. Non è poca, infatti, la sua infedeltà: essa che immola i suoi figli e li dà e li consacra ai demoni e non a Dio, a dèi che essi ignoravano. Quindi questa casa sarà abbandonata e oggetto di vergogna, maledetta e deserta, sconvolta, ridotta in polvere, ultimo deserto, senza vie, arido per l'ira di Dio, che ha disprezzato. Non sia abitata, ma venga ridotta in solitudine; tutti si meraviglino di essa e fischino con disprezzo sulle sue piaghe. Dio, infatti non ha scelto la gente per il luogo, ma il luogo per la gente. Quindi il luogo stesso del tempio partecipa dei mali del popolo: cosa che il Signore disse chiaramente a Salomone, quando questi gli edificò il tempio, e fu riempito dalla sapienza come da un fiume: Se i vostri figli si allontaneranno da me, non seguendomi e non onorandomi, ma andando dietro e onorando gli dèi degli altri, e adorandoli, li scaccerò dalla mia faccia, e li allontanerò dalla terra che diedi loro, rigetterò dal mio cospetto il tempio che resi santo col mio nome, e sarà portato di bocca in bocca, e diventerà l'esempio e la favola dei popoli. Tutti i passanti, vedendolo, si meraviglieranno, e fischieranno, e diranno: "Perché il Signore ha trattato cosi questo tempio e questa casa?" E risponderanno: "Perché si sono allontanati dal Signore, loro Dio, che li ha comprati e riscattati, ed hanno seguito Baal ed altri dèi e li hanno onorati e adorati. Per questo il Signore ha fatto si che accadesse loro questa grande disgrazia" . 
Già dalla nostra elevazione al sommo pontificato, anche prima che ci recassimo a Lione dove abbiamo ricevuto la nostra incoronazione; e poi dopo, sia li che altrove, qualche relazione fattaci in segreto ci informava che il maestro, i priori, ed altri frati dell'ordine della milizia del Tempio di Gerusalemme, ed anche l'ordine stesso - essi che erano stati posti nelle terre d'oltremare proprio a difesa del patrimonio di Nostro Signore Gesù Cristo, e come speciali e principali difensori della fede cattolica e della Terra Santa, sembravano curare più d'ogni altro tutto ciò che riguarda la stessa Terra Santa, per cui la sacrosanta chiesa Romana, trattando gli stessi frati e l'ordine con una particolare benevolenza, li ha armati col segno della croce contro i nemici di Cristo, li ha esaltati con molti onori e li ha muniti di diverse esenzioni e privilegi; e che in molti modi erano, proprio per questo, aiutati da essa e da tutti i buoni fedeli di Cristo con moltiplicate elargizioni di beni - essi dunque contro lo stesso Signore Gesù Cristo erano caduti in una innominabile apostasia, nella scelleratezza di una vergognosa idolatria, nel peccato esecrabile dei Sodomiti e in varie altre eresie. E poiché non era verosimile e sembrava incredibile che omini tanto religiosi, i quali avevano sparso spesso il loro sangue per il nome di Cristo, e che esponevano frequentemente le loro persone ai pericoli mortali e che mostravano grandi segni di devozione sia nei divini uffici, quanto nei digiuni e in altre pratiche di devozione, fossero poi cosi incuranti della propria salvezza, da perpetrare tali enormità specie se si considera che quest'ordine ha avuto un inizio buono e santo e il favore dell'approvazione dalla sede apostolica, e che la sua regola, perché santa, degna e giusta, ha meritato di essere approvata dalla stessa sede - non volevamo prestare orecchio a queste insinuazioni e delazioni, ammaestrati dagli esempi del Signore stesso e dalle dottrine della sacra scrittura. Ma poi il nostro carissimo figlio in Cristo Filippo, illustre re dei Francesi, cui erano stati rivelati gli stessi delitti, non per febbre di avarizia - non aveva, infatti, alcuna intenzione di rivendicare o di appropriarsi dei beni dei Templari; nel suo regno, anzi, li trascurò tenendosi del tutto lontano da questo affare - ma acceso dallo zelo della vera fede, seguendo le orme illustri dei suoi progenitori, volendo istruirci ed informarci a questo riguardo, ci ha fatto pervenire per mezzo di ambasciatori o di lettere, molte e gravi informazioni. Le voci infamanti contro i Templari ed il loro ordine si facevano sempre più consistenti e persino un soldato dello stesso ordine, appartenente all'alta nobiltà, che godeva nell'ordine di non poca stima, depose dinanzi a noi, segretamente e sotto giuramento, che egli, quando fu ammesso nell'ordine, per suggerimento di chi lo ammetteva, e alla presenza di alcuni altri Templari, aveva negato Cristo ed aveva sputato sulla Croce che gli veniva mostrata da colui che lo riceveva nell'ordine. Egli disse anche di aver visto il maestro dei Templari (che ancora vive) ricevere nello stesso ordine d'oltremare un soldato allo stesso modo, cioè col rinnegamento di Cristo e con lo sputare sulla Croce, alla presenza di ben duecento frati dello stesso ordine, e di aver sentito che si diceva esser quello il modo normale osservato nell'ammettere i frati dello stesso ordine: cioè che, dietro suggerimento di chi riceveva o di un suo delegato a questa cerimonia, colui che veniva ammesso doveva negare Gesù Cristo, e sputare sulla Croce che gli veniva mostrata, come segno di disprezzo a Cristo crocifisso, e che sia chi ammetteva, sia chi veniva ammesso compiva altre azioni illecite e sconvenienti all'onestà cristiana, come egli stesso allora confessò dinanzi a noi. Poiché, dunque, il dovere ci spingeva a questo nostro ufficio, non abbiamo potuto fare a meno di porgere ascolto a tanti e cosi grandi clamori. Finalmente, la voce pubblica e la clamorosa denunzia del suddetto re, di duchi, conti, baroni ed altri nobili, del clero e del popolo del regno francese, che vengono alla nostra presenza proprio a questo scopo, sia personalmente che per mezzo di procuratori o di rappresentanti, ha fatto giungere alle nostre orecchie - lo diciamo con dolore - che il maestro, i priori ed altri frati di quest'ordine, e l'ordine stesso, in sé, erano coinvolti in questi ed in altri crimini, e che ciò è provato da molte confessioni, attestazioni e deposizioni dello stesso maestro, del visitatore di Francia e di molti priori e frati dell'ordine davanti a molti prelati e all'inquisitore per l'eresia - deposizioni fatte e ricevute nel regno di Francia previo interessamento dell'autorità apostolica, redatte in pubblici documenti, e mostrate a noi e ai nostri fratelli. Inoltre, questa fama e queste voci clamorose erano divenute cosi insistenti, ed avevano lasciato chiaramente capire, contro l'ordine stesso e contro i singoli membri, che la cosa non poteva ormai esser più oltre trascurata senza grave scandalo e tollerata senza imminente pericolo per la fede, noi, seguendo le orme di colui, di cui, benché indegni, facciamo le veci, qui in terra, abbiamo creduto bene dover procedere ad una inchiesta. Abbiamo, quindi, fatto venire alla nostra presenza molti priori, sacerdoti, soldati, ed altri frati di quest'ordine di non poca fama; abbiamo fatto prestar loro giuramento, li abbiamo scongiurati pressantemente per il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, invocando il divino giudizio, che in virtù di santa obbedienza - dato che si trovavano ora in luogo sicuro ed adatto, dove non c'era assolutamente nulla da temere, nonostante le confessioni fatte da essi dinanzi ad altri, per le quali noi non volevamo che ne derivasse qualche danno a coloro che le avevano fatte - dicessero sulla questione accennata la pura e semplice verità. Li abbiamo quindi interrogati su questo argomento e ne abbiamo esaminati settantadue. Ci assistevano con attenzione molti dei nostri fratelli cardinali; abbiamo fatto redigere in documento autentico le loro confessioni per mano di un notaio alla presenza nostra e dei nostri fratelli, e poi, dopo qualche giorno, le abbiamo fatte leggere alla loro presenza in Concistoro, e le abbiamo fatte esporre nella lingua volgare, a ciascuno di essi, che confermandole espressamente e spontaneamente le approvarono cosi come erano state recitate. Dopo ciò, volendo indagare personalmente su questa questione col maestro generale, con il visitatore di Francia e con i principali priori dell'ordine, ordinammo allo stesso maestro generale e al visitatore d'oltremare, e ai priori maggiori di Normandia, d'Aquitania e della provincia di Poitiers di presentarsi a noi che eravamo a Poitiers. Molti, però, erano infermi, in quel tempo, e non potevano cavalcare, né esser condotti agevolmente alla nostra presenza. Noi, allora, volendo conoscere la verità su tutto quanto e se fossero vere le loro confessioni e deposizioni, rese all'inquisitore per l'eresia nel suddetto regno di Francia, alla presenza di alcuni pubblici notai e di molte altre oneste persone, e presentate a noi e ai cardinali dallo stesso inquisitore, demmo l'incarico e ordinammo ai nostri diletti figli Berengario, allora cardinale del titolo dei SS. Nereo ed Achilleo, ora vescovo di Frascati, Stefano, cardinale del titolo di S. Ciriaco alle Terme, e Landulfo cardinale del titolo di Sant'Angelo, della cui prudenza, esperienza e fedeltà, abbiamo illimitata fiducia, perché essi col suddetto maestro generale, col visitatore e coi priori, sia contro di essi e le singole persone dell'ordine, sia contro l'ordine in quanto tale, cercassero di scoprire la verità e di farci sapere quanto avessero trovato a questo riguardo e ci riferissero e presentassero le loro confessioni e deposizioni, messe per iscritto, per mezzo di pubblico notaio, pronti a concedere allo stesso maestro, al visitatore e ai priori il beneficio dell'assoluzione dalla sentenza di scomunica, in cui avrebbero dovuto incorrere per i suddetti delitti se fossero risultati veri, qualora l'avessero chiesta umilmente e devotamente, come avrebbero dovuto. I cardinali, recandosi personalmente dal maestro generale, dal visitatore e dai priori, esposero il motivo della loro venuta. E poiché le persone di questi e degli altri Templari che si trovavano nel regno di Francia ci erano state presentate come persone che liberamente e senza timore di nessuno avrebbero manifestato pienamente e sinceramente la verità agli stessi cardinali, questi ingiunsero loro di far ciò in nome dell'autorità apostolica. Allora il maestro generale, il visitatore e i priori della Normandia, d'oltremare, d'Aquitania, della provincia di Poitiers, alla presenza dei tre cardinali, di quattro pubblici notai, e di molte altre persone degne di rispetto, prestato giuramento sui santi Evangeli, che, sull'argomento in questione avrebbero detto la pura e completa verità, alla loro presenza, uno per uno, liberamente, spontaneamente, senza alcuna costrizione o terrore, fecero la loro deposizione, e fra le altre cose confessarono di aver negato Cristo e di aver sputato sulla croce, quando furono ricevuti nell'ordine di Templari; e alcuni di essi confessarono anche di aver ricevuto molti frati nella stessa forma, esigendo, cioè, che si negasse Cristo e si sputasse sulla Croce. Alcuni di essi hanno confessato anche altri fatti orribili e vergognosi, che al presente taciamo. Dissero anche e confessarono che quanto era contenuto nelle confessioni e deposizioni da loro fatte dinanzi all'inquisitore suddetto, era vero. Queste confessioni e deposizioni del maestro generale, del visitatore e dei priori, redatte in pubblico documento da quattro notai pubblici, alla presenza dello stesso maestro, visitatore e priori e di altre persone degne di fede, e solo dopo aver lasciato trascorrere lo spazio di alcuni giorni, furono lette agli stessi, per ordine e alla presenza dei cardinali, ed inoltre tradotte a ciascuno di essi nella propria lingua. Essi le riconobbero per proprie ed espressamente e spontaneamente le approvarono, cosi com'erano state recitate. Da queste confessioni e deposizioni, essi, in ginocchio e con le mani congiunte, umilmente, devotamente e con abbondante effusione di lacrime, chiesero ai cardinali l'assoluzione dalla scomunica, nella quale erano incorsi per i delitti predetti. I cardinali, poiché la chiesa non chiude mai il suo grembo a chi ritorna, appena il maestro, il visitatore e i priori ebbero abiurato l'eresia concessero ad essi per nostra autorità, e nella forma consueta della chiesa, il beneficio dell'assoluzione; quindi, tornando alla nostra presenza, ci presentarono le confessioni e le deposizioni del maestro, del visitatore e dei priori, redatte in pubblico documento, da persone pubbliche, com'è stato detto, e ci riferirono quello che avevano fatto coi suddetti maestro, visitatore e priori. Da queste confessioni e deposizioni trovammo che spesso il maestro, il visitatore della Terra d'oltremare e questi priori della Normandia, dell'Aquitania e della regione di Poitiers, anche se alcuni maggiormente ed altri meno, avevano mancato gravemente. E considerando che delitti cosi orrendi non avrebbero potuto né dovuto esser lasciati impuniti, senza far ingiuria a Dio onnipotente e a tutti i cattolici, chiesto consiglio ai nostri fratelli cardinali, pensammo che si dovesse fare un'inchiesta per mezzo degli ordinari locali e di altre persone fedeli e sagge, da deputarsi a ciò, sui singoli membri dello stesso ordine, e sull'ordine come tale, per mezzo di inquisitori appositamente deputati. Dopo di ciò, sia gli ordinari che quelli da noi deputati contro i singoli membri dell'ordine e gli inquisitori per l'ordine nel suo insieme hanno svolto indagini in ogni parte del mondo e le hanno infine rimesse al nostro esame. Di esse, parte furono lette con ogni diligenza ed esaminate con cura da noi in persona e dai nostri fratelli cardinali di santa romana chiesa, le altre, da molti uomini coltissimi, prudenti, fedeli, col santo timore di Dio nel cuore, zelanti della fede cattolica, e pratici, sia prelati che non prelati, presso Malaucène, nella diocesi di Vaison. Dopo ciò, giunti a Vienne, essendo già presenti moltissimi patriarchi, arcivescovi, vescovi eletti, abati, esenti e non esenti, ed altri prelati, ed inoltre procuratori di prelati assenti e di capitoli, ivi radunati per il concilio da noi convocato, Noi, dopo la prima sessione tenuta con i predetti cardinali, prelati, procuratori, in cui credemmo bene esporre loro le cause della convocazione del concilio, - poiché era difficile, anzi impossibile che i cardinali e tutti i prelati e procuratori, convenuti nel presente concilio, potessero raccogliersi alla nostra presenza per trattare sul modo di procedere riguardo al problema dei frati del predetto ordine - per nostro ordine dal numero complessivo dei prelati e dei procuratori presenti al concilio, furono scelti concordemente alcuni patriarchi, arcivescovi, vescovi, abati, esenti e non esenti, ed altri prelati e procuratori di ogni parte della cristianità, di qualsiasi lingua, nazione, regione, tra i più esperti, discreti, adatti a dare un consiglio in tale e cosi importante questione e a trattare con noi e con i suddetti cardinali un fatto cosi importante. Quindi abbiamo fatto leggere attentamente, dinanzi ai prelati e ai procuratori, per più giorni, finché essi vollero ascoltare, le attestazioni raccolte di cui abbiamo parlato, riguardanti l'inchiesta sull'ordine predetto, nella sede del concilio, cioè nella chiesa cattedrale; e in seguito queste stesse attestazioni e i riassunti che ne sono stati fatti sono state viste, lette attentamente ed esaminate da molti venerabili cardinali, dal patriarca di Aquileia, da arcivescovi e vescovi presenti al concilio, scelti e destinati a ciò da quelli che erano stati eletti del concilio con grande diligenza e sollecitudine. A questi cardinali, pertanto, patriarchi, arcivescovi, vescovi, abati, esenti e non esenti, agli altri prelati e procuratori, eletti proprio per questa questione, quando furono alla nostra presenza fu da noi rivolto il quesito in segreto, come si dovesse procedere in tale problema, tanto più che alcuni Templari si offrivano a difendere il loro ordine. Alla maggior parte dei cardinali e quasi a tutto il concilio, a quelli cioè che, come abbiamo detto, erano stati eletti dal concilio, e per questa questione rappresentano il concilio intero, insomma alla grande maggioranza, circa quattro quinti di quelli che si trovavano al concilio da ciascuna nazione, sembrò indubitato - e i prelati in questione e i procuratori diedero in tal senso il loro parere - che si dovesse concedere a quell'ordine il diritto di difesa, e che esso, sulla base di ciò che era stato provato fino a quel momento, non potesse esser condannato per quelle eresie a proposito delle quali erano state fatte le indagini contro di esso, senza offesa di Dio e oltraggio del diritto. Alcuni, invece, dicevano che quei frati non dovevano essere ammessi a difendere l'ordine, e che noi non dovevamo concedere ad essi (tale) facoltà. Se, infatti, dicevano, si permettesse e si concedesse la difesa dell'ordine, ne seguirebbe un pericolo per la questione stessa e non poco danno per l'aiuto alla Terra Santa. E aggiungevano molte altre ragioni. Ora, è vero che dai processi svolti contro quest'ordine, esso non può canonicamente esser dichiarato eretico con sentenza definitiva; ma lo stesso ordine, a causa di quelle eresie che gli vengono attribuite ha conseguito una pessima fama. Moltissimi suoi membri, tra cui il maestro generale, il visitatore di Francia e i priori più in vista, attraverso le loro confessioni spontanee fatte a riguardo di queste eresie sono state convinti di errori e delitti e, inoltre, le confessioni predette rendono questo ordine molto sospetto, e questa infamia e questa diffidenza lo rendono addirittura abominevole e odioso alla chiesa santa di Dio, ai suoi prelati, ai suoi re, ai principi cristiani e agli altri cattolici. Inoltre, si può verisimilmente credere che da ora in poi non si troverebbe persona disposta ad entrare in quest'ordine, e che quindi esso diverrebbe inutile alla chiesa di Dio e al proseguimento dell'impresa della Terra Santa, al cui servizio era stato destinato. Poiché dal rinvio della decisione, cioè dalla sistemazione di questa faccenda - alla cui definizione e promulgazione era stato da noi assegnato per i frati di quest'ordine un termine nel presente concilio - seguirebbe la totale perdita, distruzione e dilapidazione dei beni del Tempio, che da tempo sono stati offerti, legati, concessi dai fedeli di Cristo in aiuto della Terra Santa e per combattere i nemici della fede cristiana; considerato che secondo alcuni si deve promulgare subito la sentenza di condanna contro l'ordine dei Templari per i loro delitti, e secondo altri invece non si potrebbe sulla base dei processi già fatti contro lo stesso ordine, emettere sentenza di condanna, noi, dopo lunga e matura riflessione, avendo dinanzi agli occhi unicamente Dio e guardando solo all'utilità della Terra Santa, senza inclinare né a destra né a sinistra, abbiamo pensato bene doversi scegliere la via della decisione e della sistemazione, attraverso la quale saranno tolti gli scandali, saranno evitati i pericoli, e saranno conservati i beni in sussidio della Terra Santa. L'infamia, il sospetto, le clamorose relazioni e le altre cose già dette, tutte a sfavore dell'ordine, ed inoltre l'ammissione nascosta e clandestina dei frati dello stesso ordine, la differenza di molti di quei frati dal comune comportamento, dal modo di vivere e dai costumi degli altri cristiani, specie poi per il fatto che ammettendo nuovi membri li obbligavano a non rivelare il modo della loro ammissione, e a non uscire dall'ordine, inducono a presumere contro di loro. Riflettendo, inoltre, che da tutto ciò è nato contro quest'ordine un grave scandalo, che difficilmente potrebbe esser messo a tacere se l'ordine continuasse ad esistere e considerando i pericoli per la fede e per le anime, e gli orribili numerosi misfatti della maggior parte dei frati dello stesso ordine e molte altre giuste ragioni e cause ci siamo dovuti risolvere alle decisioni che seguono. La maggior parte dei cardinali, e almeno quattro quinti di quelli che sono stati eletti da tutto il concilio ha ritenuto più conveniente, vantaggioso e utile per l'onore di Dio, per la conservazione della fede cristiana, per l'aiuto alla Terra Santa e per molte altre giuste ragioni che si seguisse piuttosto la via di un provvedimento della sede apostolica, sopprimendo l'ordine e assegnando i beni all'uso cui erano destinati, provvedendo anche salutarmente alle persone dello stesso ordine, che non quella del rispetto del diritto alla difesa, e della proroga di questa questione. Anche in altri casi, pur senza colpa dei frati, la chiesa romana qualche volta ha soppresso ordini di importanza assai maggiore per motivi senza paragone più modesti di quelli accennati, pertanto con amarezza e dolore, non con sentenza definitiva, ma con provvedimento apostolico, noi, con l'approvazione del santo concilio, sopprimiamo l'ordine dei Templari, la sua regola, il suo abito e il suo nome, con decreto assoluto, perenne, proibendolo per sempre, e vietando severamente che qualcuno, in seguito, entri in esso, ne assuma l'abito, lo porti, e intenda comportarsi da Templare. Se poi qualcuno facesse diversamente, incorra la sentenza di scomunica ipso facto. Quanto alle persone e agli stessi beni, li riserviamo a disposizione nostra e della sede apostolica. E ne disporremo, con la grazia divina, ad onore di Dio, ad esaltazione della fede cristiana e per il prospero stato della Terra Santa, prima della fine di questo concilio. E proibiamo assolutamente che chiunque, di qualsiasi condizione o stato esso sia, si intrometta in qualsiasi modo in ciò che riguarda tali persone o tali beni, faccia, innovi, tenti qualche cosa che porti pregiudizio, in ciò, a quanto noi, conforme a quanto abbiamo detto, ordineremo o disporremo, e stabiliamo fin da questo momento che sarà senza alcun valore e del tutto vano, se qualcuno diversamente - consapevolmente o senza saperlo - tenterà qualche cosa. Con ciò, tuttavia, non vogliamo che si deroghi ai processi fatti o da farsi circa le singole persone degli stessi Templari dai vescovi diocesani o dai concili provinciali, conforme a quanto noi abbiamo con altre disposizioni ordinato.


Vienne, 22 marzo (1312), anno settimo del nostro pontificato

LA BOLLA AD PROVIDAM

Nella bolla ”Ad providam” del 2 Maggio 1312, si parlava delle proprietà dell’Ordine del Tempio, le quali venivano trasferite all’Ordine degli Ospitalieri (con l’eccezione di Spagna e Portogallo, dove, dalle ceneri dell ‘Ordine del Tempio, macquero L’ordine di Montesa e l’Ordine di Cristo).

LA BOLLA CONSIDERANTEN DUDUM

Segna le sorti dei singoli Templari: coloro che sono stati giudicati innocenti o che si sono riconciliati davanti alle commissioni diocesane riceveranno una rendita per la propria sussistenza commisurata al rango avuto nell'Ordine, ma i relapsi saranno giudicati con il massimo rigore dalla legge canonica.

lunedì 19 settembre 2011

IL CODICE GIGAS

Il Codex Gigas (in italiano: Libro Gigante) è il più grande manoscritto medioevale esistente al mondo. Si ipotizza sia stato creato nel monastero benedettino di Podlažice in Boemia (ora nella Repubblica Ceca): la sua realizzazione si colloca nel primo trentennio del XIII secolo. Nel 1648, durante la Guerra dei trent'anni, l'opera fu presa dall'esercito svedese come bottino di guerra ed è ora conservata presso la Biblioteca nazionale svedese a Stoccolma. È anche conosciuto col nome di Bibbia del Diavolo per la grande illustrazione del demonio in esso contenuta e per la leggenda riguardo alla sua creazione. Il Codex Gigas è contenuto in una copertina di legno ricoperta di pelle, con alcuni ornamenti in metallo. Le dimensioni sono: 92 centimetri di lunghezza, 50 di larghezza e 22 di spessore, misure che lo rendono il manoscritto più voluminoso del medioevo. Inizialmente conteneva 320 pagine di vellum, ma otto di queste sono state successivamente rimosse. Il suo peso è di circa 75 kg. Il codice pare sia stato creato da un certo Herman il Recluso nel monastero Benedettino di Podlažice nei pressi di Chrudim, che venne distrutta nel XV secolo. Nel codex, il 1229 viene registrato come l'anno di completamento dell'opera. Il libro fece poi la sua comparsa nel monastero cistercense di Sedlec e successivamente venne acquistato da quello benedettino di Brevnov.

TRANSUSTANZIAZIONE E CONSUSTANZIAZIONE

Transustanziazione

Significa passaggio (trans) di sostanza (substantia).  Nell’Eucaristia la sostanza del pane e del vino diventa il corpo e il sangue di Gesù , mentre rimangono immutati gli "accidenti", cioè le specie o apparenze del pane e del vino. Quindi le dimensioni dell’ostia non cambiano, e non cambiano il colore, l’odore e il sapore, poiché tutte queste cose sono accidenti o specie. Cambia invece la sostanza. E lo stesso si dica del vino. Avviene quando il sacerdote pronuncia le parole della consacrazione. Quando il sacerdote ha finito di dire: “Questo è il mio Corpo”, il pane non c’è più, e al suo posto c’è il corpo del Signore, e quando ha finito di dire: “Questo è il mio Sangue”, il vino non c’è più, e al suo posto c’è il sangue del Signore. La transustanziazione prima della Consacrazione e dopo la Consacrazione. Gesù non lascia il cielo, eppure viene a trovarsi realmente sotto le specie del pane e del vino.  È proprio la transustanziazione che rende possibile questo fatto straordinario. Infatti il pane e il vino diventano quel corpo e quel sangue che sono in cielo, diventano Gesù in persona, vivo e vero, che siede alla destra del Padre. Quindi non è Gesù che cambia, o lascia il cielo, ma sono il pane e il vino che in forza delle parole della consacrazione diventano quello stesso Gesù che è in cielo. 

NESTORIANESIMO ED ARIANESIMO

Nestorianesimo

Con il termine Nestorianesimo si intendono la dottrina cristologica propugnata del vescovo siriano Nestorio (381-451) e la Chiesa cristiana afferente alla sua figura religiosa. La dottrina prende nome da Nestorio, patriarca di Costantinopoli (ca. 381-451). Secondo la dottrina cristologica di Nestorio, in Gesù Cristo convivevano due distinte persone, l'Uomo e il Dio; Maria era madre solo della persona umana. Il Nestorianesimo rifiuta, quindi, il titolo «Madre di Dio» (Theotókos) a Maria, attribuendole piuttosto il titolo di Christotokós (cioè madre di Cristo).

sabato 17 settembre 2011

LA BIBBIA DI GUTENBERG

La bibbia di Gutenberg o «bibbia a quarantadue linee» (B42) è il primo libro stampato in Europa con l'aiuto dei caratteri mobili. Realizzata a Magonza tra il 1452 e il 1455 sotto la responsabilità di Johannes Gutenberg e dei suoi soci, Johann Fust e Peter Schöffer, la bibbia di Gutenberg si compone di due volumi in folio di 322 e 319 fogli. Riproduce il testo della Vulgata, la bibbia latina tradotta da san Gerolamo nel V secolo: l'Antico Testamento occupa il primo volume e una parte del secondo, che contiene anche tutto il Nuovo Testamento. Una parte degli esemplari fu stampata su pergamena, un'altra su carta in fibra di canapa, importata dall'Italia. Venduta per sottoscrizione, questa bibbia latina fu originariamente acquistata da istituzioni religiose, essenzialmente monasteri. Su una tiratura di circa 180 esemplari, 48 si sono conservati fino ad oggi, e alcune pagine sciolte si trovano in alcune biblioteche, come quella del museo Correr di Venezia o la biblioteca municipale di Colmar. La maggioranza degli esemplari si trova in Germania. In Francia, la Bibliothèque nationale de France ne possiede tre copie su pergamena, e la bibliothèque Mazarine una copia su carta. In Svizzera, la fondazione Martin Bodmer espone permanentemente il suo esemplare vicino a Ginevra.

venerdì 16 settembre 2011

NASCITA ED ESPANSIONE DELL'ISLAM

Nel VI secolo, la Penisola arabica era abitata, nelle sue aree centrali e settentrionali, da tribù nomadi indipendenti mentre in quelle meridionali erano attive, sotto il nome di Himyariti (i latini homerites), gli eredi dei grandi regni sabei, del Hadramawt, del Qataban, di Awsan e dei Minei, tutte culture sedentarie estremamente progredite nelle conoscenze idrauliche e assai attive fin dal secondo millennio a.C. nel commercio dei cosiddetti "aromata", fra cui il famoso incenso, assai richiesti in area mediterranea, mesopotamica e iranica. I beduini, abitanti della steppe arabe, erano invece dediti al piccolo e grande nomadismo a causa del loro speciale modo di sussistenza che si basava strettamente sull'allevamento di ovini e di dromedari e sull'assalto di altri gruppi nomadi e delle carovane dei mercanti. Erano politeisti e il santuario di Mecca era forse il più importante centro di incontro sia religioso sia commerciale, quanto meno nella regione del Hijāz. All'inizio del VII secolo, Maometto riuscì a fare degli arabi una nazione, fondando uno Stato teocratico.
La tradizione islamica vuole che Maometto fosse nato il 20 aprile 570 alla Mecca, da un'importante famiglia cittadina. Dopo la morte del padre fu allevato dalla madre Amina bint Wahb e, alla morte di costei, dal nonno paterno ‘Abd al-Muttalib, per essere affidato alla morte anche di questi alla tutela dello zio paterno Abū Ṭālib. Nel 595 sposò una ricca e colta vedova, Khadīja, di circa 15 anni più anziana di lui e titolare di un'impresa carovaniera nella quale Maometto era stato a lungo procuratore. Dopo il matrimonio, che migliorò notevolmente la sua situazione, Maometto svolse il mestiere di mercante. Già entrato in contatto con la comunità ebraica medinese e conosciuti gli esponenti della più rarefatta presenza cristiana nell'area non c'è dubbio che delle due grandi religioni egli abbia conosciuto i principali assunti teorici, anche se è impossibile quantificarne gli apporti, a dispetto di quanti vogliono negare una sua originalità all'Islam per il quale, tra l'altro, è impossibile negare il contributo anche sud-arabico e mazdeo. Quasi sicuramente, durante un suo viaggio, era entrato in contatto con cristiani monofisiti in Siria. La predicazione di Maometto iniziò nel mese di Ramadan del 610, quando, secondo la tradizione tramandata dal Corano, sul Monte Hira, nei pressi di Mecca, al Profeta apparve l'Arcangelo Gabriele che gli parlò inculcandogli la Rivelazione musulmana. Seguirono numerose altre visioni, ritiri spirituali, voci che gli parlavano. Inizialmente Maometto confidò queste esperienze solo a pochi intimi, tra i quali il cugino Alì e i congiunti ʿUthmān b. ʿAffān e Abu Bakr, mentre solo verso la fine del decennio successivo iniziò a predicare in pubblico una rivelazione monoteistica. Egli predicava un Dio unico "Allah" (parola araba che deriva dalla radice <'-l-h>, "divinità"), per il quale era l'Inviato (rasūl) per concludere il messaggio, perfezionandolo, già annunciato nella Bibbia. Le caratteristiche della sua predicazione erano un duro tono apocalittico e una ferma condanna del politeismo che, con i pellegrinaggi alla Kaʿba, era una delle attività più remunerative a Mecca.
Il 16 luglio 622 Maometto ed una trentina circa di seguaci, sempre più invisi ai potenti concittadini, si defilarono dalla città e si rifugiarono a Yathrib (poi chiamata Medina). Fu la vera e propria Egira del 622 che segnò l'inizio dell'epoca musulmana grazie alla positiva accoglienza della sua predicazione nella città. Nel 624 Maometto, scese in campo contro La Mecca con una serie di guerre con alterne vicende. Nel 630 finalmente Maometto, la cui autorità era ormai indiscussa, entrò alla Mecca senza colpo ferire. Sbaragliati gli ultimi coreisciti, all'età di quasi 60 anni si dedicò, coronato il suo sogno primario, all'espansione della fede islamica nelle terre dei nomadi e semi-nomadi vale a dire l'intero Ḥiǧāz. Egli accettò comunque il compromesso di mantenere il santuario della Kaʿba, integrandolo nella spiritualità islamica. Morì a Medina nel 632.
La fortuna della predicazione di Maometto fu l'accoglienza positiva che ricevette da tutte le tribù beduine, riuscendo a dare ad esse un credo ed un'identità comune e sottraendole alla spirale di vendette tribali che protraevano una guerra continua (che si mitigò, ma restò comunque endemicamente presente essendo strettamente collegata alla vita nomadica, alla razzia delle greggi, al possesso dei pozzi, ecc.). I beduini offrirono alla causa islamica tutta la loro fedeltà, il senso dell'onore, la straordinaria audacia guerriera e la frugalità che permisero nel giro di pochi decenni di conquistare un vero e proprio impero. Da un lato si veniva a nobilitare la pratica diffusa della razzia (che per i beduini era un diritto, un titolo di vanto e di sostentamento), dall'altro essa si accostava ad una delle norme basilari della nuova religione, il jihad ("sforzo nella direzione gradita a Dio"), che aveva come fine non tanto la conversione, ma l'assoggettamento degli infedeli, tramite il riconoscimento della superiorità araba e il pagamento di un tributo. Per un trentennio il califfato fu elettivo, prima di diventare ereditario con la dinastia degli Omayyadi che trasferirono nel 661 la capitale da Medina a Damasco. I successori politici di Maometto, i califfi, avviarono una fortunata e rapida espansione territoriale, che seppe sfruttare le debolezze dei due colossi dell'Impero bizantino e persiano sasanide, i quali guardavano ai beduini come a una minaccia tradizionalmente innocua. Nel 637 veniva conquistata Ctesifonte e l'impero persiano, che per un millennio era stato una delle più allarmanti preoccupazione per l'Impero romano, fu cancellato come neve al sole entro il 645 circa. All'impero bizantino vennero strappare le ricchissime e popolose regioni della Siria, Palestina (633-640) ed Egitto (639-646). Dall'Egitto si proseguì fino alla Nubia, a sud, ed alla Tripolitania, ad ovest. Con la conquista del litorale del mediterraneo sud-orientale gli Arabi ottennero la capacità di creare presto una flotta con ottimi marinai. Nel 655 la battaglia navale lungo le coste della Licia ruppe la tradizionale supremazia bizantina in mare, con una disastrosa sconfitta delle 500 navi capitanate dallo stesso basileus Costante II.
La conquista tanto rapida di aree vaste e popolose fu sicuramente dovuta anche alla stanchezza delle popolazioni locali verso il duro e rapace dominio bizantino: gli Arabi infatti offrivano paradossalmente una maggiore libertà religiosa ai cristiani "eretici" (dominavano in queste zone infatti le eresie monofisita e nestoriana, duramente avversate da Bisanzio) e richiedevano il pagamento di un tributo che era decisamente più sopportabile della tassazione imperiale. Una prima crisi dell'Islam si ebbe tra il 656 e il 661 quando ʿAlī ibn Abī Tālib, cugino e genero di Maometto, insorse contro il califfo ʿUthmān, fondatore della dinastia omayyade. Entrambi vennero poco tempo dopo assassinati e dai loro seguaci si instaurò la frattura tra sunniti (che riconoscono la Sunna, ossia gli scritti con detti e fatti del Profeta) e gli sciiti (che riconoscono una Sunna diversa quanto a trasmettitori delle tradizioni e che non riconoscono l'autorità califfale dopo quella di ʿAlī ibn Abī Tālib, legittimo successore di Maometto). Tra gli sciiti si ebbe un ulteriore scisma con la formazione del gruppo dei kharigiti, che sostenevano il principio radicale secondo il quale qualsiasi fedele può ricoprire la carica di califfo. Furono i sunniti ad avere la meglio, ed essi fondarono un califfato ereditario spostando la capitale da Medina a Damasco nel 661. Durante l'epoca omayyade si continuarono le conquiste: in Oriente si arrivò fino all'Indo Kush ed al lago di Aral con la conquista di Kabul e Samarcanda; in Occidente venne conquistata tutta l'Africa del Nord (il Maghreb, dal 647 al 663) fino alla Penisola iberica. Entro il 705, il "lontano Occidente" del Marocco era in mano agli arabi e si iniziava il lento e faticoso processo di islamizzazione delle popolazioni berbere. Nel 711 i musulmani misero piede in Spagna, sconfiggendo velocemente i Visigoti e arrivando entro il 720 alla Catalogna ed alla Settimania (Gallia meridionale). Anche in questo caso la repentinità della conquista viene spiegata con la complicità della popolazione, in particolare degli ebrei, degli ariani (i re visigoti si erano da tempo convertiti al cristianesimo "romano") e delle fazioni nemiche alla casa regnante. Al 717, sul fronte orientale, i musulmani avevano posto l'assedio a Costantinopoli, ma la distruzione della flotta araba grazie al "fuoco greco" impedì temporaneamente l'espansione verso la Penisola balcanica. L'importante vittoria di Leone III di Bisanzio venne ridimensionata in Occidente nella storiografia successiva, perché l'imperatore era un eretico iconoclasta: il mito di aver fermato gli arabi venne tributato invece a un fatto secondario, la battaglia di Poitiers che ebbe come protagonista Carlo Martello, personaggio del nascente astro della dinastia carolingia.
Tra il 718 e il 730 i musulmani conquistarono e razziarono la tutta la Provenza e il bacino del Rodano. Nella penisola iberica frattanto però resistettero focolai di resistenza cristiana, dai quali il goto Pelagio organizzò nel 720 il principato delle Asturie, che circa venti anni dopo si trasformò in regno con capitale a Oviedo (fondata nel 760). Secondo una tradizione molto radicata i musulmani vennero fermati con la battaglia di Poitiers del 732 (o 733) dal merovingio Carlo Martello. In realtà tale avvenimento ebbe un mito che probabilmente oltrepassò la sua reale importanza storica, grazie alla propaganda della dinastia carolingia, che si sarebbe affermata da lì a poco. Le razzie infatti non terminarono negli anni successivi e si assistette piuttosto a un graduale esaurirsi della spinta araba che forse era la naturale conclusione del processo di espansione. Nel 734 infatti veniva presa Avignone e contemporaneamente veniva saccheggiata Arles. Nel 737 gli Arabi arrivarono a saccheggiare la Borgogna, dove prelevarono un'enorme quantità di schiavi da portare in Spagna. Carlo Martello era impegnato nelle continue campagne nel sud della Francia, ma i continui doppi giochi di alleanze trasversali e di tradimenti rende impossibile una netta divisione tra i due schieramenti, tanto che ad alcuni franchi i raid musulmani fecero anche comodo, all'interno di una lotta per il potere molto complessa. Nel 751, sul fronte orientale, la battaglia di Talas segnò la spartizione dell'area altaica tra musulmani e Impero cinese della dinastia Tang. l'espansione islamica si andava esaurendo per la fine della spinta e per la stanchezza verso il continuo stato di guerra. Inoltre nei nuovi territori frutto di incursioni (come la Francia) non c'erano le condizioni di insoddisfazione delle popolazioni o di scontri interni che avevano permesso la rapida conquista di Africa e Spagna. L'elemento arabo-berbero (ma non dimentichiamo anche la presenza persiana) portò all'Occidente cristiano nuove conoscenze tecnologico-scientifiche, specie nell'agricoltura, con l'introduzione di non poche piante del tutto sconosciute (canna da zucchero, carciofo, riso, spinaci, banane, zibibbo, cedri, limone, arancia dolce o cotone, come pure spezie di vario tipo, quali la cannella, i chiodi di garofano, la noce moscata - ossia di Masqat - il cardamomo, lo zenzero e lo zafferano) e anche reintroducendo colture abbandonate dalla fine del cosiddetto periodo classico "antico" (innanzi tutto l'ulivo e l'albicocco). Furono introdotte le tecniche costruttive dei mulini ad acqua e a vento, la carta (di provenienza cinese), e tecniche bancarie quali l'assegno e la lettera di cambio, senza dimenticare il formidabile apporto nella scienza della matematica, quali l'algebra o la trigonometria, il sistema decimale (elaborato in ambito indiano) o il concetto di zero. I musulmani svilupparono grandemente la medicina, l'alchimia (genitrice della moderna chimica) e l'astrologia, con gli annessi studi astronomici (da ricordare l'introduzione dell'astrolabio). Anche nella filosofia il loro apporto contributivo per l'Europa continentale fu di capitale importanza grazie sia alle traduzioni da essi approntate o da essi commissionate, sia all'interpretazione o reinterpretazione dei grandi filosofi dell'antichità. Vennero nuovamente divulgati o riscoperti non pochi testi di filosofia e di pensiero scientifico prodotti sia in età classica che in età ellenistica. Grazie a tali traduzioni l'Europa occidentale e centrale (che aveva quasi del tutto cancellato il ricordo del retaggio culturale espresso nell'antichità classica in lingua greca) tornò in possesso di opere da tempo trascurate e a rischio di totale oblio. I musulmani sotto dominazione abbaside, fatimide e andalusi crearono biblioteche e strutture d'insegnamento pubbliche che - come nel caso di Cordova - costituirono di fatto le prime università del Vecchio Continente, alimentate dal sapere della cultura persiana antica, da quella indiana e da quella greca ed ebraica. In Occidente la fama di medici quali Avicenna e Razī divenne duratura, tanto che i loro lavori divennero libri di testo fino al XVIII secolo, mentre di notorietà non minore fruirono gli studi di filosofi quali Averroè (che di Aristotele "il gran Comento feo", diceva Dante Alighieri) e Geber, considerato per secoli anche in ambito cristiano il più grande alchimista. Da al-Mansūr ad al-Mutawakkil il califfato conobbe la sue epoca d'oro, con un impero vastissimo che toccava da una parte l'Atlantico e dall'altra penetrava nel sub-continente indiano. L'eccessiva ampiezza fece lentamente esaurire le spinte verso l'esterno, che conobbero un arresto nel terzo decennio dell'VIII secolo. Gli Omayyadi avevano trasformato le conquiste in un impero ereditario, con un'amministrazione fiscale sempre più preoccupata a drenare risorse per forze armate pletoriche e relativamente efficienti e disciplinate. Grande preoccupazioni causavano gli sciiti e i kharigiti, quando nacque un forte contrasto tra la dinastia al potere e la famiglia degli abbasidi, che sconfissero l'ultimo califfo omayyade in una grande battaglia nel 750. Nel 762 il nuovo califfo al-Mansur inaugurava una nuova epoca con una capitale appositamente fondata, Baghdad sul Tigri. La scelta spostava notevolmente il baricentro dell'impero verso est ed era un'aperta rivalsa contro la corte degli omayyadi, troppo ispirata a Bisanzio. Un membro della casa omayyade però riuscì a fuggire nella Penisola iberica e a fondare il nuovo emirato di al-Andalus, con capitale Cordova, che riuscì a imporre la propria egemonia su buona parte della Penisola, tanto che nel 929 ‘Abd al-Rahman III assunse il titolo di califfo. L'enorme dilatazione del califfato e la sempre minor efficienza dell'amministrazione favorirono rivendicazionismi nazionali e, dopo l'autonomia di governo riconosciuta dagli Abbasidi ad Aghlabidi e Tahiridi, si ebbero le prime esperienze indipendentistiche, prima delle quali fu quella dei Tulunidi in Egitto e Siria. Si formarono così, con l'andare del tempo, emirati e sultanati indipendenti, non di rado in lotta fra loro. Tutto ciò moltiplicò le corti dando nuovo respiro all'economia (in grado ora d'investire sul posto e di non essere costretta ad arricchire il solo centro dell'impero), oltre che alla scienza e alle attività culturali in genere grazie a una vivace committenza da parte dei vari sovrani. Si ebbe l'autonomia della Tunisia sotto gli Aghlabidi di Qayrawan (inizio del IX secolo), e quella dell'Egitto, con le dinastie dei Tulunidi (868-905), Ikhshididi (935-969) e Fatimidi. Questi ultimi, dichiaratisi discendenti della figlia di Maometto, Fātima, conquistarono l'Egitto nel 969 muovendosi dall'Algeria, fondando una nuova capitale chiamata Il Cairo e proclamando un califfato sciita che sarebbe durato fino al 1171. Gli Ziridi poi, già sottomessi ai Fatimidi, si impose nell'area dell'attuale Tunisia, Tripolitania e algerina orientale dal 972 al 1167. Sebbene poi gli altri musulmani rispettassero la formale sudditanza alla dinastia sunnita di Baghdad, ormai il processo di frammentazione era inarrestabile e vide il fiorire di alcune dinastie locali che spesso diedero vita a splendide culture: la dinastia degli Hamdanidi tra Aleppo e Mossul (890-1003), la dinastia dei Tahiridi e Samanidi in un immenso territorio in Asia centrale con capitale a Bukhara (819-999), o i Buwayhidi in Iran (932-1055), che arrivò a governare Baghdad e il territorio tra Siria meridionale, Giordania e Iraq. Alla fine del IX secolo vennero alla luce anche delle eresie, quali quella degli estremisti sciiti-ismailiti, detti Carmati, nel Bahrein, che rese necessario il taglio delle rotte commerciali nel Golfo Persico dirottate nel Mar Rosso e nel Corno d'Africa.

Fonte: Wikipedia

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